Il Fatto 13.5.18
Oggi Morin ne parlerà a Torino al Salone del Libro“Il ’68, rivoluzione infangata. Per gli psicanalisti fu un colpo”
“Quella parola andrebbe disinfestata. Il Maggio è stato una breccia perchè stabilì che nessun fondamento fosse certo”
di Angelo Molica Franco
“Aquell’epoca
tutto era desiderio.” Con questo ricordo laterale eppure così
affabulante, il professor Edgar Morin – figura di prestigio della
cultura contemporanea – inizia l’intervista. “Durante il maggio, le
persone incontrandosi non potevano fare a meno di chiedersi ‘Qual è il
tuo desiderio?’”. Ospite d’onore del Salone del Libro, oggi Morin
dialogherà con Mauro Cerruti nell’incontro “Sessantotto: complessità e
rivoluzione”. Ma per lui, “la parola ‘rivoluzione’ è abusata. Io stesso,
a riscrivere i miei articoli sul Maggio, la utilizzerei con cautela.
Oggi si è infangata troppo. Consiglio di sottoporla a disinfestazione.”
Per questo ha raccolto questi suoi scritti a cavallo di cinquant’anni sul Maggio sotto il titolo “La breccia”?
Il
Maggio è stato una breccia sotto la linea di galleggiamento culturale,
che lascia un segno sotto traccia: nulla di tangibile è cambiato, ma si è
giunti alla coscienza che nessun fondamento è certo.
Dove si è aperta la breccia?
Nella
condizione femminile: prima del ’68, le riviste dedicate alle donne
consigliavano di essere belle per sedurre il proprio marito; dopo il
Maggio, la problematicità della cultura investe anche i femminili, che
iniziano a parlare di come affrontare la vecchiaia o la solitudine. O
ancora, nella percezione del diverso: l’omosessualità di Roland Barthes
dava scalpore prima del Maggio, dopo nessuno se ne interessò più.
Molti
militanti dell’epoca hanno cambiato idea. Lei sembra il solo a
mantenere il proprio pensiero. Di recente, Daniel Cohn-Bendit, nel
programma “C à vous” ha detto che durante il maggio si sono dette e
fatte anche tante stronzate.
Noi lo chiamavamo Dany le Rouge ed
era un libertario. Poi, serbando il temperamento, si è scoperto
partigiano e ancora europeista. Ma non critico l’esperienza soggettiva
di chi, nell’assenza di risultati immediati, ha vissuto la disillusione
dei propri ideali.
Davvero nessun risultato immediato?
Sì,
uno. Gli studi degli psicanalisti si svuotarono perché la gente non
stava più male. In pratica hanno preso tutti a parlarsi per strada,
riscoprendo la fraternità, la convivialità: esigenze naturali che
crescendo, nell’adattarci al mondo adulto, addormentiamo. Come ogni
rivolta giovanile, anche il Maggio fu un voglia di relazione.
Ma non durò molto quella fraternità.
Perché
ritornò l’autorità del super-ego statale, che crea cittadini ansiosi di
ricchezze materiali, distanti gli uni dagli altri.
Il concetto di
fraternità è caro al presidente Macron, che per il suo impegno
europeista ha ricevuto tre giorni fa la medaglia Carlo Magno.
La
sua idea di rigenerazione dell’Europa è meritevole, soprattutto perché
l’idea di comunità culturale europea è stata degenerata dal potere
tecnocratico finanziario volto a sviluppare solo un’unità
economico-finanziaria. La condivisione culturale è necessaria tanto più
oggi che il dialogo è aperto anche con Ungheria, Polonia e Turchia che
non hanno una tradizione democratica.
Anche il dialogo interno in
Francia ha le sue difficoltà. Si discute sulla censura dell’Islam sui
media: dopo Houellebecq ed Éric Zemmour, è stato citato in giudizio in
questi giorni Pierre Cassen (di “Riposte Laique”, sito per difendere il
diritto di critica verso l’Islam) per “incitamento all’odio contro i
mussulmani”.
Anche nei confronti dell’Islam c’è stata una mancata
fraternità in passato che riverbera nelle nuove generazioni. Più dei
padri, sono i figli a ghettizzarsi, ad avvertire la repulsione.
Ricordiamoci che, da religione giudaico-cristiana, l’Islamismo è un
credo fondato sul concetto di pace. Altra cosa è il fanatismo.
Oggi
gli studenti francesi protestano per la Loi Vidal (Loi Orientation et
réussite des étudiants). Lei sarebbe dalla loro parte?
Ogni
riforma, utile o inutile, provoca una reazione collettiva ed è
un’opportunità per quel rituale iniziatico che è la ribellione. Ma il
sistema educativo francese avrebbe bisogno di essere totalmente
ripensato e di soluzioni assai diverse da una riforma così di poco
conto.