il manifesto 20.5.18
Michel Foucault
Vite incarnate e ribelli alle regole della tecnica e alle norme di un’epoca
Saggi. "Da dentro" di Sandro Chignola per Derive Approdi
di Carmelo Colangelo
Di
cosa parliamo quando parliamo di «potere»? C’è qualcosa che vi resiste
e, resistendovi, permette di scorgerne meglio le forme? In quali modi la
marginalizzazione dello Stato-Nazione e l’avvento della globalizzazione
trasformano sia l’esercizio del potere che le azioni che vi si
oppongono? Sono alcune delle questioni che attraversano il volume di
Sandro Chignola Da dentro Biopolitica, bioeconomia, Italian Theory
(DeriveApprodi, pp. 191, € 17,00) dove la posta in gioco è individuare
le tendenze che possono favorire l’emanciparsi dalla prevaricazione che,
in modo ora manifesto, ora strisciante, connota le odierne forme di
accumulazione postindustriale e finanziaria.
Studioso addestrato alla
storia dei concetti, ma anche esperto lettore dell’opera di Michel
Foucault (il filosofo più convocato nel libro, e per «ragionare con Marx
oltre Marx»), Chignola considera che nella configurazione corrente
della società capitalistica la differenza tra tempo della vita e tempo
del lavoro è divenuta sempre più tenue: l’estrazione di valore avviene
ormai facendo leva sulla plasticità stessa dei processi che definiscono
l’uomo in quanto vivente, le sue caratteristiche di indeterminazione e
di flessibilità cognitiva come le sue generali capacità linguistiche e
relazionali. Ciò che con il superamento della fase industrialistica del
capitalismo è stato messo al lavoro è la vita come tale, inscritta in
cicli produttivi permanenti grazie a tecnologie capaci di scomporla in
flussi informativi che tracciano stili di consumo e modi del
comportamento.
Gli «algoritmi setacciano, estraggono, incrociano,
accumulano e confrontano i dati nei quali il vivente, ritrascritto a
partire dalla mobilità dei suoi desideri, delle sue opzioni, delle
posizioni che lo localizzano, viene scomposto e provvisoriamente
riassemblato come una sequenza di bit». Così si può dire che se la
realtà della fabbrica è in via di sparizione, è perché la società stessa
va assumendo la fisionomia di una fabbrica – fabbrica immane, in
perpetuo movimento, capace di sussumere i soggetti ben oltre ritmi e
misure della giornata lavorativa.
Chignola scrive pagine rilevanti sulle dinamiche che accompagnano questo processo, lo rendono possibile o lo rilanciano.
i
grande interesse sono in particolare l’esame della cosiddetta
governance (letta come modalità di risposta preventiva all’eventualità
dell’insubordinazione), le analisi sul senso e gli effetti delle
biotecnologie (sequenziazione del genoma, medicalizzazione della vita),
le osservazioni sulla trasformazione dei modi della penalità (il
business imprenditoriale delle carceri private). Ma il punto essenziale
su cui il libro insiste – ricorrendo a un modulo teorico d’ispirazione
post-operaista – è l’urgenza di riconoscere che il processo attraverso
cui il potere investe la vita e pare dominarla può renderci più
consapevoli del fatto che la vita stessa è un potere, e un potere di
resistenza, mai interamente dominabile dalle tecniche tendenti a
catturarla.
Polemizzando senz’altro con quello che definisce il
nucleo «vittimario» della proposta filosofica di Giorgio Agamben, e
richiamandosi piuttosto alla riflessione di Toni Negri, Chignola invita
così a considerare che le esistenze incarnate sono capaci di quotidiane
pratiche di liberazione dalle forme che pretenderebbero di regolarle.
Contro quanti ritengono che le soggettività siano irrimediabilmente
irretite dal potere, Da dentro analizza così la loro capacità di piegare
altrimenti le norme di un’epoca e di riconnettere diversamente le forze
in campo.