martedì 8 maggio 2018

il manifesto 8.5.18
A precipizio verso il ballottaggio
di Norma Rangeri


Un tono di voce tranquillo avvolge gli otto minuti del drammatico appello di fronte all’inedito, temuto approdo di «una legislatura che si conclude senza neanche essere stata avviata».
Alla fine del terzo e ultimo giro di consultazioni, il presidente della repubblica, Sergio Mattarella, si presenta davanti alla stampa ed entra nelle case degli italiani con i telegiornali della sera, mettendo tutti di fronte al fallimento del difficile lavoro per la costruzione di una maggioranza di governo.
La crisi politica sfiora quella istituzionale.
Gli appuntamenti europei e la legge finanziaria sono gli scogli principali di fronte ai quali potrebbe naufragare la scialuppa che il capo dello stato tenterà di mettere in mare per una navigazione rapida ma necessaria almeno fino a dicembre.
Tuttavia è evidente, al presidente in primo luogo, che di fronte a un governo «neutrale» ma sfiduciato non resterebbe altra scelta che indire le elezioni, anche nel prossimo mese di luglio.
Qualunque sia la data del ritorno al voto, ieri si davano già i numeri, quelli del futuro «turno di ballottaggio». Di Maio chiede il 40%, Salvini può arrivarci facilmente, con Berlusconi e Forza Italia forza gregaria.
Un turno elettorale supplementare, come del resto aveva anticipato proprio il capo politico dei 5Stelle quando suggeriva di fare la riforma della legge elettorale praticando l’obiettivo, cioè chiamando i cittadini alla nuova sfida.
La Lega farà man bassa nei collegi, misurati con i nuovi rapporti di forza raggiunti dalla destra, e i 5Stelle proveranno a replicare le fortunate prove riscontrate nei ballottaggi delle elezioni locali.
Finalmente Di Maio e Salvini potranno inaugurare la terza repubblica con il loro governo.
E forse gli elettori di sinistra finiti nell’urna pentastellata (e anche in quella della Lega, come ha riconosciuto lo stesso sconsolato Bersani riferendosi alle ex regioni rosse) avranno di che riflettere.
Forse si voterà per la prima volta in piena estate, capiremo meglio nelle prossime ore quando apparirà sulla scena il governo di nessuno destinato a vita breve. Di nessuno perché probabilmente sfiduciato in parlamento e perché con la scadenza sull’etichetta.
Il presidente Mattarella non ha affidato neppure un preincarico a uno dei due gruppi più forti, per non favorire nessuno proprio in vista di un voto ravvicinato.
Con tanti saluti e ringraziamenti a Gentiloni eccoci traghettati dagli esploratori agli elettori.
Una volta i famosi governi balneari, di chiara marca democristiana, duravano almeno il tempo della pausa estiva, il prossimo forse aprirà le urne sulla spiaggia «in piena estate – dice Mattarella – rendendo difficile l’esercizio del voto».
Se invece si scegliesse l’autunno – secondo il Quirinale – sarebbe come cadere dalla padella nella brace «per il rischio di non approvare la manovra finanziaria».
E mentre attendiamo di vedere chi saranno i nostri traghettatori, eccoci di fronte al primo effetto del terremoto elettorale provocato dalle elezioni di marzo. Uno scossone che non ha trovato un assestamento e ci regala invece una specie di container post-terremoto pronto a essere smontato per far posto a un governo politico.
In ogni caso continueremo ancora per un paio di mesi con questo spettacolo politico. Più che innervosire le piazze, come immagina Di Maio, l’eterna campagna elettorale più probabilmente alimenterà il distacco degli elettori.
Se ci mettiamo nei panni di un cittadino che vede comparire in tv volti sconosciuti con la giacca di ministri, non è difficile prevedere una sempre più profonda reazione di rifiuto.
Un sentimento che naturalmente appartiene anche agli sconfortati elettori di sinistra, perché dopo aver buttato il cuore oltre l’ostacolo il 4 marzo, con la scelta di LeU e Potere al popolo, avranno esaurito tutto l’ottimismo della volontà.