Il Sole 3.5.18
Una miniera d’oro L’Egizio di Torino a tre anni dal rilancio
Ha raddoppiato i visitatori con ricadute sul turismo
Per il museo ritorno economico di 190 milioni
di Filomena Greco
Torino
I numeri sono da media impresa italiana. In realtà si tratta di un
Museo, anche se tra i più importanti al mondo per il patrimonio
archeologico che custodisce. A tre anni dal rilancio, grazie al progetto
di restauro frutto dell’impegno di Compagnia di San Paolo, Fondazione
Crt, ministero e istituzioni locali, l’Egizio di Torino misura l’impatto
economico sull’area metropolitana e lo fa affidando uno studio
all’Agenzia Quorum e al Centro Studi Silvia Santagata di Torino.
Cosa
emerge? Beh, che in un anno di attività – con oltre 850mila visitatori e
due mostre temporanee in calendario – l’Egizio produce ricadute sul
territorio per quasi 190 milioni di euro. Un dato complessivo a cui si
arriva sommando le spese dirette – in media circa 80 euro a testa per i
visitatori – in capo ai visitatori (non residenti), le risorse impiegate
direttamente dalla Fondazione che il Museo gestisce, sotto forma di
acquisti da fornitori locali e stipendi, e valutando l’impatto, diretto,
indiretto e sotto forma di indotto, delle attività generate dal Museo
stesso. Una istituzione culturale, racconta il presidente Evelina
Christillin, «che ha l’obiettivo di essere inclusiva a 360 gradi, essere
presente e vivere nella città, oltre a volersi rivolgere a tutti,
indipendentemente da religione o status sociale». Viene spontaneo
pensare alle immagini di qualche mese fa quando il direttore Christian
Greco, arrivato a Torino nel 2014 dopo una carriera di ricerca e
insegnamento all’estero, scese in strada per difendere dagli attacchi di
Fratelli d’Italia la promozione messa in campo dall’Egizio per i
cittadini arabi.
«L’esigenza di valutare l’impatto del Museo sul
pubblico e sul territorio – spiega il direttore Greco – nasce
dall’esperienza fatta da numerose istituzioni culturali all’estero. A
tre anni dal rilancio del Museo, che nel frattempo ha raddoppiato il
numero di visitatori, abbiamo sentito il bisogno di focalizzare punti di
forza e debolezza, oltre che valutare quale impatto economico il Museo
si porti dietro». In campo, una base statistica costituita da oltre
3mila questionari, visitatori suddivisi in tre gruppi – tra loro quello
«prezioso» dei viaggiatori più critici – e un livello medio di
soddisfazione post visita che si attesta a quota 8,8. Oltre la metà dei
visitatori è donna, quasi la maggioranza è laureato, sei su 10 arrivano
da fuori regione e il 15% dall’estero, un dato che mette in evidenza il
potenziale di crescita ulteriore della città e dell’Egizio in termini di
visitatori.
Sullo sfondo, comericorda Christillin nella veste di
presidente dell’Enit, l’Agenzia nazionale del Turismo, il buon momento
del turismo in Italia. «La crescita – spiega – raggiunge il 13%, con
arte e musei a fare da driver anche se sta crescendo il peso
dell’enogastronomia, con un’incidenza del turismo sul Pil che supera il
12%, a quota 13% se si considera l’impatto sull’occupazione globale,
comunque indicatori tra i più alti d’Europa». Il quadro che emerge
racconta di come il giro d’affari in capo all’Egizio rappresenti,
secondo le stime del team di ricercatori, tra un quinto e un quarto
delle ricadute del turismo culturale. Inoltre, per quasi un viaggiatore
su due la decisione di visitare Torino è collegata alla presenza
dell’Egizio. «Una responsabilità non da poco – commenta il direttore,
che aggiunge – che ci spinge a migliorare la nostra offerta a partire
dalle zone d’ombra emerse dallo studio per arrivare ad una sempre
maggiore fruibilità». Con un’accortezza però, che Greco puntualizza
parlando del tema della multisensorialità nei percorsi museali: «credo
serva un argine scientifico, siamo uno dei musei archeologici più
importanti del paese e abbiamo il compito di mettere al centro
conoscenza e ricerca. La spettacolarizzazione eccessiva noi non ce la
possiamo permettere».
«Abbiamo stimato in 2,11 – spiega Enrico
Eraldo Bertacchini, dell’Università di Torino e del Centro Studi
Santagata che ha curato la parte più economica dello studio – il
moltiplicatore in grado di misurare quanto ogni euro attratto e speso
sul territorio direttamente dal Museo possa generare come effetti
economici diretti e indiretti sull’area metropolitana». Si tratta di
ricadute su alberghi, ristoranti e turismo in generale, ma il dato,
aggiunge Bertacchini, comprende anche «servizi a valore aggiunto come
editoria e ricerca». Un rapporto molto positivo tra ricadute generali e
spese dirette del Museo , come emerge dalla comparazione con altre
realtà internazionali.