il manifesto 30.5.18
Gaza sull’orlo di una nuova guerra
La
spirale. Giornata di attacchi del Jihad islami dopo l’uccisione di tre
militanti e di pesanti rappresaglie di Israele, che non si spingeva a
tanto dai tempi di «Margine Protettivo»
di Michele Giorgio
Una
notte carica di tensione è scesa ieri lungo le linee tra Gaza e Israele
al termine di una giornata che ha riportato le forze armate israeliane
sull’uscio del piccolo territorio palestinese, come mai era accaduto da
quando è terminata quattro anni fa l’offensiva «Margine Protettivo». La
guerra non è mai stata tanto probabile come in questo momento.
«SARANNO
DECISIVE le prossime ore per capire se questa escalation innescherà un
conflitto più ampio. Nessuno degli attori principali vuole una guerra ma
con attacchi e rappresaglie senza sosta le cose potrebbero sfuggire di
mano», ci diceva ieri sera Aziz Kahlout, un giornalista di Gaza.
La
Freedom Boat salpa da Gaza con il suo carico di feriti. Verrà bloccata
in mare e sequestrata dalla Marina israeliana (foto Afp )
Nelle
stesse ore ieri la Marina israeliana ha bloccato in mare e sequestrato
la Freedom Boat, la nave palestinese partita ieri mattina dal porto di
Gaza city con l’intento di violare il blocco navale di Gaza imposto da
Israele.
UN ESITO LARGAMENTE ATTESO: Israele non consentirà alcuna
violazione del blocco di Gaza così come nelle settimane passate ha
reagito con il pugno di ferro alle manifestazioni popolari della Grande
Marcia del Ritorno, usando i tiratori scelti contro i dimostranti
palestinesi. «Le forze israeliane hanno circondato e intercettato la
nostra imbarcazione con a bordo dei civili, tra i quali alcuni feriti
delle settimane passate. Chiediamo protezione internazionale», ha
invocato uno degli organizzatori della protesta, Salah Abdul Atti.
L’escalation
è cominciata in seguito all’uccisione domenica di tre militanti del
Jihad islami con una cannonata sparata da un carro armato israeliano
dopo la scoperta sulle recinzioni di demarcazione di un ordigno pronto
ad esplodere. Un quarto palestinese, Mohammed al Radie, è stato ucciso
nella notte tra lunedì e martedì in un altro raid israeliano.
IL
JIHAD AVEVA ANNUNCIATO la sua reazione che è scattata ieri alle prime
luci del giorno. Da Gaza hanno sparato una trentina di colpi di mortaio,
nello stesso momento e da tre punti diversi. A Sderot e in tutta la
regione di Shaar HaNegev sono entrate in azione più volte le sirene di
allarme e migliaia di israeliani hanno dovuto raggiungere i rifugi. Gran
parte dei colpi di mortaio sono caduti in zona aperte e disabitate,
altri sono stati intercettati. Almeno due sono finiti nei centri
abitati, in un caso a breve distanza da un asilo che in quel momento era
vuoto.
La reazione israeliana è stata pesante. In poche ore
l’aviazione e l’artiglieria hanno colpito o preso di mira almeno 35
obiettivi della Jihad e anche di Hamas, non coinvolto nei lanci di
mortaio ma che il governo Netanyahu considera responsabile della
situazione a Gaza. E se i colpi di mortaio sparati dal Jihad sono stati
l’attacco palestinese più ampio dal 2014 a oggi, i raid israeliani a
loro volta sono stati i più pesanti degli ultimi quattro anni.
LA
SPIRALE DI ATTACCHI e rappresaglie è andata avanti per tutto il giorno.
Alle incursioni dell’aviazione israeliana sono seguiti a un certo punto
anche lanci di razzi da parte ancora del Jihad e delle «Brigate Salah
Edin» dei Comitati di resistenza popolare, anche verso Ashqelon, a nord
di Gaza. Israele ha azionato più volte il sistema Iron Dome
intercettando una parte dei razzi. «Guardiamo in modo severo agli
attacchi contro il Paese e contro le nostre comunità da parte di Hamas e
della Jihad islamica dalla Striscia di Gaza. L’esercito risponderà con
grande forza», ha avvertito il primo ministro Netanyahu, aggiungendo che
«Israele farà in modo che chiunque cerchi di danneggiarlo paghi un
prezzo pesante». Altrettanto dure le dichiarazioni del ministro della
difesa Avigdor Lieberman che ha più volte ribadito la sua linea di
scontro con Hamas, espressa in modo compiuto dal fuoco dei soldati sui
dimostranti palestinesi che chiedono la fine del blocco di Gaza.
IN
CASA PALESTINESE si ripete che la calma non tornerà sino a quando gli
israeliani non revocheranno l’assedio. Ma ieri sera l’Egitto era
impegnato in un intenso e difficile lavoro di mediazione per placare lo
scontro ed evitare una nuova guerra che avrebbe conseguenze spaventose
soprattutto per la popolazione palestinese.