Corriere 3.5.18
Milano Oggi e domani un convegno sulla contestazione studentesca nell’università che ne fu protagonista
Il Sessantotto prima del Sessantotto Così la scintilla scoppiò alla Cattolica
di Carlo Baroni
Veniva
da lontano. Ma arrivò quasi inaspettato. Tempi e luoghi sembravano
sbagliati. Il Sessantotto degli studenti cattolici è stato un’altra
cosa. A guardarlo con gli occhi della Storia non poteva che essere così.
L’essenza del cristianesimo è (dovrebbe essere) rompere con la
tradizione, avere uno sguardo nuovo sul mondo. Un imprinting che
riaffiorò prepotente in quegli anni. Towards 1968: catholic students in
Europe during the Sixties è il tema del convegno in programma oggi e
domani all’Università Cattolica di Milano.
Proprio l’ateneo di
largo Gemelli fu l’epicentro di una rivolta che non rimase a lungo solo
giovanile e solo studentesca. E anche dire Sessantotto è, in parte
fuorviante. Come ricorda la storica Marta Busani, una delle relatrici. I
germi si potevano rintracciare addirittura dieci anni prima: nel 1958.
Quando gli studenti dell’Azione cattolica milanese scrivevano sul loro
giornale: «Siamo giovani […]. Abbiamo uno spirito sufficientemente
libero per ribellarci a ogni imposizione, per non venderci al
conformismo in cambio della tranquillità e del quieto vivere». In più
quella cattolica era una vera rete internazionale, un movimento globale
decenni prima della globalizzazione. Una rivolta che prendeva i toni e i
colori dei Paesi dove sfociava. La «guerra» alla società del benessere
dei ragazzi dell’Occidente diventava la lotta contro le dittature in
Sudamerica e dei gruppi sotterranei che si battevano contro
l’oscurantismo anti religioso dei regimi dell’Est europeo.
In
Italia, a Milano, in Cattolica «il movimento studentesco prese di
sorpresa la classe dirigente che scelse il rifiuto del dialogo e la
repressione» scrive Luciano Pero, che di quel movimento è stato uno dei
leader. Ma non dimentica di evidenziare anche le colpe, gli errori di
chi rivendicava più diritti e giustizia. «Il movimento sbagliò a non
concedere alle classi dirigenti il tempo della riflessione, del
confronto, della decisione politica». Errori legati all’anagrafe, alla
voglia di fare, di avere tutto e subito. Nell’ateneo ambrosiano si
andava a intaccare anche un’impostazione culturale medievalista, di
«opposizione totale al modernismo e al comunismo». Lo scontro era
inevitabile. Il big bang, l’occupazione della Cattolica nel novembre del
1967. In anticipo sulla scintilla che avrebbe incendiato il mondo. Una
rivolta di cattolici che però non contestò, quasi mai, l’autorità dei
vescovi. Nessuno aveva sprangato le finestre al nuovo vento del
Concilio.
La storica Maria Bocci riflette sul perché il
Sessantotto nacque proprio in Cattolica e per quali motivi «molti dei
più attivi contestatori e dei giovani più sensibili al mito
rivoluzionario provenissero dal cattolicesimo organizzato e fossero
ospitati nei collegi universitari che erano, da sempre, il fiore
all’occhiello dell’Università fondata da padre Gemelli, studenti per i
quali l’Ateneo del Sacro Cuore, in forza della sua stessa qualificazione
confessionale, avrebbe dovuto essere il cuore pulsante della protesta».
Fu una risposta a una «domanda incessante di autenticità». Il sociologo
Bruno Manghi individua i germi del disagio: «Tanti problemi sociali,
educativi, economici “bussavano” da decenni alla porta della Chiesa,
delle chiese e delle realtà cristiane: — scrive — erano il portato di
bisogni e problemi irrisolti, già dall’inizio del Novecento cattolico,
oltre i drammi del modernismo». E mezzo secolo non è bastato a dare
risposte convincenti.