sabato 26 maggio 2018

Il Fatto 26.5.18
All’improvviso tutti scoprono la Costituzione
di Andrea Pertici

ordinario di diritto costituzionale a Pisa

La lunga fase di formazione di questo governo ha avuto un merito: la riscoperta della Costituzione anche da parte di coloro che da anni la trattano con grande disinvoltura, cercando di modificarla piuttosto che di rispettarla. L’attenzione si è fatta particolarmente forte quando il M5S ha avviato un confronto politico con la Lega, producendo il testo di un accordo di governo, di prassi in Germania, ma che in Italia ha destato reazioni che vanno dallo scandalo all’irrisione, fino a un’infondata preoccupazione per le procedure costituzionali.
Questa rinnovata attenzione per la Costituzione consiglia di stare al testo dell’art. 92, secondo cui “Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”. Ora, non è una novità che i partiti politici che intendono sostenere il governo avanzino richieste di ministeri per loro esponenti o per personalità d’area. Questo accade da sempre in Italia come altrove. Naturalmente, è vero che queste richieste debbono essere formulate in modo da risultare rispettose dei ruoli istituzionali riservati al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio, ma ciò non toglie che, ove un partito si ritenesse eccessivamente deluso rispetto alle proprie richieste, probabilmente non voterebbe la fiducia, come fece, ad esempio, il Pri rispetto al settimo governo Andreotti. Mentre in quel caso, però, l’appoggio non era determinante, per il nascituro governo Conte, quello di ciascuno dei due soli partiti che compongono la maggioranza lo è.
La questione di cui però più si discute da alcune ore è se il presidente della Repubblica possa bloccare la nomina di uno o più ministri. In merito, il già ricordato art. 92 è – come spesso accade – sintetico, lasciando aperti i margini per una sua applicazione che risente anche degli equilibri politici che vengono a determinarsi. È chiaro però che la nomina spetta al presidente della Repubblica, come lo è altrettanto che il medesimo non può procedere autonomamente, ma solo su impulso del presidente del Consiglio che avanza la proposta.
Per comprendere cosa possa eccepire il presidente della Repubblica rispetto alla proposta del presidente del Consiglio dobbiamo fare riferimento al suo ruolo, che – come noto – è di garanzia ed estraneo alla determinazione dell’indirizzo politico. Quindi, egli, ad esempio, non solo potrebbe, ma addirittura dovrebbe, respingere proposte di persone prive dei requisiti (ad esempio interdette dai pubblici uffici) e certamente potrebbe – come si dice abbia fatto – non accogliere proposte fortemente discutibili sul piano dell’opportunità, come la nomina del proprio difensore di fiducia a ministro della Giustizia.
Viceversa, in considerazione del suo ruolo non politico, il presidente non può respingere una proposta perché le idee politiche del ministro indicato non gli piacciono, a meno che queste non finiscano per incidere sullo stesso assetto costituzionale della Repubblica, a partire dai suoi principi fondamentali, di cui il presidente è garante. Infatti, il suo ruolo, prima di risultare dalla individuazione dei singoli poteri, è raccolto nell’art. 87, comma 1, della Costituzione in base al quale egli è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Certamente questi confini non sempre risulteranno tracciati in modo netto, ma soprattutto in una situazione delicata come quella relativa alla formazione di un governo che unisce forze politiche distanti tra loro, il presidente della Repubblica e quello del Consiglio saranno prudenti nel reciproco riconoscimento degli spazi che il ruolo, più ancora che la lettera della Costituzione, assegna loro. Altrettanto prudentemente, e con discrezione anche maggiore, però, devono muoversi le forze politiche di maggioranza; altrimenti il risultato più probabile è quello portare nell’immediato al fallimento della formazione dell’esecutivo.