Corriere 4.5.18
La vedova di Liu Xiaobo «Mi resta solo una libertà: morire qui»
di Guido Santevecchi
PECHINO
È stata vista per l’ultima volta in immagini selezionate dalla censura
cinese per dimostrare l’umanità del sistema, che permetteva a Liu Xia,
vedova del dissidente e Nobel per la Pace Liu Xiaobo, di partecipare al
funerale del marito morto di cancro in detenzione nel luglio del 2017.
Una brutta messa in scena. Liu Xia, 57 anni, poetessa, è chiusa agli
arresti domiciliari senza alcuna accusa dal 2010, l’anno in cui il
marito fu condannato a 11 anni di reclusione per sovversione. E ora è
pronta a morire anche lei, a lasciarsi morire perché è l’ultima cosa,
l’unica scelta che può fare liberamente.
«Non ho niente più da
temere. Se non posso partire, morirò a casa mia. Xiaobo è già andato e
non c’è più niente al mondo per me. È più facile morire che vivere.
Usare la morte come sfida è la via più facile». Queste parole disperate
sono state pronunciate da Liu Xia in una telefonata con un amico
rifugiato in Germania, lo scrittore Liao Yiwu, che le ha registrate e
diffuse sul web.
Una conversazione di 16 minuti interrotta dal
pianto di Liu Xia, dal tentativo di rassicurarla dell’amico, che le
ricorda l’iniziativa umanitaria del governo tedesco per farle ottenere
un visto per Berlino. «Scrivi, scrivi ancora la tua richiesta... il
governo cinese dice che godi di tutte le garanzie della legge...». «Non
sono un’idiota, sono così maledettamente arrabbiata che sono pronta a
morire qui...», risponde la poetessa. Poi ricomincia a piangere, non
riesce più a parlare per alcuni minuti. L’amico a questo punto le fa
sentire una melodia Yiddish, «Dona Dona», composta durante la Seconda
guerra mondiale, durante la persecuzione degli ebrei. Liu Xia alla fine
ritrova la forza per parlare: «Dopo che l’ambasciatore tedesco aveva
telefonato, avevo cominciato a preparare i bagagli, che cosa volete che
faccia di più?».
Secondo la ricostruzione, il governo di Berlino
dopo la morte di Liu Xiaobo ha cominciato a negoziare con Pechino per
ottenere la liberazione di Liu Xia e il suo trasferimento in Germania.
Le autorità cinesi l’hanno illusa, prima le hanno detto di aspettare
fino al Congresso del Partito, lo scorso autunno (periodo «sensibile»),
poi fino alla sessione parlamentare di marzo (ancora giorni «critici»).
Invece niente. Sempre chiusa in casa a Pechino e sorvegliata dalla
sicurezza statale. Per questo ora gli amici hanno diffuso la telefonata
del 30 aprile, per tentare un’ultima pressione.
Ma intanto le
condizioni della signora si sono aggravate. A dicembre aveva mandato i
suoi ultimi versi a Herta Mueller, Nobel per la Letteratura: «Sto
impazzendo. Troppo solitaria/ Non ho nemmeno il diritto di parlare/ Di
parlare ad alta voce/ Vivo come una pianta/ Giaccio come un cadavere».