Il Fatto 25.5.18
Zerocalcare riesce a ritrovare se stesso per diventare adulto tra le “macerie prime”
di Stefano Feltri
C’è
chi passa una vita in analisi per accettare i propri limiti e trovare
uno spazio nel mondo e chi, come Zerocalcare, disegna fumetti. Esce ora
per Bao la seconda parte di Macerie prime e – come per Loro di Paolo
Sorrentino – è soltanto con l’opera completa che si capisce davvero il
senso, lo scopo. Nel primo volume Zerocalcare doveva rassegnarsi al
fatto che, se tutti gli altri erano ormai adulti con problemi da adulti,
anche lui doveva rassegnarsi a non rimanere eterno adolescente. L’amico
Cinghiale si sposa, aspetta una figlia, il gruppo di compagni di una
vita di centri sociali e marginalità esplode perché anche gli
irregolari, prima o poi, cercano la normalità, in questo caso grazie
all’opportunità offerta da un bando per avere fondi europei. Il secondo
tomo si apre con Zerocalcare tra le macerie di una vita di cui ha perso
il controllo: la sua coscienza abituale, raffigurata come un armadillo
nobile e generoso, ha lasciato il posto al panda dell’egoismo. Ma
Zerocalcare – alias Michele Rech – riesce faticosamente a ritrovare un
equilibrio, anche le sue paturnie da troppo successo, si capisce ora,
erano parte del tentativo di negare la complessità di una fase della
vita in cui, a 35 anni, bisogna accettare che non tutto è andato come
doveva, che gli amici non si cambiano più ma vanno capiti, coltivati e
accompagnati. Anche le abituali digressioni comiche e nostalgiche che
hanno determinato il successo di Zerocalcare qui vengono spinte ai
margini da una narrazione autentica, perché sofferta, che pur con uno
stile molto diverso ricorda la traiettoria narrativa dell’altro grande
talento del fumetto italiano, Gianni “Gipi” Pacinotti. Il miglior libro
di Zerocalcare da molto tempo.