mercoledì 30 maggio 2018

Il Fatto 30.5.18
Gaza-Israele: razzi e raid. Resta soltanto la guerra
Ordigni di Hamas intercettati dal sistema antimissile poi i bombardamenti aerei
I contendenti: “Non ci fermeremo”
di Fabio Scuto

È stato un altro giorno di guerra nella Striscia di Gaza e nelle zone israeliane che la circondano. Gli abitanti delle aree agricole ma anche delle cittadine come Sderot, Ashdod, Ofakim, sono stati svegliati dalle sirene di allarme pochi attimi prima che, i mortai sparati da Gaza, venissero intercettati dalla batteria “Iron Dome”. Ed è andata avanti così per tutta la giornata. Le sirene hanno suonato decine di volte per allertare i residenti che hanno finito per passare la giornata nei rifugi anti-bomba. Oltre 60 i colpi sparati dalla Striscia e trenta gli obiettivi colpiti dai raid dei caccia con la Stella di Davide. Una scheggia di un missile è caduta nel giardino di un asilo a Sderot, per fortuna chiuso a quell’ora del mattino.
Tre soldati e due civili sono stati comunque feriti lievemente. Il premier Benjamin Netanyahu promette fermezza contro chiunque minacci Israele, questa fiammata militare non finirà qui. Per il ministro dell’Intelligence Israel Katz “siamo nel punto più vicino allo scoppio della guerra dal 2014”. “Non vogliamo la guerra e nemmeno loro”, ha detto Katz, “ma abbiamo le nostre linee rosse”. La maggior parte dei proiettili di sparati da Gaza – fa sapere l’Idf – è stata distrutta dall’ “Iron Dome“, altri non sono stati intercettati perchè destinati a cadere in zone agricole o disabitate.
I colpi di mortaio sparati contro le comunità israeliane che si affacciano sull’enclave rappresentano il primo incidente del genere dalla fine di marzo, quando sono iniziate le manifestazioni di massa palestinesi lungo la Barriera di sicurezza che separa il confine. Durante questo periodo, Hamas si è astenuto dal lanciare missili e ha proibito ad altre organizzazioni nella Striscia di effettuare attacchi per non danneggiare la narrativa di una lotta popolare contro i cecchini israeliani. E ha sostenuto la sua tattica nonostante il fatto che circa 100 palestinesi siano stati uccisi e migliaia feriti dal fuoco dell’esercito israeliano.
Tuttavia, un cambiamento si è verificato negli ultimi giorni. Domenica l’Idf ha risposto all’esplosione una carica piazzata vicino alla Barriera sul confine. Un carro armato dell’esercito ha sparato e ucciso 3 miliziani della Jihad islamica che erano vicini a un avamposto di Hamas lungo quel tratto della Barriera.
Nei 4 anni dalla terribile “guerra dei 51 giorni” nel 2014, ci sono stati diversi momenti di escalation. I funzionari dell’intelligence israeliana sostenevano che Hamas non aveva il pieno controllo su Gaza e i razzi sparati dimostravano le sue difficoltà ad imporsi sulle fazioni palestinesi più piccole. Ma ora le circostanze sono diverse. Hamas ha dimostrato il suo fermo controllo sulla Striscia negli ultimi mesi e ha diretto le manifestazioni sul confine israeliano come desiderava, decidendo il tasso di violenza. Per gli islamisti restano due scelte: la guerra con Israele, ma le sue conseguenze intimoriscono Hamas, oppure altre manifestazioni al confine che spingeranno Israele a rispondere. Lo scopriremo venerdì.
Ieri sera gli Usa hanno chiesto una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza Onu. L’incontro è previsto per oggi pomeriggio. “Gli attacchi da Gaza sono i più importanti dal 2014” e hanno colpito “installazioni civili, tra cui un asilo”, ha denunciato l’ambasciatrice Nikki Haley, “il Consiglio di sicurezza dovrebbe essere indignato e rispondere a questo ultimo episodio di violenza contro innocenti civili israeliani”.