Corriere 5.5.18
Storie di anaffettivi
L’elenco di chi non
prova sentimenti è molto lungo, soprattutto tra le star di Hollywood. Lo
psichiatra: alcuni se ne vantano. Di certo non ritengono di doversi
curare
Claudio Mencacci, psichiatra: «L’anaffettività è un sintomo importante che riconduce ad un’ampia gamma di disturbi della psiche»
Vegetti
Finzi: «Alienazione e anaffettività sono fra gli effetti collaterali
dei social network come Facebook a causa dell’eccesso di possibilità di
stabilire relazioni
L’incapacità di amare una donna è anche il tema
del film di Marco Bellocchio Fai bei sogni (tratto dal romanzo di
Massimo Gramellini)
di Marisa Fumagalli
Cinquanta
sfumature di anaffettività. Avarizia di sé, indifferenza verso l’altro,
lieve disturbo della personalità o grave patologia, l’incapacità di
esprimere affetti non è questione odierna. Per di più, è argomento caro a
molti scrittori sul quale si sono esercitati nei loro romanzi. Uno per
tutti Madame Bovary, di Gustave Flaubert: anaffettivo il mediocre marito
di Emma e, in fin dei conti, anaffettiva anche lei, romantica
sognatrice, nei confronti della figlia. Tant’è. Ciò che un tempo si
chiamava «pudore dei sentimenti» era moneta corrente. In famiglia, nella
coppia. Certo, nessuno si sarebbe sognato di chiedere l’annullamento
delle nozze a causa di «anaffettività». Oggi succede. Basti citare una
recente sentenza della Corte di Cassazione (maggio 2012) che ha sancito
definitivamente la nullità di un matrimonio, chiesta da un uomo che si
era reso conto di non riuscire ad esprimere alcun sentimento nei
confronti della moglie. I giudici sottolineavano, tra l’altro, «il
disturbo della personalità del coniuge caratterizzato da rigidezza e
intolleranza». In sintesi, quel marito «era inidoneo a realizzare un
rapporto di comunione e condivisione».
L’incapacità di amare una
donna è anche il tema del film di Marco Bellocchio Fai bei sogni (tratto
dal romanzo di Massimo Gramellini). Rimasto orfano della madre a 9
anni, cresciuto nella difficoltà di esprimere i propri sentimenti,
Valerio Mastandrea, il protagonista del film, soffre di ansia da
relazione. In verità, la radice dell’impossibilità di amare
completamente una donna, scegliendola come compagna di vita, risiede nei
problemi emotivi dell’infanzia maschile. Alla base dell’anaffettività
spesso c’è il rapporto madre-figlio/a. Cioè il comportamento da «non
mamma» ben descritto da Silvia Vegetti Finzi, psicologa. La non mamma è
la figura centrale del suo libro autobiografico Una bambina senza stella
(Rizzoli). Pochi, efficaci tratti per definirla: «Anaffettiva, si
esprime con il poco contatto fisico; non bacia non abbraccia, parla
sempre in modo generico, senza giungere al cuore, senza condividere le
fantasie della bambina». «Che riuscirà, tuttavia, a superare il trauma
infantile. A scuola, per merito di un insegnante. Un incontro risolutivo
e salvifico», sottolinea Vegetti Finzi, aprendo uno spiraglio
all’ottimismo.
E a proposito di madri «gelide», alcuni esempi da
manuale si trovano fra le star di Hollywood. Sacha Newley, unico figlio
maschio dell’attrice inglese Joan Collins, scrive nell’autobiografia:
«Volevo solo che mia madre mi amasse, ma lei non mi ha mai abbracciato,
nemmeno quando piangevo, e mi ha sempre tenuto a distanza. Narcisista,
interessata solo alla carriera, era capace di dormire tutto il giorno
per brillare la sera». Non è da meno Christina Crawford, figlia adottiva
di Joan Crawford. Nel suo libro Mammina cara, descrive la madre come
una donna instabile, dura verso i figli, ossessionata dal proprio
inarrestabile declino. La lista di personaggi famosi considerati
anaffettivi o, quanto meno gelidamente misteriosi, è lunga. Se il
portare perennemente gli occhiali scuri è un indizio, potremmo citarne
un paio: Jacqueline Kennedy ed Enzo Ferrari.
L’anaffettività nella
coppia è un guaio serio. «Non emerge fino a che l’attrazione sessuale è
forte — nota Vegetti Finzi —. Quando declina dovrebbe subentrare la
tenerezza; o meglio, la sensualità. Se ciò non avviene la convivenza
diventa anaffettiva. È un momento delicato di passaggio che tocca tutte
le coppie. Se si è consapevoli lo si affronta meglio». Un tassello lo
aggiunge Stefano Gastaldi, docente di Psicoterapia psicoanalitica: «Di
solito sono i maschi che hanno difficoltà ad esprimersi. Soprattutto a
parole. Di fronte agli intoppi della vita a due, tendono ad esonerarsi
dallo sviscerarne le cause (e gli eventuali rimedi) discutendone con la
compagna. Fatta a pezzi la società patriarcale, l’anaffettività degli
uomini deriva dalla loro difficoltà ad accettare la dipendenza dalle
donne e la loro indipendenza».
Un dato di fatto: ciò che ieri
veniva socialmente tollerato oggi balza all’evidenza, diventa problema.
Irrisolto. «La persona anaffettiva tendenzialmente si accetta così, a
volte se ne fa vanto. Comunque sia, non pensa proprio a curarsi», dice
Claudio Mencacci, psichiatra, direttore del Dipartimento di Neuroscienze
Fatebenefratelli-Sacco a Milano. Spiega: «L’anaffettività è un sintomo
importante che riconduce ad un’ampia gamma di disturbi della psiche. Che
non riguardano soltanto la dinamica dei rapporti interni alla coppia e
alla famiglia. Penso, ad esempio, agli a-empatici che fanno soffrire il
prossimo e lo maltrattano con indifferenza. Ai narcisisti che
considerano solo se stessi. Coltivano irragionevoli aspettative, a loro
tutto è dovuto. Sono arroganti, presuntuosi. Spesso invidiosi». «Il
disturbo schizoide della personalità — continua Mencacci — produce
distacco dalle relazioni sociali, il poco interesse per la vita. Donne e
uomini solitari, senza amici o confidenti. In una parola, anaffettivi».
Non giova l’uso (e l’abuso) dei social network. Anzi. «Creano
dipendenza e distraggono», osserva Vegetti Finzi. Alienazione e
anaffettività, a quanto pare, si segnalano fra gli effetti collaterali
dei social. Insomma, l’eccesso di possibilità di stabilire relazioni
porterebbe a spezzarle più facilmente.