Corriere La Lettura 6.5.18
Maestri. Un socialista umanitario
Persino Bobbio ogni tanto perdeva le staffe A buon diritto
di Antonio Carioti
Norberto
Bobbio era solitamente attento e prudente nell’esprimere giudizi, ma a
volte si faceva trascinare anche lui dalla passione. Per esempio gli era
difficile guardare con serenità al fascismo, di cui aveva sperimentato
la vocazione sopraffattrice e corruttrice tipica di ogni dispotismo. E
pure le sue osservazioni critiche sullo schieramento politico a trazione
berlusconiana, per quanto non si possa certo dire che i fatti gli
abbiano dato torto, a volte debordavano nell’invettiva con un’asprezza
per lui insolita.
Riporta anche qualcuno di questi sfoghi l’ampio e
affettuoso studio che Mario G. Losano ha dedicato al suo maestro,
intitolato Norberto Bobbio. Una biografia culturale (Carocci). Un libro
che ha tra i suoi pregi maggiori proprio quello di combinare il profilo
scientifico del filosofo e il lato umano di un uomo legato alle radici
familiari e segnato per molti versi proprio dalle esperienze infantili
nelle campagne piemontesi. Per quanto si fosse poi nutrito di tante
letture ed esperienze intellettuali, il socialismo di Bobbio era
sbocciato nelle estati di vacanza trascorse nella località d’origine
della famiglia materna, in provincia di Alessandria: «A Rivalta —
avrebbe ricordato ormai anziano, nel 1995 — giocavo con i bambini del
paese che non sapevano parlare italiano, andavano scalzi, erano vestiti
con una camiciola e con calzoncini tenuti su con lo spago. Non ho mai
sentito alcuna differenza tra noi, i signori, e loro, i contadini. Ho
imparato che gli uomini sono uguali».
Al tempo stesso Bobbio era
ben consapevole che la civiltà borghese, per quanto ingiusto potesse
apparire il suo assetto sociale, aveva prodotto una strumentazione
preziosa per difendere il cittadino dagli abusi del potere. Come emerge
dal suo libro Locke e il diritto naturale, edito da Giappichelli con
un’introduzione di Gaetano Pecora, considerava fondamentale il ruolo
storico svolto dal giusnaturalismo illuminista, anche se ne giudicava
infondato l’impianto teoretico. In fondo il lungo impegno culturale di
Bobbio nell’ambito della sinistra, che gli è spesso stato rimproverato
per la sua disponibilità al dialogo senza pregiudiziali con i comunisti,
ha sempre avuto l’obiettivo di unirla su un terreno socialdemocratico,
coniugando esigenze egualitarie e diritti dell’individuo. Ma i partiti
erano troppo presi dai loro miti o dalle loro convenienze per ascoltare i
suoi appelli, salvo ricercarne affannosamente l’autorevole avallo
quando ne sentivano il bisogno.
Era ovvio che la destra cercasse
invece di delegittimarne il magistero. Se fosse mai stata davvero
liberale, avrebbe potuto rimproverare a Bobbio una visione statica della
distinzione fra destra e sinistra, fondata sul discrimine della
disuguaglianza, e una certa sottovalutazione dei benefici prodotti dal
mercato. Ma, confessando implicitamente una profonda incultura,
preferiva in genere attaccarlo sul piano personale, compiacendosi delle
umiliazioni che erano state inflitte a Bobbio dal fascismo negli anni
Trenta, quando non aveva avuto la temerarietà di rinunciare alla
carriera accademica, rischiando magari il confino o il carcere, per non
piegarsi alla prepotenza della dittatura. Non ha torto Losano quando
definisce quella polemica un «mirato travisamento della situazione
reale».
In fondo però Bobbio risultava scomodo anche a sinistra.
Faceva notare al Pci la sua schizofrenia tra ideologia leninista e
prassi compromissoria. Aveva assecondato il rinnovamento del Psi di
Craxi, per poi marcare le distanze, a volte anche bruscamente, dalla
piega personalistica e spregiudicata che aveva preso la sua leadership.
Aveva scandalizzato il pacifismo antiamericano di molti suoi ex allievi,
notando che l’intervento contro l’invasione irachena del Kuwait, nel
1991, era giustificato sul piano del diritto internazionale. Non aveva
esitato a schierarsi in linea di principio contro l’aborto, da lui
considerato comunque un male in quanto lesivo del diritto alla vita,
proprio in occasione del referendum promosso dai cattolici sulla legge
194.
Aveva il dono di analizzare le questioni con precisione e
chiarire i concetti, ma coltivava sistematicamente la virtù del dubbio, a
volte anche dell’autocritica. Carattere riflessivo e mite, scevro
dall’aggressività gratuita, Bobbio nel dibattito pubblico di oggi,
sempre alla ricerca dell’effetto suggestivo e della battuta
scoppiettante, sarebbe stato un pesce fuor d’acqua. E c’è da scommettere
che il teatrino politico attuale l’avrebbe inorridito. Meglio che gli
sia stato risparmiato.