giovedì 17 maggio 2018

Il Fatto 17.5.18
La prevalenza di quelli per cui Stato e privato sono uguali
di Marco Palombi


Lo stato dell’arte è questo: “E allora io vado in banca e gli dico di cancellarmi il debito!”. Ieri nei bar, in Parlamento, sui social, navigando il Manzanarre o bagnandosi nel Reno questa freddura è stata ripetuta di continuo. Persino il sito del Sole 24 Ore s’è abbandonato a facezie parlando di quella parte della bozza del programma Lega-M5S pubblicata da Huffington Post in cui si chiede la sterilizzazione di 250 miliardi di debito pubblico in mano a Bankitalia via Qe della Bce. Sul CorSera, più sobriamente, si sottolinea senz’altro il “grossolano errore” visto che, essendo soldi di Banca d’Italia, “la perdita sarebbe imposta allo stesso Paese che la decreta”. Ora, non si sa che fine farà questa proposta, ma per puro amore di dibattito ci permettiamo di citare un pezzo del Sole del 2016, ricordatoci da un collega, in cui si parla di questa ipotesi per il Giappone: “Si tratta di una forma di helycopter money, vale a dire di finanziamento monetario della politica fiscale”, che “potrebbe creare un interessante precedente”. E che succederebbe? Alla banca centrale nulla; “l’impatto di questa manovra sarebbe quella di creare maggior fiducia per consumi e economia”, mentre sui titoli di Stato l’impatto sarebbe “minimo visto che verrebbe distrutto il debito già in mano alle banche centrali” quindi “non a disposizione” del mercato. Ecco, ora bisogna chiedersi: chi può fare la battuta da cui siamo partiti? Solo uno che pensi che Stato e privato funzionino allo stesso modo, cioè un membro di quella congrega la cui prevalenza è già nota da tempo.