Corriere 3.5.18
Una vita passata in esilio, sognando la rivoluzione
L’amore per la moglie Jenny, l’amicizia con Engels, le lotte della Prima Internazionale
Figlio
di un avvocato discendente di rabbini ebrei, ma convertito al
cristianesimo, Karl Marx nasce nella città tedesca di Treviri, allora
parte del Regno di Prussia, il 5 maggio 1818. Da giovane abbandona gli
studi giuridici per quelli filosofici, poi si mette in luce alla guida
del giornale «Rheinische Zeitung», che viene soppresso per le sue
critiche al governo.
Nel 1843 Marx sposa Jenny von Westphalen,
figlia di un barone, e si trasferisce a Parigi, dove nel 1844 nasce la
sua amicizia con Friedrich Engels, figlio di un industriale, ma
indignato per le condizioni miserevoli della classe operaia. I due
maturano posizioni di critica radicale della società borghese,
favorevoli all’abolizione della proprietà privata.
Nel 1845 Marx
viene espulso dalla Francia, su richiesta del governo prussiano, e si
rifugia a Bruxelles. Più tardi insieme ad Engels si unisce alla Lega dei
giusti, che i due fanno ribattezzare Lega dei comunisti. Per quella
organizzazione scrivono il famosissimo Manifesto del partito comunista,
che esce nel febbraio 1848, mentre si avvia un ciclo rivoluzionario
destinato a sconvolgere l’Europa. Marx, cacciato dal Belgio, torna a
Colonia, dove dirige il quotidiano «Neue Rheinische Zeitung», ma il
prevalere delle forze reazionarie lo costringe nel 1849 a fuggire a
Londra e nel 1852 a sciogliere la Lega dei comunisti.
Nella
capitale britannica Marx vive con la famiglia in condizioni di grave
indigenza, alleviate dall’aiuto di Engels, e pubblica scritti storici
sulle vicende francesi del periodo 1848-51, ma soprattutto si dedica
allo studio del sistema industriale. Il frutto più maturo del suo lavoro
è il primo libro del Capitale, pubblicato nel 1867: gli altri due libri
di questa critica dell’economia borghese usciranno postumi a cura di
Engels.
Dal 1864 al 1872 Marx è la figura più importante della
Prima Internazionale dei lavoratori, dove si trova in dissidio con gli
anarchici, capeggiati dal russo Mikhail Bakunin. Nel 1871 prende le
difese della Comune di Parigi, esperienza socialista repressa nel
sangue. Poi segue dall’esilio con occhio critico le vicende del
movimento operaio in Europa. Muore il 14 marzo 1883.