il manifesto 13.5.18
Igino, un’enciclopedia del Mito per la rifondazione augustea
Letteratura
latina. A Gaio Giulio Igino, un grammatico d’origine iberica, Augusto
aveva affidato la direzione della Biblioteca Palatina. Le sue «Fabulae»
rivivono in un’edizione a cura di Fabio Gasti, per la Rusconi Libri
di Francesco Massa
«Roma
è un luogo di incontro degno per tutte le divinità». Così si esprime –
nella rappresentazione poetica dei Fasti di Ovidio (IV, 270) – la dea
Cibele, la grande Madre degli dèi, sul punto di lasciare le coste
dell’Asia Minore per recarsi nella capitale dell’impero, dove il suo
culto sarà integrato nel pantheon romano. La rappresentazione di Roma
come città-mondo e come microcosmo in cui confluiscono senza
interruzione uomini, donne, costumi e pratiche provenienti da ogni parte
del mondo abitato, si diffonde negli autori dell’età augustea e segnerà
gran parte della produzione letteraria imperiale. Dopo un ventennio di
sanguinose guerre civili che avevano opposto Cesare e Pompeo, prima, e
Antonio e Ottaviano, poi, la propaganda ufficiale celebrava l’età
augustea come un’epoca di pace e di rifondazione. Una rifondazione che
perseguiva l’obiettivo di riformare vari aspetti della vita di Roma e
dei territori in cui si estendeva il suo dominio e che concentrava i
suoi sforzi in particolare sulle riforme delle istituzioni politiche e
sul riassetto urbanistico della capitale. Ciò non significa, certo, che
le tensioni interne si fossero definitivamente sopite, ma la superficie
che la propaganda imperiale presenta è apparentemente liscia e priva di
venature. I versi dei Fasti di Ovidio, che ripercorrono le festività
religiose del calendario romano raccontandone le origini, si inscrivono
in questo nuovo progetto culturale e politico.
La direzione della Palatina
In
questi anni di pacificazione e di profonda riorganizzazione
dell’imperium di Roma, Augusto aveva affidato a Gaio Giulio Igino la
direzione della Biblioteca Palatina, fatta costruire nel 28 a.C., dunque
all’inizio del principato augusteo, in prossimità del tempio di Apollo,
sul colle che ospitava le dimore delle famiglie patrizie e dello stesso
Augusto. A questo Igino, grammatico di origine iberica, allievo dello
storico greco Alessandro Poliistore e amico del poeta Ovidio, la critica
attribuisce – anche se non all’unanimità – la paternità di una sorta di
manuale di mitologia, le Fabulae, di cui Rusconi Libri pubblica una
nuova edizione a cura di Fabio Gasti, Miti del mondo classico (testo
latino a fronte, pp. 464, € 28,00). Il volume inaugura una nuova collana
di classici greci e latini diretta da Anna Giordano Rampioni e
destinata non soltanto agli specialisti, ma anche e soprattutto «ai
giovani, curiosi dell’antico» poiché, come sosteneva Mario Vegetti,
citato nella presentazione della collana, «l’accesso alle culture
antiche è un diritto».
Tutti i testi del mondo greco e romano –
che leggiamo ancora oggi – portano spesso, nelle loro pagine, i segni
del lungo percorso che hanno compiuto per giungere fino a noi, un
cammino fatto di trascrizioni, copie, alterazioni, iniziato
nell’antichità e mai veramente concluso. Per le Fabulae di Igino, solo
due passi sono stati trasmessi dalla tradizione manoscritta, mentre
conosciamo una parziale traduzione in greco attribuita al grammatico
latino Dositeo, databile all’inizio del III sec. d.C., che testimonia
peraltro il successo conosciuto dall’opera anche nel mondo culturale
ellenofono. Il testo di Igino, così come lo possiamo leggere oggi,
invece, deriva dalla prima edizione a stampa, pubblicata a Basilea nel
1535 dall’umanista tedesco Jakob Möltzer che si era basato sul testo di
un manoscritto lacunoso e in alcuni punti illeggibile, oggi andato
perso. Il titolo Fabulae deriva proprio da questa edizione
cinquecentesca: il termine rimanda alla radice del verbo latino fari –
«dire», «raccontare» –, che rappresenta quindi il corrispettivo perfetto
della parola greca mythos. L’opera è composta da due sezioni diverse:
la prima presenta una teogonia, declinata come una lista di divinità e
inaugurata, come quella esiodea, da Caos; la seconda contiene una
raccolta di 277 racconti mitici che ricostruiscono gli episodi
principali delle grandi saghe mitologiche antiche, ma che hanno il
vantaggio di poter essere letti anche singolarmente. Anche in questa
seconda parte, l’esposizione dei miti si fonda, prima di tutto, su un
aspetto genealogico: «Atamante, figlio di Eolo», così ha inizio la
Fabula 1. Il legame familiare è il primo aspetto che Igino sceglie di
evidenziare nella costruzione della sua ‘enciclopedia’. Le strutture di
dipendenza familiare possono essere espresse tanto attraverso una
parentela genealogica, quanto attraverso le politiche matrimoniali.
Accanto a questi aspetti, poi, Igino sceglie di dare ampio rilievo alla
prossimità geografica dei miti che racconta al suo pubblico. La
cartografia genealogica e geografica si presenta dunque come la cifra
specifica della raccolta.
Igino è stato spesso considerato modello
per eccellenza della tradizione mitografica latina, così come
Apollodoro lo è stato di quella greca. Ci si può chiedere che senso
abbia l’operazione di Igino negli anni della pax Romana garantita da
Augusto e in che modo le Fabulae si inseriscano nel disegno di più ampio
della propaganda augustea. È possibile, infatti, che il concepimento di
questa raccolta sulle tradizioni mitiche del mondo antico risponda
anche a un segno dei tempi: ripensare e riorganizzare il patrimonio
mitico, è anche questo un modo – colto ed erudito – di partecipare alla
rifondazione cantata dalla propaganda augustea?
Innumerevoli versioni letterarie
La
pubblicazione, oggi, delle Fabulae ha il merito di portare
all’attenzione di un pubblico più ampio, e non solo degli specialisti,
le ricerche recenti sulla mitografia. Gli studiosi concordano sul fatto
che i «miti» non esistono al di fuori delle loro innumerevoli versioni
letterarie o iconografiche. In questo senso, le raccolte mitografiche
prodotte nell’Antichità e che tanto hanno influenzato la nostra maniera
di intendere la mitologia – basti pensare al ruolo di Igino e Apollodoro
nella stesura dei vari Dizionari di mitologia –, non devono essere
considerate delle mere compilazioni: ogni testo mitografico è il
risultato di scelte autoriali precise che hanno adattato, organizzato,
selezionato i racconti mitici, secondo una logica ben precisa. Da questo
punto di vista, i mitografi, così come i poeti (e si pensi anche solo
alle Metamorfosi di Ovidio, per restare nello stesso contesto
culturale), utilizzano i racconti mitici con uno scopo ben preciso e
sono detentori di un sapere specifico, dotato di regole e strategie
retoriche proprie. Il caso delle Fabulae di Igino non è diverso: Gasti
rileva, nel suo saggio introduttivo, come il testo fosse pensato per un
ambito scolastico, con l’obiettivo non solo di fornire agli studenti una
competenza mitologica, ma anche di proporre loro un esercizio nella
traduzione dal latino. Il ricco apparato di note di questa nuova
edizione della Rusconi Libri restituisce la complessità della struttura e
dell’erudizione delle Fabulae.
Tre motivi sono individuati dal
curatore per motivare l’importanza di questo rinnovato interesse nei
confronti di Igino. Il primo è prettamente scolastico, poiché Igino fa
parte di quegli autori considerati «facili» che hanno un posto garantito
nelle antologie delle scuole: leggere e tradurre le Fabulae permette
agli studenti di «estendere le competenze linguistiche e
storico-letterarie in direzioni di altri autori e di altre storie
mitologiche» (p. xxxv). Il secondo è più specificatamente filologico,
poiché il testo di Igino è un banco di prova utile per interrogarsi
sulla storia della trasmissione dei testi antichi che non ci sono
pervenuti senza percorsi accidentati. Il terzo e ultimo è l’interesse
dell’opera come strumento di riflessione sulle molteplici versioni dei
racconti mitici antichi, di cui Igino è talvolta l’unico testimone.
Lo
studio dei mitografi antichi non è solo un vezzo da eruditi. Questi
testi hanno conosciuto una circolazione importante e vasta non solo nei
secoli dell’Antichità, ma anche e soprattutto nel Rinascimento e nel
mondo moderno. Autori come Igino, Apollodoro, Antonino Liberale – fra
gli altri – hanno costituito, e continuano a essere, una fonte
essenziale per la conoscenza e la comprensione della mitologia greca e
romana.