il manifesto 22.5.18
Podemos, la parola alla base. Iglesias alla prova della casta
Spagna.
Il caso della villa con piscina del leader e della capogruppo al
Congresso dei Deputati Irene Montero sottoposto al voto: mezzo milione
di militanti chiamati a decidere sul futuro nel partito della coppia di
dirigenti
di Luca Tancredi Barone
BARCELLONA
Podemos è nell’occhio del ciclone. E ci si è messo tutto da solo, per
mano dei suoi due massimi dirigenti: il segretario Pablo Iglesias e la
compagna Irene Montero, capogruppo al Congresso dei Deputati. I due sono
in attesa della nascita di due gemellini – ormai la notizia è al centro
del dibattito pubblico, il privato è senza dubbio politico – e hanno
deciso di comprare casa. Questa legittima decisione personale però si è
convertita in un boomerang politico. I due infatti vivevano in un
quartiere popolare di Madrid. Ma, secondo la coppia, da un lato
l’assedio costante della stampa e le minacce fasciste ricevute, e
dall’altro il mercato immobiliare – che è tornato a impazzire, facendo
lievitare i prezzi degli affitti e delle case – li hanno spinti a
comprare quello che la stampa ha già definito uno chalet nella campagna
di Madrid (che preserverebbe meglio l’intimità dei loro futuri figli).
Una dimora di 260 metri quadri che costa 600mila euro. E in più, vicino
c’è una scuola (pubblica) con un programma educativo innovativo che ai
due dirigenti piace molto.
Ora, in linea di massima due deputati
con un buono stipendio (sugli 80mila euro annuali), lui con i risparmi
da professore universitario (circa 100mila euro, secondo le loro
dichiarazioni pubbliche) e i compensi per le collaborazioni televisive, e
con un mutuo a 30 anni (i cui dettagli i due hanno immediatamente reso
pubblici) avrebbero tutto il diritto (e le possibilità) di imbarcarsi in
questa onerosa compravendita. Tra l’altro, non esistono precedenti di
altri politici, con proprietà assai più sostanziose, che abbiano mai
fatto l’esercizio dei due viola di rendere pubblico ogni dettaglio
economico personale.
Ma il problema, come spiegava sul Mundo
l’editorialista Lucía Méndez, è che Iglesias e Podemos hanno fatto
dell’esempio e della morale la bandiera del loro successo. È vero – lo
sottolineava la sindaca di Barcellona Ada Colau – che nessuna
amministrazione o politico “del cambio” è stato mai accusato di
corruzione in questi anni. Ma è anche vero che Iglesias nel 2012
scriveva che era immorale che le politiche sulla casa le decidessero
proprietari di «attici da 600mila euro». In altre parole, persone che
non condividono le condizioni di vita della stragrande maggioranza degli
spagnoli. La contraddizione è stridente, e infatti le maggiori critiche
sono venute dallo stesso Podemos. Federazioni come l’andalusa o
l’asturiana – lontane dalla linea politica di Iglesias e Montero – o gli
anticapitalisti li hanno criticati per non essersi resi conto delle
conseguenze politiche che avrebbe avuto.
La tempesta è stata tanto
forte che sabato sera Montero e Iglesias hanno dato una conferenza
stampa per annunciare che da oggi, e fino a domenica, i militanti (sono
quasi mezzo milione) potranno partecipare al referendum per chiedere se i
due devono lasciare i rispettivi incarichi. Una mossa apparentemente di
trasparenza politica ma che lega i destini di una decisione personale a
quelli di un partito. Difficilmente i militanti di Podemos decideranno
di suicidarsi politicamente a un anno dalle importantissime elezioni
amministrative.
Ma c’è un altro elemento di riflessione. E cioè il
fatto di avallare surrettiziamente la logica neoliberale imperante per
quanto riguarda le scuole: i due hanno «scelto» di vivere vicino a una
scuola di loro gusto. La difesa della scuola pubblica è la difesa della
scuola che ti tocca, non di quell’altra più bella.
Ovviamente gli
altri partiti si sono gettati sul succoso osso immediatamente. La
vicepresidente del governo Soraya Saez de Santamaría, diventata madre
pochi giorni dopo essere diventata la numero due del Governo Rajoy, ha
ricordato di aver subito, anche lei con un figlio piccolo, gli escrache
(«sputtanamenti») sotto casa da parte di attivisti che denunciavano le
sue politiche sociali. Non è proprio la stessa cosa: Iglesias e Montero
sono attaccati costantemente da fascisti anonimi (senza parlare delle
foto delle ecografie rubate all’ospedale), gli escrache (rilanciati
dalla piattaforma contro gli sfratti) erano pubblici, nonviolenti e con
motivi sociali ben esplicitati. Ma il messaggio è passato lo stesso.
Nel
complesso, uno scivolone politico di una leadership viola sempre più
messa in discussione: secondo tutti i sondaggi Podemos rimane fra i
quattro partiti più importanti ma non sembra sfondare.