mercoledì 30 maggio 2018

Il Fatto 30.5.18
Conti correnti poco trasparenti. I “segreti” per cambiare banca
I deposti sono sempre più cari. È uno slalom continuo fra commissioni e balzelli
di Patrizia De Rubertis


Non si è obbligati e non si dovrebbe restare clienti a vita della stessa banca. Come non si è obbligati ad accettare silenziosamente e senza discutere tutte le proposte, i servizi e i pacchetti che ci propongono. Così, nel caso ci si rendesse conto che il proprio conto corrente costa di più rispetto a quello di un amico o un parente, è possibile rivolgersi a un altro istituto. Diversificare i prodotti è il miglior sistema per risparmiare. Ma su 30 milioni di correntisti, pochi continuano a saperlo. Il livello di cultura finanziaria degli italiani, secondo un’indagine condotta da Banca d’Italia, Ivass, Consob, Covip, Fondazione per l’educazione finanziaria e il Museo del risparmio, è infatti inferiore rispetto agli altri paesi Ocse. Ci si interessa poco dei temi finanziari e, spesso, se ne scopre il significato solo quando se ne fanno le spese. I casi di risparmio tradito ne sono l’inevitabile conseguenza. Eppure i clienti hanno un’arma importante: la portabilità che si applica ai conti correnti e che consente la chiusura dei contratti a costo zero.
In particolare, la facoltà di trasferire i servizi di pagamento, e il saldo presente, presso un altro conto deve essere garantito nel giro di 12 giorni lavorativi e chi sfora deve risarcire il correntista con un indennizzo di almeno 40 euro. La portabilità è prevista dal decreto legge 3/2015 sulle Banche popolari, ma ha avuto bisogno di circa un anno e mezzo per diventare operativa. È dal 14 giugno 2017 che sono, infatti, entrate in vigore le nuove regole che dovrebbero impedire alle banche di non mettere più i bastoni tra le ruote a coloro che le vogliono abbandonare, con la scusa di lungaggini burocratiche, numerosi balzelli e informazioni fuorvianti date agli sportelli. Con l’unico scopo di tenersi il cliente per anni, se non decenni. L’unica accortezza da prestare durante la portabilità è di ricordarsi degli assegni già emessi: meglio attendere che vadano all’incasso per non lasciare scoperto il conto. Inoltre, cambiando le coordinate bancarie andrà comunicato il nuovo Iban per tutti i rapporti in essere (accredito stipendio, addebito delle utenze o delle rate di un mutuo, ordini di bonifico permanenti, ecc).
Del resto muoversi fra le commissioni, confrontare le medie di settore e scegliere il conto migliore per le proprie tasche è un girone infernale. Anche se tutti questi calcoli dovrebbero essere facil mente comparabili sul sito dell’Abi Comparaconti.it (l’ex Pattichiari), da un anno il motore di ricerca è sospeso, perché manca l’adeguamento alla nuova direttiva europea sui pagamenti (Payment Accounts Directive). Per comparare i conti si possono solo consultare i siti online privati. L’alternativa è cercarsi da soli i fogli informativi sui siti delle banche (bisogna cercare la voce “Trasparenza”), oppure chiederli nelle filiali.
E lì scoprire l’Isc, l’Indicatore Sintetico di Costo voluto da Bankitalia nella nome della trasparenza, che permette di confrontare il costo dei conti delle banche per 6 diversi profili di operatività (giovani, famiglie con operatività bassa, famiglie con operatività media, famiglie con operatività elevata, pensionati con operatività bassa, pensionati con operatività media) e per i conti a consumo a un unico profilo (operatività particolarmente bassa). Certamente un passo in avanti per i clienti, ma con un evidente limite: l’Isc, che somma i costi annuali, fissi e variabili, non tiene conto del ruolo del salvataggio delle banche che hanno spinto gli istituti a introdurre nuovi balzelli, magari una tantum, e contribuzioni straordinarie che non rientrano in quelle voci standard. Così, se secondo l’ultima indagine annuale di Bankitalia, nel 2016 è cresciuta leggermente la spesa di gestione di un conto corrente bancario (circa 1,1 euro) attestandosi a 77,6 euro – e, come ovvio che sia, i conti online costano appena 14,7 euro – leggendo il report pubblicato a febbraio dal Corriere della Sera, che ha calcolato anche le tasse e il costo annuo, si scopre che in media nel 2018 il conto corrente costa 134 euro (+1,5% sul 2017), mentre per quello online servono 106 euro (+3,8%).
“Una diatriba, questa sul costo dei conti, che va avanti da 15 anni e che dimostra solo come il settore sia ancora caratterizzato da poca, trasparenza, correttezza e contrantabilità”, spiega Fabio Picciolini, esperto consumerista, che solleva anche un’altra questione: “Quanti italiani conoscono il conto corrente di base?”. Introdotto nel 2011, consente di effettuare le operazioni più semplici a condizioni convenienti (imposta di bollo esente canone mensile azzerato) per i clienti con Isee inferiore a 8.000. Mentre i pensionati con reddito fino a 18mila euro lordi lo possono avere con canone mensile azzerato. A ribadirlo lo scorso gennaio alle banche, che lo tengono ben nascosto tra i prodotti che offrono, è stato anche il Consiglio di Stato.