il manifesto 13.5.18
La fisica irriverente di Richard Feynman
Anniversari.
Il celebre scienziato avrebbe compiuto cento anni l’11 maggio. Tra i
protagonisti del Novecento, anticipò i computer ma esplorò anche la
musica e l’arte. Insofferente all’autorità a Los Alamos si prese gioco
dell’Fbi, ma fu contestato dalle femministe in ateneo
di Andrea Capocci
Venerdì
11 maggio, il grande fisico Richard Feynman avrebbe compiuto cento
anni. È stato uno degli scienziati più popolari del secolo. Insieme a
Julian Schwinger e Sin-Itiro Tomonaga, vinse il premio Nobel per la
fisica nel 1965 per le ricerche sull’elettrodinamica quantistica, cioè
sulle leggi che governano le interazioni tra le particelle elementari e
la luce. Ma in carriera si dedicò a tutte le forze fondamentali della
natura, fino ai quark e alla gravità. In un sondaggio della rivista
Physics World, i colleghi lo inclusero tra i dieci fisici più importanti
della storia, al settimo posto dopo Galileo Galilei e prima di Dirac.
NATO
A NEW YORK da una famiglia ebrea, Feynman ha dato un contributo
notevolissimo alla fisica del Novecento. Oltre alle sue azzeccate
previsioni teoriche su fotoni ed elettroni, ci ha lasciato in eredità
una cassetta degli attrezzi imprescindibile per qualunque ricercatore.
Ogni studioso delle interazioni fondamentali oggi utilizza i cosiddetti
«diagrammi di Feynman» per capire cosa succede quando le particelle
interagiscono tra loro. Allo stesso tempo, i «diagrammi» sono uno
strumento di calcolo matematico indispensabile e una visualizzazione
grafica potentissima. Quando, negli anni ‘50, Feynman spiegò le regole
dei suoi «disegnini» (li definiva così lui stesso), rivoluzionò il
campo. Un segmento continuo rappresentava un elettrone, uno ondulato un
fotone, i bosoni W e Z corrispondevano a linee tratteggiate, e per
calcolare la probabilità di un certo fenomeno fisico bisognava capire
come questi elementi base potevano combinarsi. Nei laboratori di fisica
delle particelle, i calcoli si fanno ancora così. A fine carriera si
dedicò allo sviluppo dei calcolatori, e anticipò l’avvento delle
nanotecnologie e dei computer «quantistici», immensamente più veloci di
quelli che usiamo oggi.
Come racconta la migliore biografia di
Feynman, quella scritta da James Gleick, i «diagrammi» addirittura
infastidivano gli scienziati più anziani, convinti che i giovani
avessero a disposizione un’arma difficile da controllare – stiamo
parlando di un modo di calcolare gli integrali, non di una moto da
corsa. Anche per il coetaneo Schwinger, «come i chip di silicio negli
anni più recenti, i diagrammi di Feynman hanno portato il calcolo alle
masse», e rappresentano «pedagogia, non fisica». Schwinger non intendeva
complimentarsi, ma forse raccontò meglio di tutti l’impatto della nuova
tecnica matematica.
Pochi fisici sono stati altrettanto capaci di
diventare personaggi pubblici nell’era della comunicazione di massa.
Oltre a lui, si citano i soliti Einstein, Sagan o Hawking, oppure
fenomeni nostrani come Margherita Hack e Carlo Rovelli. Hawking, Hack e
colleghi hanno raggiunto la fama soprattutto in quanto abilissimi
divulgatori del loro campo di ricerca, e solo in seguito l’attenzione si
è spostata sulle loro biografie. Einstein, invece, se la conquistò con
le scoperte.
Il caso di Feynman, invece, è anomalo. Oltre ad
essere uno scienziato di prim’ordine, è quello che più si è impegnato
nell’insegnamento della fisica, cosa diversa dalla divulgazione. Dal
punto di vista editoriale, il suo maggior successo è un manuale, le
Feynman Lectures on Physics. Un libro di testo introduttivo ma niente
affatto divulgativo, amatissimo dai fisici (lo possiedono quasi tutti)
per la brillantezza e l’originalità, ma ritenuto troppo difficile per
essere adottato nelle università. È la trascrizione fedele del suo corso
di fisica all’Università Caltech di Pasadena, in California: lezioni
preparate in maniera maniacale, con esempi geniali e un’esposizione
teatrale, ma senza perdere un briciolo di rigore teorico. A Caltech,
dove rimase dal 1952 alla morte, fu un insegnante amatissimo.
AL
DI LÀ DEGLI STUDENTI, la fama di Feynman è invece legata al suo
personaggio geniale e politicamente scorretto. Il grande pubblico,
infatti, lo conosce soprattutto per un’autobiografia scritta in due
parti in cui di fisica si parla poco o nulla, Sta scherzando, Mr.
Feynman! (Zanichelli) e Che t’importa di ciò che dice la gente?
(Adelphi). I due libri portano entrambi nel sottotitolo «avventure di
uno scienziato curioso». Effettivamente ciò che ha trasformato Feynman
da grande scienziato a mito è la sua insaziabile curiosità, che lo
portava ad assumere posizioni politicamente scomode e a dedicarsi con lo
stesso rigore a hobby inconsueti per un fisico teorico.
Feynman
si era fatto notare già durante gli anni della guerra. Era stato tra i
primissimi e più giovani collaboratori del segretissimo «Progetto
Manhattan», in cui gli scienziati misero a punto la bomba atomica di
Hiroshima. A Los Alamos, nel deserto in cui si svolgevano le ricerche,
Feynman stupiva tutti per irriverenza sia dentro che fuori i laboratori.
Fece ammattire gli agenti che controllavano gli scienziati, perché si
divertiva a aprire le cassaforti in cui venivano nascosti i segreti
militari. Scriveva lettere in codice alla moglie (che morì di
tubercolosi proprio in quel periodo) regolarmente scambiate per
spionaggio tanto che l’Fbi accumulò un nutrito dossier su di lui
all’epoca del maccartismo. In realtà, Feynman non aveva nulla della spia
sovietica. Era iscritto alle liste degli elettori repubblicani, non
nutriva alcuna fiducia nei governi e al momento del servizio militare
(quando era già uno scienziato famoso) fece il matto fino a farsi
riformare per ragioni psichiatriche.
La curiosità di Feynman lo
portò anche a suonare professionalmente la frigideira (uno strumento
musicale simile a una padella) al carnevale di Rio, i bonghi nelle
foreste, a testare sostanze allucinogene, diventare un artista
apprezzato con lo pseudonimo di Ofey, frequentare i locali di striptease
senza nascondersi. Abitudini anomale che oggi sarebbero giudicate meno
teneramente.
IL SECONDO MATRIMONIO finì per gli atti di «estrema
crudeltà» sul piano fisico e psicologico inflitti alla moglie e
confessati dallo stesso scienziato. Le relazioni con le studentesse di
Caltech, alle quali però nascondeva il suo status di professore, non
sarebbero ammesse nelle università attuali, né le sue richieste di
posare per dei nudi. Le femministe lo contestavano già in vita, in ogni
caso. Come lui stesso racconta in Che t’importa di ciò che dice la
gente?, non gli perdonavano il ricorso ai luoghi comuni maschilisti nei
suoi esempi, come quello della donna al volante che discute di velocità
con un poliziotto che la multa, e glielo comunicavano interrompendo le
sue conferenze.
L’insofferenza per l’autorità durò fino agli
ultimi anni, quando Feynman ebbe un ruolo di primo piano nella
commissione Rogers che indagò sull’esplosione dello Shuttle del 1986: vi
persero la vita sei astronauti e un’insegnante, Christa McAuliffe, la
prima docente destinata a volare nello spazio. Fu proprio Feynman a
scoprire cosa non andasse in alcune insignificanti guarnizioni di gomma e
a rivelare la catena di errori organizzativi che aveva portato la Nasa a
un disastro che poteva essere evitato. Feynman dovette minacciare di
cancellare la firma dalla relazione finale per ottenere che i dettagli
più scomodi non fossero censurati da Rogers.
LA STESSA VIVACITÀ
intellettuale, tuttavia, non lo avvicinò mai alla filosofia, tantomeno
alla filosofia della scienza. Considerava un sintomo della crisi di
mezza età le riflessioni sul ruolo della scienza nella società, e
riteneva che i filosofi della scienza fossero utili agli scienziati
«quanto gli ornitologi sono utili agli uccelli». Attribuì al matematico
John Von Neumann il consiglio di non sentirsi responsabili del mondo in
cui si vive: «dopo quel consiglio ho sviluppato un potentissimo senso di
irresponsabilità sociale, e da allora sono stato un uomo felice»,
scrisse Feynman. Tale leggerezza deve averlo aiutato non poco,
soprattutto quando molti suoi colleghi riflettevano sul ruolo avuto
dalla scienza nel conflitto mondiale e nella guerra fredda.
Con la
stessa facilità poteva accettare inviti dall’Urss e poi declinare su
consiglio governativo, sottrarsi all’esercito simulandosi folle ma
dedicarsi a tempo pieno a una commissione di inchiesta sulla Nasa, farsi
beffe della censura militare ma votare per Eisenhower alle elezioni
presidenziali. Morì a 69 anni di tumore nella sua casa californiana e
adesso è sepolto a Mountain View, a due passi dai laboratori in cui
Google sperimenta i computer quantistici che lui aveva previsto. Oggi
gli avrebbero chiesto consiglio in tanti, da Trump in giù. Quanto si
sarebbe divertito.