La Stampa 20.5.18
In piena Guerra Fredda Stalin chiese a Pio XII un’ambasciata in Vaticano
Josip Stalin, il dittatore comunista che perseguitava i cristiani, Pio XII, il Papa anticomunista.
di Andrea Tornielli
Nel
febbraio 1952, in piena Guerra fredda, il leader sovietico avrebbe
tentato un riavvicinamento tra la Santa Sede e l’Unione Sovietica. Una
trattativa ufficiosa e ancora embrionale, che si sarebbe protratta fino
all’inizio del marzo 1953, quando il leader sovietico morì, con il
conseguente naufragio del progetto. Colloqui informali avvenuti in gran
segreto, nella residenza di Falcone Lucifero, ministro della Real Casa,
con l’interessamento del re esiliato Umberto II. È quanto emerge da un
verbale di 40 cartelle, fino ad oggi inedito, dove sono messi nero su
bianco i resoconti dei colloqui che attestano l’offerta di Stalin. Per
l’Unione Sovietica i contatti erano condotti dallo storico comunista
Ambrogio Donini, studioso delle religioni, ambasciatore italiano in
Polonia nel 1947, senatore della Repubblica eletto nelle liste del Pci
dal 1953 al 1963. Per il Vaticano c’era il gesuita padre Giacomo
Martegani, direttore della Civiltà Cattolica, che incontrava Papa
Pacelli due volte al mese per ragioni d’ufficio.
Il documento sarà
presentato dal professor Matteo Luigi Napolitano, docente di Storia
delle relazioni internazionali all’Università del Molise, al convegno
sulle relazioni tra Russia e Santa Sede, promosso dal Pontificio
Comitato di Scienze storiche, che si svolgerà in Vaticano il 22 e 23
maggio. La Stampa ha letto in anteprima il verbale, che lo stesso
Donini, trent’anni dopo quegli eventi, volle consegnare al cardinale
Agostino Casaroli, Segretario di Stato di Giovanni Paolo II e pioniere
dell’Ostpolitik.
Dal verbale emerge che Umberto II era al corrente
della trattativa. Informato di tutto era anche l’arcivescovo di Genova
Giuseppe Siri, uno dei cardinali più vicini a Pio XII.
Un
importante colloquio fra Donini e Martegani si svolse il 13 febbraio
1952 in casa di Falcone Lucifero. A un certo punto della discussione il
professore affrontò il tema decisivo: una proposta concreta, che il
professore avanza lasciando intendere di essere autorizzato in alto loco
a Mosca. «La Santa Sede ha già accettato e accetterebbe oggi di nuovo
un rappresentante accreditato dagli Stati Uniti d’America. Perché non ha
mai espresso una posizione analoga nei confronti dell’Urss?». La
proposta era di quelle da far tremare i polsi. Padre Martegani replicò
pesando attentamente le parole: «Il fatto sarebbe molto importante ma
non si può mettere il carro davanti ai buoi. Questo potrebbe caso mai
essere il punto di arrivo di una lunga chiarificazione, non il punto di
partenza. Si nominano i rappresentanti diplomatici quando si tratta e
quando il colloquio diviene abituale; non quando i rapporti sono
infranti».
Dopo che lo storico comunista ebbe lasciato
l’abitazione, il gesuita fece il punto della situazione con uno dei
testimoni, il conte Paolo Sella di Monteluce, presidente dell’omonima
fondazione di studi economici e sociali con sede in Vallemosso, adesso
provincia di Biella. Insieme misero nero su bianco il colloquio,
sottolineando che «Il prof. Ambrogio Donini ha fatto chiaro accenno alla
possibilità di una mediazione della Chiesa sia sul piano economico sia
sul piano ideologico e politico», per agevolare il disgelo
internazionale. «Donini ha egualmente accennato alla eventuale apertura
di una rappresentanza diplomatica ufficiale dell’Urss presso la Santa
Sede... In quella occasione» Donini offri a Martegani «la formale
proposta da parte del Capo del Governo sovietico, Stalin, per la
apertura di una Ambasciata Sovietica presso al Santa Sede in Roma». Nel
testo anche che l’«offerta non fu respinta dal rappresentante del Sommo
Pontefice» ma «dichiarata accettabile subordinatamente alla prova di un
concreto atteggiamento» di disponibilità del governo sovietico.
«È
un documento importante - spiega lo storico Napolitano che l’ha
scoperto e studiato - perché dimostra una linea di dialogo avviata da
Mosca che risale a ben prima dell’Ostpolitik».
Non se ne fece
nulla. Stalin si spense il 5 marzo 1953 e il progetto morì con lui.
Aveva chiesto polemicamente il dittatore sovietico: «Quante divisioni ha
il Papa?». Nell’apprendere la notizia della sua morte, Pio XII
commentò: «Ora potrà vedere quante divisioni noi abbiamo lassù!».