il manifesto 19.5.18
In Austria il raduno degli ustascia
Diecimila
fascisti croati si incontrano in Carinzia per ricordare l’uccisione di
45 mila filo-nazisti da parte dei partigiani avvenuta nel 1945. E le
autorità austriache fingono di non vedere
di Angela Mayr
Una
valle verde placida, il Loibacher Feld adiacente a Bleiburg-Pliberk a
dieci chilometri dal confine sloveno in Carinzia. Lì in mezzo agli abeti
una roccia di commemorazione che richiama ogni anno in pellegrinaggio
in Austria migliaia di croati. Per una celebrazione religiosa in memoria
dei caduti, così recita la versione ufficiale. E’ noto invece che si
tratta di ben altro, di un raduno fascista con tanto di bandiere e
simboli apertamente esibiti. Un incontro cresciuto negli anni diventando
il più grande raduno di questo genere in Europa. Rivelatrice la stessa
roccia commemorativa, con la scritta in due lingue: reca la data 1945,
in croato glorifica l’esercito, vale a dire gli ustascia alleati dei
nazisti mentre la traduzione tedesca, volutamente non fedele rievoca
solo i caduti croati, persone dunque e non organizzazioni, evitando così
di violare la legge austriaca che vieta la celebrazione del nazismo e
l’esibizione di suoi simboli.
Ciò nonostante ogni anno fin dal
1951 in forme sempre più esplicite e vistose si celebrano a Bleiburg le
milizie croate che come si sa non sono state seconde ai nazisti come
crudeltà e crimini contro l’umanità. Le autorità austriache che hanno
sempre guardato dall’altra parte si sono giustificate sostenendo che la
simbologia croata non è vietata dalla legge. Quest’anno però il raduno
di Bleiburg è stato oggetto di forti polemiche. Tre parlamentari europei
austriaci, il socialdemocratico Josef Weidenholzer , Othmar Karas del
partito popolare e Angelika Mlinar dei Neos hanno chiesto una legge
europea di divieto della propaganda fascista e nazista. Il governatore
della Carinzia Peter Kaiser si è detto contrario alla manifestazione ma
impossibilitato a vietarla, così il sindaco di Bleiburg entrambi
socialdemocratici. La manifestazione si svolge su un terreno privato del
«Bleiburger Ehrenzug» – corteo d’onore di Bleiburg organizzatore
insieme alla chiesa cattolica croata dell’evento che ha bisogno solo,
pare, dell’autorizzazione del clero che è stato concesso dalla diocesi
di Gurk (e che solo la chiesa di Roma avrebbe il potere di censurare).
Stavolta imponendo ai partecipanti condizioni più rigide: niente divise,
canzoni bandiere e distintivi degli ustascia, niente gazebo che vendono
simboli nazisti, niente discorsi politici, niente alcool.
Non è
servito a molto. Sabato scorso sono arrivati in 10mila di ogni età dalla
Croazia, emigrati dalla Germania, veterani della guerra nella ex
Jugoslavia degli anni 90. Circa la metà degli autobus erano di croati
dalla Bosnia Herzegovina. Ingente presenza di polizia, un magistrato sul
campo, telecamere diffuse. Sette gli arresti, nove le denunce per
violazione della legge di divieto di riorganizzazione nazista. Le
violazioni però sono state di massa come hanno documentato il quotidiano
viennese der standard e numerosi siti con tanto di foto come
no-ustasa.at che fornisce anche dettagliata informazione sul
revisionismo storico croato. Magliette col ritratto di Ante Pavlevic,
capo dello stato fantoccio croato Ndh filonazista, bandiere a scacchiera
bianco rosso, quella degli ustascia, magliette con la scritta Hos
(forza di difesa croata, ala paramilitare del partito croato dei diritti
durante la guerra degli anni 90). Presenti alla cerimonia sul Loibacher
Feld il presidente del parlamento croato Goran Jamdrokovic, (il suo
predecessore aveva tolto il patrocinio rifiutando l’invito al «party
degli ustascia») i ministri della difesa e delle proprietà statali.
Nel
1945 a fine guerra le milizie ustascia inquadrate nella tredicesima
divisione di montagna della SS fuggirono verso la Carinzia per non
essere catturati dai partigiani, con l’intento di arrendersi agli
inglesi alcuni, altri combattendo fino all’ultimo. Gli inglesi
stazionati in Carinzia li consegnarano ai partigiani dell’esercito
jugoslavo. A migliaia allora sulla strada del ritorno furono
giustiziati, secondo lo storico croato Slavko Goldstein si tratta di
circa 45mila persone. Bleiberg è diventato così il simbolo del massacro,
della «via crucis croata», rimuovendo il fatto che le vittime non erano
civili comuni ma massacratori. Infatti Zelimir Puljic arcivescovo di
Zadar che patrocina dal 2003 la manifestazione di Bleiburg nel suo
discorso non fa nessun cenno ai crimini nazisti, come se la storia
iniziasse nel 1945. Non stupisce, nel dibattito croato sull’uso pubblico
del saluto fascista «Za dom spremni», per la patria pronti, Puljic ha
difeso il diritto dell’esercito croato di poterlo usare. Una lapide con
inciso «Za dom spremni» era stato affisso persino in un luogo come
Jasenovac – in seguito rimosso- dove gli ustascia croati crearono e
gestirono un campo di sterminio, l’unico non gestito da tedeschi o
austriaci. Lì uccisero tra 80-100mila persone, a maggioranza ebrei e
serbi come documenta uno studio presentato inizio maggio a Zagabria.
Globalmente, secondo fonti americane gli ustascia avrebbero assassinate
tra le 700-800mila persone a maggioranza serbi.
«Za dom spremni»
sabato campeggiava ovunque, leggermente modificato, solo «za dom», per
la patria, o solo le iniziali zds per evadere la legge di divieto. Per
la prima volta quest’anno vi è stato anche una contro manifestazione.
Circa 150 attivisti antifascisti da Austria, Croazia, Slovenia e Italia
(Antonia Romana di transform Italia) hanno creato una preziosa rete.