giovedì 3 maggio 2018

Corriere 3.5.17
Consultazioni o preincarico, l’ultima carta di Mattarella Il rischio urne a dicembre
Le ipotesi per «traghettare»: Gentiloni o una figura condivisa
di Marzio Breda


Se Sergio Mattarella parlasse in siciliano — cosa che non fa — direbbe che i partiti si stanno «annacando», si esibiscono cioè a produrre «il massimo di movimento con il minimo di spostamento», secondo la folgorante sintesi dello scrittore Roberto Alajmo. A Palermo la considerano un’arte, mentre per uno come il presidente è un atteggiamento molesto e irresponsabile. Perciò, scaduto il tempo concesso alla politica per associarsi in una maggioranza e dare un governo al Paese, domani tirerà le somme di questa lunga fase. Insomma: dopo aver atteso l’esito della direzione del Pd di oggi (ma ormai solo per sapere chi comanda lì dentro e sarà dunque il suo prossimo interlocutore, visto che l’ipotesi di alleanza con i 5 Stelle è sfumata), prenderà un’iniziativa.
Quale iniziativa? Non ha ancora deciso, ma potrebbe trattarsi di un giro «ultimativo» di consultazioni. A questo punto magari anche parziale. Il condizionale è d’obbligo perché restano ancora inevase troppe domande e aperte pochissime alternative. Soprattutto una: l’ipotesi — al momento assai nebulosa, comunque — di un preincarico sulla base di un’intesa tra centrodestra e Pd (o parte di esso), stavolta con la cooptazione della Lega. È un disegno coltivato quasi in segreto da Silvio Berlusconi, e infatti non è mai emerso pubblicamente. Ci lavora da settimane Gianni Letta e prevederebbe l’insediamento a Palazzo Chigi di Giancarlo Giorgetti, che con la sua vocazione mediatrice risulterebbe figura più rassicurante di Salvini, specie sul piano della proiezione internazionale.
Beninteso, perché si arrivi a un preincarico, la prassi prevede che i partiti spieghino a che titolo e con quali numeri lo chiedono. Per il capo dello Stato dovrebbe quindi esserci una situazione davvero nuova e aritmeticamente solida, stavolta, dopo che in questi due mesi sono state esplorate a vuoto tante altre strade. Insomma, qualora fosse sollecitato in extremis un mandato che si fondi appunto sull’idea di una riedizione del patto del Nazareno allargato alla Lega (che però fino a ieri gridava «mai con il Pd»), Mattarella potrebbe prenderlo in considerazione soltanto quando ne avesse verificato di persona la praticabilità. Per inciso: qualcuno sospetta che l’improvvisa disponibilità di Matteo Renzi per un esecutivo che modifichi la legge elettorale e faccia una riforma della Costituzione nasconda appunto un accordo già concertato con l’ex Cavaliere...
Veri, verosimili o falsi, sono scenari su cui entro domani si dovrebbe alzare il velo. Così come dovrebbero essere spazzate via altre residue variabili politiche, mentre cresce la preoccupazione del Quirinale. Escluso definitivamente il ritorno alle urne in estate, il presidente si concentra su alcune delicatissime scelte in campo economico che l’Italia sarà chiamata ad affrontare nei prossimi mesi. Due su tutte: la manovra finanziaria e l’aumento dell’Iva, che sarebbe utile evitare per i prevedibili effetti recessivi su bilanci delle famiglie, tenuta delle imprese e occupazione.
Il problema è che, anche se si aprissero le urne a ottobre, con l’attuale legge elettorale l’atlante politico non cambierebbe di molto. E, quel che è peggio, non ci sarebbe il tempo di fare le scelte che dovrebbero mettere in sicurezza il Paese. Meglio allora un governo che ci traghetti fino a dicembre? Sarebbe meglio, sì. Lo stesso Gentiloni potrebbe restarne alla guida, in proroga. O potrebbe farlo un’altra personalità che risultasse largamente condivisa. Si vedrà. «Purché tutti escano allo scoperto e dimostrino un’autentica volontà di collaborare», riflettono sul Colle. Sottinteso: smettendo di «annacarsi», fingendo di affrettarsi mentre in realtà tergiversano.