mercoledì 30 maggio 2018

il manifesto 30.5.18
Benvenuto, sorridi Sei su Sense Time
Cina. L’azienda ha accesso ai dati di tutti i cittadini: il cliente principale dell’app è il governo cinese
di Alessandra Spalletta


C’è una startup di Hong Kong specializzata nel riconoscimento facciale che sta facendo conquistare alla Cina il predominio nell’intelligenza artificiale: si chiama Sense Time.
A fondarla nel 2014 è stato un ambizioso professore universitario, Tang Xiaoou, il quale due anni dopo ha assegnato a un suo ex allievo il compito di lanciarla. Oggi Xu Li, 40 anni, dirige una società che vale oltre 3 miliardi di dollari (4,5 secondo Techcrunch). Un valore altissimo, specie in confronto alle rivali americani. L’ultimo finanziamento da 600 milioni è arrivato da una cordata di investitori guidata dal colosso dell’ e-commerce Alibaba. Jack Ma ha proposto a Xu Li di lanciare un maxi laboratorio di AI a Hong Kong, che punta a diventare hub globale di innovazione. A gran velocità, Sense Time si espande anche in altri settori, come il deep learning e la guida autonoma, scrive il Financial Times. Del resto può contare sul sostegno finanziario anche di altri solidi investitori, tra cui Qualcomm e Dalian Wanda.
Rifornisce oltre 400 società (Honda, Nvidia, China’s UnionPay, Weibo, China Merchants Bank, Huawei, Oppo, Vivo, Xiaomi). Sense Time incarna la visione del governo di Pechino che punta a trasformare l’AI in una industria da 150 miliardi di dollari entro il 2030, ribaltando la situazione attuale in cui a guidare sono gli Stati uniti. Stando ai dati del China Internet Network Information Center, a giungo di quest’anno oltre un quarto delle oltre duemila compagnie IA del mondo si trovano in Cina, con un numero di brevetti (15.700) che la pone al secondo posto dopo gli Usa.
L’azienda di Hong Kong ha accesso ai dati di tutti i cittadini grazie alla collaborazione con il suo maggior cliente: il governo cinese (30% del portfolio). Le autorità stanno sviluppando un database in grado di collegare in pochissimi secondi il volto di ciascun cittadino con la foto identificativa. Soprattutto – dicono – per rafforzare la sicurezza. E’ successo qualche settimana fa a un uomo sospettato di reati economici, finito in manette durante un concerto pop a Nanchang, nella Cina sudorientale: le forze dell’ordine sono state in grade di individuarlo in mezzo a 50mila persone. Nella corsa a immagazzinare i dati degli utenti, asset fondamentale nelle campagne pubblicitarie, finanche nel sistema di credito sociale, da tempo Alibaba, Tencent e Baidu trasferiscono alle forze dell’ordine le tracce elettroniche degli utenti. Il riconoscimento facciale sta rivoluzionando i più svariati settori, dal retail banking ai pagamenti online, sollevando diverse polemiche sul tema della privacy dei cittadini.
La Cina ha già assunto una posizione dominante nel mercato mondiale della videosorveglianza: si contano 176 milioni telecamere di sicurezze, con un tasso di crescita annuale del 13% dal 2012 al 2017. Il 3% della crescita globale impallidisce a confronto.
Gran parte di queste telecamere, dalle carceri ai grandi magazzini, possiede un software sviluppato da Sense Time. Che attenzione: non è l’unica società ad avere avviato sperimentazioni con le forze di polizia. Deve fare i conti con le rivali, Megvii e Yitu; queste società hanno in comune l’altissimo valore di mercato. Nel febbraio scorso, in occasione del consueto esodo di massa per i festeggiamenti del Capodanno lunare, la polizia ferroviaria di Zhengzhou arrestò 7 ricercati e 26 truffatori in possesso di documenti falsi. Sugli occhiali degli agenti era stata installata una mini telecamera in grado di realizzare uno screening di massa quasi perfetto. In quel caso il dispositivo era stato realizzato da LLVision Technology Co.
Gli occhi di Sense Time sono ovunque. Se entri in un negozio di Suning, colosso dell’elettronica (quello che ha comprato l’Inter), è possibile che una telecamera di sicurezza stia registrando ogni tuo movimento: dentro c’è un software di Sense Time.
Se apri Rong360, app molto popolare in Cina che serve a farsi prestare soldi da altra gente (il cosiddetto peer-to-peer lending: un sistema di crowdfunding individuale che sopperisce alla carenza del credito finanziario), ti verrà chiesto di fare login con il riconoscimento facciale. Chi lo sviluppa? Sense Time.
Potrebbe poi venirti voglia di farti un video e mandarlo agli amici utilizzando Snow, app simile a Snapchat, indossando occhiali per la realtà aumentata, prodotti da Sense Time.
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ha un ruolo cruciale nel piano Made in China 2025 – bersaglio del presidente americano Donald Trump – che prevede massicci investimenti in dieci settori strategici con l’obiettivo di creare un’industria all’avanguardia. La lezione di Zte, finita nel mirino di Washington (potrà tornare a fare business negli Stati Uniti a patto che paghi una multa di 1,3 miliardi di dollari e modifichi il management) insegna alla Cina che deve affrettarsi a rendersi indipendente sul versante dello sviluppo tecnologico.
Mentre vanno avanti i negoziati tra Washington e Pechino, che hanno raggiunto una tregua sulle dispute commerciali, uno dei settori nei quali gli americani temono di perdere l’egemonia è proprio l’intelligenza artificiale. A partire dal settore militare dove Pechino può già rivendicare posizioni di vantaggio. L’innovazione è il terreno in cui si consuma uno scontro più ampio: la Cina ha già scavalcato il Giappone come seconda potenza al mondo per brevetti internazionali e l’Onu prevede il sorpasso sugli Usa in tre anni.