internazionale 11.5.18
Regno Unito
La rivoluzione di Momentum
Di Peter Nonnenmacher, Republik, Svizzera
Da
quando Jeremy Corbyn è diventato leader del Partito laburista gli
iscritti sono triplicati. Il merito è anche di un’organizzazione che ha
saputo coinvolgere i militanti di sinistra con nuove forme di
partecipazione
Nessuno sa ancora quando si
terranno le prossime elezioni legislative nel Regno Unito. Con il caos
della Brexit tutto è possibile, anche che alla fine si vada alle
elezioni anticipate, come nel 2017. Comunque sia, migliaia di attivisti
del partito laburista britannico si danno da fare per essere pronti a
dare battaglia da un momento all’altro. Non solo: in d’ora vogliono
mettere alle strette i singoli parlamentari conservatori, con iniziative
pubbliche al grido di unseat (mandateli a casa). Nei collegi elettorali
in mano ai conservatori, come quello dell’ex ministra dell’interno
Amber Rudd a Hastings, nel Sussex, è già in corso una vivace campagna in
vista del voto. Alle elezioni per la camera dei comuni non ci sono
liste plurinominali, perciò ogni seggio va difeso singolarmente. E chi
ha una maggioranza risicata come Rudd rischia seriamente di perderla
appena cambia il vento a livello locale. Anche altri esponenti dei tory,
come il ministro degli esteri Boris Johnson, temono di finire vittime
di un’offensiva della sinistra alle prossime elezioni. Quel che
sorprende di più, però, è il nervosismo manifestato da molti
parlamentari laburisti. Infatti gli attivisti del loro partito non hanno
dichiarato guerra solo ai conservatori al governo: vogliono anche
mettere in riga i propri rappresentanti. E vogliono un partito che segua
“la volontà della base”, che sostenga il segretario Jeremy Corbyn,
fautore della sinistra socialista, che punti a una “trasformazione
radicale della società”. Rattoppare il sistema con qualche riforma, come
in passato, non basta più. Tra i laburisti chi la pensa diversamente
parla terrorizzato di una “guardia pretoriana” che vorrebbe eliminare
ogni dissenso. Secondo il vice di Corbyn, Tom Watson, questi pretoriani
“somigliano un po’ a una folla inferocita”. È nato “un partito nel
partito” che vuol conquistare i posti di comando, si lamenta il deputato
Owen Smith. La stampa di destra del paese taglia corto parlando di
“fanatici”, di “setta” e addirittura di un “mostro” nato a sinistra. E
il “mostro” si chiama Momentum. La parola inglese momentum si potrebbe
tradurre con “impulso” o “slancio”. La democrazia di base aveva bisogno
di un’organizzazione come Momentum, che esprimesse “un nuovo modo di
fare politica”, dicono quelli che ne fanno parte. Chi si sente
scavalcato dalla “nuova politica”, invece, parla di un apparato che con
metodi meschini cerca di fare piazza pulita dei laburisti moderati. Come
se la sinistra radicale si vendicasse in ritardo dell’epoca di Tony
Blair. L’ex vicesegretario dei laburisti, Roy Hattersley, ha lanciato
l’allarme: a causa di Momentum, il partito sarebbe sull’orlo della
“peggiore crisi della sua storia”. Tutta questa attenzione non stupisce:
in poco tempo Momentum ha fatto molta strada. Dal gennaio del 2018 ha
una netta maggioranza nel National executive committee (Nec), la
direzione del Partito laburista. Quindi può cambiare le regole del
gioco, prendere le decisioni più importanti sul personale politico,
inluenzare la scelta dei candidati. Il gruppo parlamentare laburista
alla camera dei comuni, che una volta era determinante, si sente
completamente esautorato. I suoi esponenti temono che, se non
dimostreranno di essere fedeli al segretario, prima delle prossime
elezioni legislative saranno tolti di mezzo da un voto interno. Secondo
il guardian alcuni parlamentari e candidati avrebbero già irmato le
dichiarazioni di fedeltà stilate da Momentum. In ila per il comizio Ma
cos’è questo gruppo capace di provocare tanto scompiglio? Non ha neanche
tre anni, ma nel corso della sua breve esistenza ha costruito un
“nocciolo duro” di più di quarantamila sostenitori, 170 sezioni e
un’ampia rete di simpatizzanti pronti a mobilitarsi. Momentum è stata
fondata nell’ottobre del 2015, poche settimane dopo la prima elezione di
Jeremy Corbyn alla segreteria del partito. Inizialmente neanche Corbyn,
un “manifestante permanente” praticamente ignorato per decenni, un
outsider dell’ala sinistra del partito, sperava in una vittoria del
genere. Ma l’estate del 2015, segnata dalla rabbia contro
l’establishment di cui tutti gli altri candidati erano accusati di far
parte, ha giocato a suo favore. Per entrare nelle sale che ospitavano
gli eventi della sua campagna elettorale la gente faceva la ila.
Arrivavano in tanti per sentire dibattiti pubblici all’antica invece
delle solite brevi dichiarazioni televisive. E le simpatie dei più
giovani andavano a Corbyn, esponente della vecchia sinistra,
appartenente a un’altra epoca, un ultrasessantenne per niente telegenico
in giacca e sandali. grazie a un nuovo regolamento interno, che
permette agli iscritti che versano un piccolo contributo di diventare
“sostenitori ufficiali” e di partecipare alla scelta del segretario,
alle elezioni per la leadership laburista dell’agosto 2015 c’è stata
un’aluenza di massa. E la massa ha votato per Corbyn. Un’ondata di
protesta nata spontaneamente ha portato al vertice del partito il
candidato più improbabile. Eppure i fan di Corbyn sapevano bene che il
loro beniamino non era molto amato dal gruppo parlamentare,
dall’opinione pubblica e dai giornalisti. Sapevano anche che avrebbe
dovuto faticare per restare in carica. E temevano che l’entusiasmo
estivo si esaurisse rapidamente. Tuttavia la campagna di Corbyn era
riuscita a spingere verso l’azione politica e la partecipazione diretta
molte persone che, fino ad allora, non avevano mai fatto parte di
nessuna organizzazione. È stato così che Jon Lansman, veterano della
sinistra laburista e responsabile del sito Left futures che sostiene
Corbyn, ha fondato Momentum, un’organizzazione di militanti nata per
mantenere in vita lo slancio di quell’insolita estate. L’intenzione era
quella di rafforzare Corbyn e la sinistra laburista. La sinistra
socialista diceva di voler “accrescere il proprio peso nel partito”, che
secondo loro sarebbe dovuto diventare molto più democratico. Allo
stesso tempo Momentum voleva che quelle decine di migliaia di nuovi
iscritti tenessero duro, senza farsi spaventare dalla burocrazia delle
sezioni e dalla monotonia del quotidiano. Perciò bisognava coinvolgerli
in azioni, manifestazioni e iniziative.
Momentum voleva una
condizione di attivismo permanente. In effetti, durante quella strana
estate del 2015, tra la sconfitta del Partito laburista alle elezioni
legislative di maggio e la nascita di Momentum a ottobre, il numero
degli iscritti al partito è raddoppiato, passando da 185mila a 370mila.
Corbyn ha accolto con gratitudine l’appoggio di Momentum: “Dobbiamo
mantenere lo slancio di questi ultimi quattro mesi”. Lansman e Momentum
volevano “stabilire collegamenti sia all’esterno sia all’interno del
Partito laburista”, mantenendo un forte legame con quest’ultimo, ma
senza essere sotto il suo controllo. Affermazioni di questo tipo hanno
suscitato forti preoccupazioni nel gruppo parlamentare alla camera dei
comuni e nella base tradizionale. Ci si chiedeva che bisogno c’era di
fondare un “movimento sociale” se c’era già un partito. L’ex ministra
agli affari europei Caroline flint, per esempio, già poco dopo la
fondazione di Momentum temeva un tentativo di infiltrazione nel partito
da parte di “organizzazioni dell’estrema sinistra”: “Negli anni ottanta
formazioni della sinistra radicale come Militant facevano esattamente
questo. Operavano come cellule separate all’interno del Partito
laburista, senza essergli davvero fedeli”. Militant, o la Militant
tendency, è stata una formazione trotzkista dell’era di Margaret
Thatcher, che puntava a inserirsi in un Partito laburista indebolito. In
città come Liverpool riuscì a conquistare un certo peso. Ma quella
piccola organizzazione, guidata da una rigida ideologia, non riuscì mai
ad assicurarsi nella base un sostegno ampio come quello di cui gode oggi
Momentum. I tempi cambiano Il nuovo movimento non è guidato dalla
disciplina di piccoli gruppi di militanti rivoluzionari, ma da un
entusiasmo diffuso, da un desiderio talvolta vago e confuso di
cambiamento. Eppure i professionisti della politica come Lansman, il
leader di Momentum, che ormai siede anche nel Nec, sanno bene come
tradurre questo desiderio in un’influenza concreta. Quello che serve,
secondo Lansman, è “una guida socialista del Partito laburista, che
operi in coordinamento con gli attivisti della base”. Per troppo tempo
la politica è stata “autoreferenziale ed eccessivamente sbilanciata
verso Westminster”. In realtà il successo di Momentum è anche frutto dei
tempi. Un ruolo importante l’ha avuto la disillusione nei confronti di
Tony Blair, gordon Brown e del resto della dirigenza del partito,
screditata dalla guerra in Iraq. Corbyn, invece, ha guidato per anni la
coalizione Stop the war contro la cosiddetta guerra al terrorismo. Anche
la campagna per il disarmo nucleare, che Corbyn ha sempre sostenuto,
unisce spontaneamente la vecchia sinistra e i giovani militanti. Molti a
sinistra hanno attribuito la crisi finanziaria del 2008 alla politica
neoliberista del New Labour. E dal 2010 hanno accusato l’opposizione
laburista guidata da Ed Miliband di non essersi opposta con sufficiente
impegno alle politiche di austerità dei conservatori.
Contemporaneamente, una nuova generazione di dirigenti sindacali
orientati a sinistra, più aperta a idee radicali, ha fatto il suo
ingresso sulla scena. Mentre i dirigenti del Labour continuavano a
sostenere la privatizzazione del settore pubblico insieme ai tory,
sempre più elettori laburisti rivolevano la “loro” posta e le “loro”
ferrovie, e soprattutto volevano fermare la “privatizzazione
strisciante” del sistema sanitario nazionale. Molti sono stati ispirati
da movimenti sorti altrove, come Syriza in grecia e Podemos in Spagna.
Il successo di Momentum quindi non è nato nel vuoto. Anche grazie
all’ottimismo e alla spinta verso il cambiamento di questi movimenti,
quando David Cameron ha indetto il referendum sull’uscita dall’Unione
europea, poco dopo la fondazione di Momentum, l’organizzazione, forte
soprattutto a Londra e tra i igli frustrati della borghesia, si è
schierata a favore della permanenza nell’Unione. Nel maggio del 2016 due
terzi dei suoi iscritti hanno votato a favore di una più convinta
campagna referendaria contro la Brexit, che Momentum doveva condurre
senza badare all’atteggiamento tiepido di Jeremy Corbyn sul tema. Tutti
sapevano che Corbyn era ancora attaccato al sogno di un Regno Unito
socialista e “libero” dall’influenza europea: un sogno che il Labour
aveva già coltivato all’inizio degli anni ottanta, quando Tony Benn era
ancora il modello e il maestro comune di Corbyn e Jon Lansman. Nuovi
strumenti Nel frattempo i giovani militanti del Labour cercavano di
mettere in pratica il “nuovo modo di fare di politica” anche per quanto
riguarda le forme. E così, durante il congresso del partito laburista
nell’autunno 2016 e 2017, hanno organizzato dei festival intitolati The
world transformed (il mondo trasformato), con stand per dibattiti,
gruppi di bricolage socialista, serate di quiz al pub e sfilate di moda
colorate e politiche. L’obiettivo era distinguersi dalla solita “sfilata
delle cravatte” in sala conferenze. Venivano offerti anche “workshop
digitali”, per imparare a usare i social network e a produrre video
politici. È stata sviluppata una M.app per comunicare appuntamenti e
informazioni in modo più eiciente. Dal punto di vista della tecnologia,
Momentum aveva sbaragliato i suoi concorrenti politici già alle elezioni
della camera dei comuni del giugno 2017, indette a sorpresa da Theresa
May, che si sono rivelate un vero colpo di fortuna per l’organizzazione
di base del Partito laburista. grazie a un sito creato in fretta e
furia, My nearest marginal, che segnalava i collegi elettorali in bilico
e tutte le attività locali della campagna elettorale, la sinistra
britannica si è ritrovata con uno strumento che non aveva mai avuto.
Naturalmente le nuove forme di comunicazione hanno avuto un efetto così
dirompente solo grazie alla presenza di un largo bacino di sostenitori
pronti a usarle. Secondo Emma Rees, l’orgogliosa responsabile della
campagna elettorale di Momentum, nel 2017 più di centomila persone si
sono coordinate attraverso il sito. Inoltre la pagina facebook
dell’organizzazione ha raggiunto milioni di cittadini. Rispecchiando in
pieno lo stile della campagna elettorale di Bernie Sanders alle primarie
del Partito democratico statunitense del 2016, gli attivisti di
Momentum hanno ricevuto gli strumenti necessari e sono stati
“strategicamente” indirizzati dove c’era più bisogno di loro. Secondo
Rees “quasi diecimila attivisti si sono impegnati a prendersi una
giornata libera dal lavoro nel giorno delle elezioni (che nel Regno
Unito si svolgono di giovedì). Hanno bussato a più di 1,2 milioni di
porte per assicurarsi che gli elettori del Partito laburista andassero
davvero ai seggi”. La campagna porta a porta non è certo una novità nel
Regno Unito. Qui tutti i partiti bussano alle case, cercando il contatto
diretto con gli elettori. Ma stavolta grazie a Momentum il Partito
laburista ha goduto di un considerevole vantaggio. Come osserva
soddisfatto Adam Klug, cofondatore di Momentum, il Labour si è distinto
nettamente dal Partito conservatore, esanime, privo di energie
intellettuali e con un’emorragia di iscritti: “È quello che succede ai
partiti in cui i militanti non contano nulla” (alle elezioni dell’8
giugno 2017 il Labour ha preso il 40 per cento dei voti, quasi il 10 per
cento in più rispetto al voto del 2015, ma è stato sconitto dai
conservatori, che hanno raccolto il 42,4 per cento dei consensi). Il
ministro dell’ambiente Michael gove, un falco conservatore, si è
complimentato a denti stretti con i suoi avversari di sinistra: “Il
Partito conservatore può imparare molto da Momentum”. Nel frattempo il
numero degli iscritti dei Tory sembra essere sceso a 70mila. Momentum
spera di superarli entro il 2020. Il Partito laburista invece è
cresciuto ino a 570mila iscritti. E grazie al risultato del giugno 2017 è
diventato uno dei maggiori partiti europei, in controtendenza rispetto
al crollo generale delle formazioni socialdemocratiche in tutta Europa.
Tutto questo ovviamente ha contribuito a raforzare la posizione di
Corbyn all’interno del Labour. I membri di Momentum da qualche tempo
sono tenuti a essere iscritti anche al Partito laburista, per smentire
l’accusa di essere degli iniltrati. Ma nel partito c’è ancora molta
diidenza. gli avversari di Momentum sostengono che l’organizzazione sta
ancora cercando di prendere il controllo di tutti gli organi del partito
e delle liste elettorali. Lansman, osservano, ha chiesto che in futuro
per impedire la ricandidatura automatica di un deputato della camera dei
comuni non serva più una maggioranza assoluta ma sia suiciente il voto
di un terzo degli iscritti di una sezione. Le prime crepe Ma negli
ultimi tempi sono emerse contraddizioni sempre più evidenti. Anche i
sindacati che all’inizio sostenevano Momentum sono stati irritati dalla
“volontà di conquista” dell’organizzazione. In alcuni casi Momentum ha
addirittura ignorato le indicazioni di Corbyn. Recentemente una feroce
polemica sull’antisemitismo nel partito ha creato altri problemi. Negli
ultimi anni Corbyn e alcuni esponenti di Momentum sono stati molto cauti
nell’imporre misure contro l’antisemitismo, mentre il direttivo
dell’organizzazione e lo stesso Lansman (che è ebreo) ora pretendono un
giro di vite. A Pasqua la direzione di Momentum ha dichiarato in maniera
molto franca che evidentemente inora l’intensità delle pulsioni
antisemite nel Partito laburista era stata gravemente sottovalutata.
Accuse simili “non possono essere ridotte a semplici calunnie
provenienti da destra”, recitava il comunicato. Piuttosto, “bisognerebbe
allontanare le persone da queste teorie del complotto per condurle a
una comprensione sistematica del funzionamento della società e del
capitalismo”. In fondo, è questo il compito che Momentum si era data in
dall’inizio.