Il Fatto 4.5.18
Un crac tira l’altro: nuova indagine per mamma
Renzi Tutto in casa - La Procura di Cuneo ha spedito un avviso di
garanzia per “bancarotta fraudolenta” a Laura Bovoli: strano giro di
soldi
di Davide Vecchi
Un “sistema
di fallimenti dolosi”. La carriera imprenditoriale della famiglia Renzi
rischia di trasformarsi nella sintesi vergata dal procuratore aggiunto
di Firenze, Luca Turco, insieme al pubblico ministero Christine von
Borries, sugli atti di un fascicolo relativo alla cooperativa di servizi
Delivery Service, ultima delle tante aziende create dai genitori
dell’ex premier e chiusa nel 2015. Un fascicolo che vede coinvolti nel
fallimento sia Laura Bovoli sia Tiziano Renzi, madre e padre dell’oggi
segretario del Pd e senatore Matteo. I due sono indagati insieme
all’amico imprenditore Luigi Dagostino sempre dagli stessi pm fiorentini
anche in un secondo fascicolo, questa volta per false fatture emesse
dalla Party srl, altra azienda della famiglia di Rignano sull’Arno. E se
il padre era stato indagato e poi prosciolto dalla Procura di Genova
per la bancarotta della Chil Post – una delle prime creature
imprenditoriali della famiglia – la signora ha appena ricevuto un nuovo
avviso di garanzia per bancarotta fraudolenta documentale dalla Procura
di Cuneo, come riportato ieri dal quotidiano La Verità. Delivery,
Party, Chil Post. Tutte le aziende e le indagini svolte da tre diverse
Procure negli ultimi anni riportano al cuore delle attività familiari:
alla società Eventi 6, oggi presieduta da Bovoli e posseduta insieme
alle due figlie Matilde e Benedetta Renzi. Questa ditta è stata sempre
messa in salvo e tutelata dalla famiglia di Rignano. Qui venne
trasferito il “dipendente” Matteo Renzi, unico assunto a tempo
indeterminato e nominato dirigente poche settimane prima che diventasse
presidente della Provincia di Firenze. E qui è stato accantonato e
graziato dai vari fallimenti il trattamento di fine rapporto che poi nel
2014, appena nominato premier, il beneficiario ha incassato: circa 48
mila euro lordi. Ma non accantonati dalle aziende: tutti contributi
figurativi, dello Stato quindi, versati prima dalla Provincia e poi dal
Comune di Firenze negli anni in cui ha guidato questi enti. Un tesoretto
messo miracolosamente al riparo, considerati i numerosi fallimenti
registrati nei dieci anni dalle aziende di famiglia. La Eventi 6 è
sempre stata appena sfiorata dalle indagini. Fino a oggi. I magistrati
di Cuneo guidati da Francesca Nanni hanno individuato una serie di
operazioni effettuate tra la società e la Direkta srl, un’azienda
cuneese fallita nel 2014 e guidata da Mirko Provenzano. Gli inquirenti
hanno scoperto che in particolare negli anni tra il 2011 e il 2012 c’è
stato un fitto rapporto tra le due aziende. Fitto quanto poco chiaro: la
Direkta pagava la Eventi 6 con assegni coperti da versamenti che la
Eventi 6 prima faceva alla Direkta. Quando necessario, in pratica, da
Rignano partivano fondi in direzione Cuneo che poi tornavano a Rignano.
I magistrati piemontesi hanno trasmesso degli stralci di indagine sia
ai colleghi fiorentini – che stanno a loro volta compiendo accertamenti
sulla Eventi 6 – sia ai pm di Genova che avevano indagato papà Tiziano:
nelle carte liguri, infatti, era già spuntata la società Direkta e
Provenzano. Ma soprattutto era già emerso un sistema di pagamenti molto
simile. Il fascicolo era relativo alla Chil Post che Renzi senior aveva
affidato nel 2010 a Mariano Massone e da quest’ultimo portata al
fallimento. Secondo l’ipotesi investigativa si trattava di una cessione
esclusivamente mirata ad “allontanare da Rignano i guai della società”
considerato il “crescente impegno politico” del figlio Matteo. Nel
prospetto depositato per la richiesta di concordato i debitori con
maggiore esposizione con la Chil erano cinque aziende: Directa, One.Post
Nordovest, Direkta, Kopy 3 e M.P di Provenzano. Il pm ligure Marco
Airoldi ricostruisce il flusso di denaro e scopre che Provenzano era una
vecchia conoscenza di Massone e che le cifre e i versamenti dichiarati
non tornano. Scopre, anzi, che Chil pur esigendo dei crediti aveva
compiuto dei versamenti a Direkta. Il pm annota: “Dalle indicazioni
fornite dai due curatori (delle due società, ndr) emerge una discrasia
sull’ammontare complessivo delle fatture” ma conclude che “tali
discrasie appaiono frutto di meri errori di registrazione”. Così il 7
ottobre 2015 il sostituto Airoldi chiede l’archiviazione per Tiziano
Renzi dal reato di bancarotta per distrazione. Ora l’inchiesta svolta
dai magistrati di Cuneo fornisce dei pezzi all’epoca mancanti sui
rapporti tra le società di Provenzano e quelle dei Renzi.