martedì 8 maggio 2018

Corriere 8.5.18
Al largo della Libia
L’odissea in mare dei 105 migranti che nessuno voleva
Bloccati per 36 ore sulla nave della Ong Scontro diplomatico prima del via libera
di Paolo G. Brera


Nessuno li voleva, i 105 migranti soccorsi dal veliero Astral. Per due giorni sono rimasti in condizioni igieniche terribili a bordo del vascello di una Ong intrappolato in un assurdo braccio di ferro diplomatico. Dopo averli salvati davanti alla costa libica rispondendo all’Sos della guardia costiera italiana, ha dovuto affrontare lo scaricabarile delle potenze europee oltre a occuparsi di fame, stanchezza e malattie. Vengono da dieci nazioni di due continenti e hanno rischiato di morire su un gommone alla deriva a una dozzina di miglia dalla costa libica, all’interno delle acque territoriali; ma per 36 ore i tre Paesi coinvolti si sono rimpallati la responsabilità di chi dovesse occuparsi di gestire il loro sbarco «in un luogo sicuro» in cui poter chiedere asilo politico, come prevedono le leggi internazionali.
Con sei donne e sei bambini, domenica i naufraghi hanno trascorso una notte difficilissima all’addiaccio sul ponte della Astral, il due alberi gestito dalla Ong ProActiva Open Arms per i soccorsi in mare. Un meraviglioso veliero di cinquant’anni fa, una signora dei mari attempata e totalmente inadatta a prendersi cura di così tanta gente per giorni interi. Cibo e acqua scarseggiano, la toilette delle donne è un catino in un angolo di coperta separata con un telo, quella degli uomini è sporgersi fuoribordo; di lavarsi neanche a parlarne. Leticia, il medico di bordo, ha riscontrato un’otite perforante, alcuni casi di ipotermia e ferite varie, senza contare l’epidemia di vomito.
Fino a poche settimane fa i migranti intercettati dalla Astral sulla base di sos lanciati dall’Imrcc, l’autorità marittima italiana per i soccorsi, venivano poi trasferiti su navi adatte ad ospitarli, come quelle militari. Ma il meccanismo è inceppato.
Adesso è spesso la guardia costiera libica, formata ed equipaggiata dall’Italia, ad avocare la gestione dell’intervento lanciato dall’Imrcc. È successo anche domenica all’alba, ma la guardia costiera libica non collabora con le Ong cui ordina di tenersi alla larga, esponendo i naufraghi a un rischio immotivato. Anche se dei libici non c’era traccia in mare, Astral ha douto ordinare lo stop al gommone lanciato a 50 miglia all’ora per prestare soccorso con personale altamente specializzato. Una procedura insensata che sarebbe potuta costare vite. Mantenendo informata la guardia costiera italiana, alla fine ha raggiunto comunque il gommone grigio dei migranti, alla deriva in una pozza maleodorante di gasolio.
Ai limiti delle acque territoriali i trafficanti hanno staccato il motore e sono rientrati con un secondo gommone. Ma l’incubo è iniziato sulla Astral, quando i naufraghi pensavano di essere salvi: Libia e Gran Bretagna — stato di bandiera del veliero — hanno cominciato a rimpallarsi la responsabilità formale del soccorso e quindi del loro destino.
Dopo averne autorizzato a voce il trasbordo sulla nave attrezzata Aquarius di Sos Mediterranée rifiutavano di fornire l’autorizzazione scritta, chiesta da Aquarius per evitare una denuncia per traffico di esseri umani contestata a diverse Ong.
«Nessuna autorità ha saputo indicarci un posto sicuro dove mettere al riparo queste persone — accusa il deputato di +Europa, Riccardo Magi, imbarcato sulla Astral per verificare la situazione reale dei respingimenti — questo episodio dimostra che non si può fare affidamento sulle autorità libiche: i loro interventi sono un pericolo per i migranti e un affronto ai diritti umani».
Il braccio di ferro è proseguito tra le autorità marittime: «Spetta all’Inghilterra autorizzare il trasbordo — scriveva la guardia costiera italiana — e indicare il porto sicuro». Gli inglesi erano tutt’altro che d’accordo: per loro devono essere gli italiani, i primi ad aver lanciato il soccorso, a occuparsi dei migranti. A bordo, intanto, un bambino vomitava sangue e mentre faceva buio qualcuno ha provato a tuffarsi in mare in direzione della Aquarius che navigava parallela. Cibo e acqua erano razionati e scarsi.
Molti non otterranno asilo e verranno espulsi senza uscire dai centri in cui saranno accompagnati, ma ci sono volute ore per convincere l’Europa — che assomiglia sempre più alla sua frontiera orientale — ad accogliere 105 naufraghi disperati su una nave vera, in grado di offrire loro una doccia e una scodella di minestra. È accaduto solo ieri sera, grazie alla guardia costiera italiana. E un porto italiano sarà il probabile primo approdo.