martedì 1 maggio 2018

La Stampa 1.5.18
Scoppia la rivolta contro Renzi
Il Pd ora rischia l’implosione
Martina: così è impossibile guidare. Franceschini: Matteo signornò
di Alessandro Di Matteo


Adesso la tentazione è quella di andare alla conta, provare sfidare Matteo Renzi già in direzione, nonostante l’ex segretario sia convinto di avere ancora la maggioranza. L’intervista a «Che tempo che fa» ha spiazzato tutti, le telefonate tra i i vari dirigenti Pd e il reggente Maurizio Martina sono cominciate subito dopo la fine dell’apparizione tv, domenica sera, e la valutazione era unanime: «Così non si può andare avanti, bisogna dire basta e tu, Maurizio, devi essere il primo». Si vedrà giovedì, in direzione, se davvero si arriverà a votare ma al momento da Dario Franceschini ad Andrea Orlando sono tutti convinti che si debba dare uno stop a Renzi, costi quel che costi, anche una eventuale separazione.
L’oggetto del contendere, come è evidente, non è più se dialogare o no con M5S o con chiunque altro, in ballo c’è il controllo del Pd. Come spiega un dirigente vicino a Franceschini: «Dobbiamo chiarire due punti: primo, chi è che rappresenta il Pd in questa fase, non si può andare al Quirinale e poi essere sconfessati. Secondo, bisogna al più presto uscire da questa ambiguità, con Renzi segretario-ombra: serve un segretario pienamente legittimato».
Martina viene descritto da chi ci ha parlato come particolarmente amareggiato per la sortita di Renzi, che «era costantemente coinvolto in tutti i passaggi - sottolinea un dirigente Pd - anche quando, dopo il colloquio con Fico, si è deciso di dire che c’erano stati passi avanti». Nessuno o quasi credeva davvero che si potesse arrivare ad un accordo con M5S, ma la trattativa serviva per fare sponda al difficile lavoro di Sergio Mattarella e, anche, per traghettare davvero il Pd verso il «dopo Renzi».
«È impossibile guidare il partito in queste condizioni - ha attaccato Martina a metà giornata - ciò che è accaduto in queste ore è molto grave, per il merito e per il metodo». Era l’affondo che aspettavano Orlando, Franceschini e gli altri. Di lì a poco è partita una raffica di dichiarazioni a sostegno del segretario reggente e contro Renzi. Per Franceschini è «il momento di fare chiarezza», per Orlando «ha ragione Martina, non si può tenere un partito in queste condizioni», mentre per Michele Emiliano «Renzi non rispetta regole e iscritti». Toni simili anche da Fassino, Zingaretti e Bettini, che dà per scontata la separazione perché «Renzi vuole fare Macron».
La voglia, appunto, è di andare a contarsi. «Nel Pd - rileva un deputato che all’ultimo congresso era nella maggioranza renziana - ormai Renzi è isolato. Può darsi che controlli ancora la direzione, ma da Prodi e Veltroni, fino a Franceschini, Sala e persino Gentiloni, tutti sono su un’altra linea». Durante i colloqui di queste settimane, racconta un parlamentare vicino a Martina, anche diversi renziani di spicco come Delrio, Guerini e, appunto, lo stesso Gentiloni avrebbero dato l’ok alla linea del dialogo. Il tentativo è di vedere se queste posizioni, per ora sussurrate, verranno allo scoperto in direzione. Martina, nei colloqui con Franceschini e Orlando, avrebbe messo a punto una linea che prevede una dura relazione: una rivendicazione del lavoro svolto in queste settimane e la richiesta di una sorta di voto di fiducia del parlamentino Pd.
Una mossa che per qualcuno è azzardata, ma anche secondo Fassino «è indispensabile che si esca con un chiarimento che consenta a Martina di guidare il partito con autorevolezza in una fase così cruciale per il Paese». Perché come tutti ripetono: «Così non si può andare avanti»·