Il Fatto 17.5.18
Le nuove solitudini: 3 milioni di italiani non hanno nessuno
Il
rapporto Istat 2018 - Un Paese sempre più invecchiato che si regge
sulle “reti di famiglie, amici e imprese”, con sacche di esclusione
di Stefano Feltri
In
Italia anche la solitudine è una questione di classe: meno del 10 per
cento degli individui che appartengono alla cosiddetta classe dirigente
afferma di non aver nessuno su cui poter contare, una quota che sale al
25 per cento nelle famiglie degli operai in pensione che si sentono
ancora più abbandonate di quelle a basso reddito con stranieri, dove la
percentuale della solitudine percepita è al 22. L’Istat, guidato dal
professor Giorgio Alleva, ormai si è messo in competizione con il Censis
delle formule immaginifiche di Giuseppe De Rita e con il suo rapporto
annuale non si limita ad aggiornare le statistiche su conti pubblici,
lavoro e immigrati ma offre nuove chiavi di lettura della società
italiana attraverso analisi statistiche: quest’anno l’Istat racconta
l’Italia delle reti, intese come connessioni familiari, di imprese, di
istituzioni, di associazioni. E i risultati di questa analisi descrivono
un Paese diverso da quello che immaginiamo.
LE FAMIGLIE. La prima
sorpresa riguarda la famiglia. Per effetto del cambiamento demografico –
si vive più a lungo ma si fanno meno figli – il numero medio di parenti
stretti si contrae per gli anziani, che vedono morire genitori,
fratelli e cugini e hanno spesso soltanto un unico figlio cui
appoggiarsi. I giovani, invece, di parenti stretti ne hanno di più,
perché hanno nonni che vivono più a lungo ma rispetto a dieci anni fa
frequentano meno i fratelli (per l’ovvia ragione che di fratelli e
sorelle ne hanno sempre meno, con il trionfo dei figli unici). Ognuno di
noi ha una rete di familiari composta, in media, da 5,4 parenti stretti
e 1,9 tra zii, cugini, cognati, suoceri.
GLI ISOLATI. Dai dati
dell’Istat risulta che il 20 per cento dei maggiorenni dichiara però di
non avere alcuna persona su cui fare affidamento, l’80 per cento invece
cita almeno un parente. Ma la famiglia, per quanto importante, non è
l’unica rete di cui si ha bisogno. Ci sono sei milioni di italiani con
più di 14 anni che dichiarano di avere più reti e relazioni: il 60 per
cento si appoggia agli amici ma ben 3 milioni, invece, dichiarano di non
avere nessuno fuori da quella manciata di parenti stretti che gli sono
toccati in dote per nascita. E, comunque, le famiglie composte da una
persona sola (ammesso che abbia senso chiamarle famiglie) sono passate
dal 21,5 per cento del 1997-1998 al 31,6 per cento del 2015-2016. Anche
ammesso che questo dato vada preso un po’ con le pinze perché potrebbe
non considerare alcuni rapporti di coppia flessibili o comunque non
sanciti dal matrimonio, l’Istat ci ricorda che “stare soli, per quanto
sempre più spesso sia anche una scelta, non rende più felici”. Questi
nuovi single sono quelli che “indicano con meno frequenza punteggi alti
per la soddisfazione per la propria vita, in generale e con riferimento
alle relazioni famigliari. Tra questi solitari si salvano quelli con un
livello di istruzione elevato che compensano l’assenza di famiglia con
una maggiore “partecipazione culturale”: l’indice è pari a 47,3 per
cento tra i laureati, soltanto 3,1 per cento tra chi ha la licenza
elementare.
Incubo pensione. Altra sorpresa: la pensione tanto
desiderata da chi vota Lega e Cinque Stelle sperando nella riforma della
legge Fornero non è quel momento di serenità e riposo che tanti si
attendono. Assomiglia piuttosto a un deserto culturale: nel 2016 gli
italiani che non hanno svolto alcuna attività culturale nei precedenti
dodici mesi era del 18,6 per cento, ma la percentuale sale all’aumentare
dell’età, fino ad arrivare al 49,7 per cento tra le donne over 75 (per
gli uomini della stessa fascia è al 32). Sono persone che in un anno non
hanno mai letto quotidiani, libri, non sono mai andate al cinema, a
teatro o a un concerto. Quando il tempo libero aumenta, sembra
subentrare l’apatia. Le coppie senza figli con entrambi i partner sotto i
65 anni che frequentano gli amici almeno una volta a settimana sono il
64,2 per cento. Una percentuale che scende al 55,3 tra le coppie che
sono sopra la soglia di età dei 65 anni. A volerne trarre delle
conseguenze politiche, verrebbe da dire che bisogna tenere le persone
agganciate al mondo del lavoro, magari riducendo il numero di ore (e i
salari), perché appena vanno in pensione ed escono dalle reti a cui si
sono appoggiate per una vita tendono a isolarsi, soprattutto se hanno un
livello culturale basso.
LE IMPRESE. La sorpresa maggiore a cui
arriva l’Istat è però il risultato d’insieme del rapporto: le reti sono
un valore aggiunto. E questo non è ovvio nel Paese del familismo
amorale, dei figli che fanno lo stesso lavoro dei genitori,
dell’ascensore sociale bloccato. La connessione, oltre a evitare
l’isolamento delle persone, sembra la chiave per la competitività delle
imprese. Si sfaldano i distretti industriali (imprese attive nello
stesso settore che stanno nello stesso territorio e un po’ competono, un
po’ cooperano) mentre aumentano le reti di filiera lunga, aziende
connesse con partner in continenti diversi, in una catena del valore
globale che è la premessa per realizzare profitti. Lavorare da soli
espone a rischi maggiori: tra quanti ritengono probabile interrompere
l’attività nei prossimi sei mesi, sette su dieci lavorano da soli. La
connessione – umana e imprenditoriale – pare l’unica garanzia di
sopravvivenza.