il manifesto 20.5.18
«Via la legge 194»: movimenti pro vita contro l’aborto
Corteo
a Roma. Il sostegno di un pezzo di «governo del cambiamento», con i
leghisti Giorgetti e Fontana. La sociologa Serughetti: «Più pericolosi
perché ormai usano il linguaggio dei diritti umani». Ma da sindacati e
associazioni un appello in difesa dei diritti della donna
di Antonio Sciotto
Abrogare
la legge 194 sull’aborto, e nell’attesa revocare tutti i fondi che
permettono alle donne di accedere alla ospedalizzazione gratuita: la
Marcia per la vita ieri ha sfilato a Roma, con preti, suore, vescovi e
cardinali, a reclamare una decisa inversione di rotta a pochi giorni dai
40 anni della 194, il compleanno è il 22 maggio. Con loro i combattivi
Citizen go – che qualche giorno fa hanno tappezzato di manifesti la
Capitale: «aborto prima causa di femminicidio» – ma soprattutto politici
di peso. Non solo lo scontato Mario Adinolfi, e l’assidua Giorgia
Meloni, ma hanno aderito anche due importanti leghisti: il
vicepresidente della Camera Lorenzo Fontana e Giancarlo Giorgetti, tra i
candidati premier del Governo del Cambiamento.
CON IL CAMBIO DI
QUADRO dopo le elezioni, e la nuova possibile maggioranza
Cinquestelle-Lega, insomma questi movimenti rischiano di uscire dalla
nicchia di ultras cattolici e di influenzare le decisioni politiche dei
prossimi anni. Le tesi restano sempre estreme, ma il linguaggio, come
nota la sociologa dell’Università di Milano Bicocca Giorgia Serughetti,
«si è raffinato per conquistare un pubblico più largo, facendo prima di
tutto ricorso alla stessa terminologia dei diritti umani». «Basti
pensare – spiega la studiosa – al manifesto affisso a Roma, “aborto
prima causa di femminicidio”: ricorre a un termine che ha oggi larga
fortuna, e si appoggia strumentalmente alle giuste campagne contro gli
aborti imposti in alcuni paesi dove si vuole la nascita di soli maschi».
Il
manifestino è stato distribuito in 500 copie alla Marcia per la vita,
con gli attivisti di Citizen go che annunciano «l’apertura di una grande
stagione di convegni ed eventi territoriali in tutta Italia – definita
Operazione Rinascita – per raccontare la verità sull’aborto e sulla Vita
nascente, sugli effetti devastanti per la salute delle donne e della
stessa tenuta demografica, sociale ed economica dell’Italia. Verrà il
giorno – spiega il portavoce Filippo Savarese – in cui ci chiederemo
come si sia potuto rendere legale l’aborto allo stesso modo di come ci
chiediamo come siano stati possibili i lager e i gulag».
INTANTO TRA I
I PRETI IN gruppo come in un film degli anni Cinquanta e le suore in
abito grigio e blu si sprecano i cartelli di accusa contro l’«omicidio
di Stato», sia alla nascita che in punto di morte: «In 40 anni di 194 ci
sono state 6 milioni di vittime», «Aborto ed eutanasia la vita portano
via», «Sì alle cure no all’eutanasia». In piazza anche l’associazione
Amici di Alfie Evans, il piccolo inglese il cui fine vita recentemente
ha rappresentato un caso internazionale. Al fianco dei manifestanti,
porporati come il vescovo Luigi Negri e il cardinale Raymond Burke.
Tra
le testimonianze palco, quella di Margherita, pentita per aver deciso
di non far nascere il figlio con sindrome di Down. E la madre del
francese Vincent Lambert, tetraplegico, che ha raccontato il conflitto
tra famiglia e Stato sulla malattia terminale del figlio: l’ospedale ha
disposto che venga sospesa la nutrizione, lei si oppone. Si accusa chi
ricorre alla 194 di fare «eugenetica» e «infanticidio con fondi
pubblici», esaltando i medici obiettori.
SULL’ALTRO FRONTE, A DIFESA
della legge 194, donne e intellettuali di politica, sindacati e
associazioni hanno scritto alle parlamentari dell’attuale legislatura la
lettera «Le donne sono qui». «Vogliamo celebrare con voi, che siate
d’accordo o no – si legge nel testo – i 40 anni della legge che ha dato
alle donne il diritto di dire la prima e l’ultima parola sul proprio
corpo». Le promotrici si pronunciano contro i «reiterati attacchi alla
194 e alla sua applicazione», sostenendo che «non ci può fare paura
l’oscena propaganda che si sta scatenando in questi giorni contro questa
legge, che pretende di mostrare le donne come assassine». «È la nostra
libertà – concludono – a fare paura».
«Probabilmente la 194 non è a
rischio in sé – conclude la sociologa Giorgia Serughetti – ma c’è un
movimento culturale sempre più forte e insidioso che cerca di
depotenziarla e smontarla dall’interno. Ad esempio reclamando figure che
negli ospedali spieghino alle donne i possibili danni di un aborto:
informazione che già la legge assicura nel modo corretto, in realtà. E
non utilizzano più solo l’argomento del danno al nascituro, ma – come è
avvenuto in un convegno dei Provita fatto in aprile con Lega e Fdi al
Senato – adesso si concentrano sui possibili danni fisici e psichici per
le donne. Così si conquistano sempre più vaste fasce di pubblico».