Corriere 3.5.17
Consultazioni o preincarico, l’ultima carta di Mattarella Il rischio urne a dicembre
Le ipotesi per «traghettare»: Gentiloni o una figura condivisa
di Marzio Breda
Se
Sergio Mattarella parlasse in siciliano — cosa che non fa — direbbe che
i partiti si stanno «annacando», si esibiscono cioè a produrre «il
massimo di movimento con il minimo di spostamento», secondo la
folgorante sintesi dello scrittore Roberto Alajmo. A Palermo la
considerano un’arte, mentre per uno come il presidente è un
atteggiamento molesto e irresponsabile. Perciò, scaduto il tempo
concesso alla politica per associarsi in una maggioranza e dare un
governo al Paese, domani tirerà le somme di questa lunga fase. Insomma:
dopo aver atteso l’esito della direzione del Pd di oggi (ma ormai solo
per sapere chi comanda lì dentro e sarà dunque il suo prossimo
interlocutore, visto che l’ipotesi di alleanza con i 5 Stelle è
sfumata), prenderà un’iniziativa.
Quale iniziativa? Non ha ancora
deciso, ma potrebbe trattarsi di un giro «ultimativo» di consultazioni. A
questo punto magari anche parziale. Il condizionale è d’obbligo perché
restano ancora inevase troppe domande e aperte pochissime alternative.
Soprattutto una: l’ipotesi — al momento assai nebulosa, comunque — di un
preincarico sulla base di un’intesa tra centrodestra e Pd (o parte di
esso), stavolta con la cooptazione della Lega. È un disegno coltivato
quasi in segreto da Silvio Berlusconi, e infatti non è mai emerso
pubblicamente. Ci lavora da settimane Gianni Letta e prevederebbe
l’insediamento a Palazzo Chigi di Giancarlo Giorgetti, che con la sua
vocazione mediatrice risulterebbe figura più rassicurante di Salvini,
specie sul piano della proiezione internazionale.
Beninteso,
perché si arrivi a un preincarico, la prassi prevede che i partiti
spieghino a che titolo e con quali numeri lo chiedono. Per il capo dello
Stato dovrebbe quindi esserci una situazione davvero nuova e
aritmeticamente solida, stavolta, dopo che in questi due mesi sono state
esplorate a vuoto tante altre strade. Insomma, qualora fosse
sollecitato in extremis un mandato che si fondi appunto sull’idea di una
riedizione del patto del Nazareno allargato alla Lega (che però fino a
ieri gridava «mai con il Pd»), Mattarella potrebbe prenderlo in
considerazione soltanto quando ne avesse verificato di persona la
praticabilità. Per inciso: qualcuno sospetta che l’improvvisa
disponibilità di Matteo Renzi per un esecutivo che modifichi la legge
elettorale e faccia una riforma della Costituzione nasconda appunto un
accordo già concertato con l’ex Cavaliere...
Veri, verosimili o
falsi, sono scenari su cui entro domani si dovrebbe alzare il velo. Così
come dovrebbero essere spazzate via altre residue variabili politiche,
mentre cresce la preoccupazione del Quirinale. Escluso definitivamente
il ritorno alle urne in estate, il presidente si concentra su alcune
delicatissime scelte in campo economico che l’Italia sarà chiamata ad
affrontare nei prossimi mesi. Due su tutte: la manovra finanziaria e
l’aumento dell’Iva, che sarebbe utile evitare per i prevedibili effetti
recessivi su bilanci delle famiglie, tenuta delle imprese e occupazione.
Il
problema è che, anche se si aprissero le urne a ottobre, con l’attuale
legge elettorale l’atlante politico non cambierebbe di molto. E, quel
che è peggio, non ci sarebbe il tempo di fare le scelte che dovrebbero
mettere in sicurezza il Paese. Meglio allora un governo che ci traghetti
fino a dicembre? Sarebbe meglio, sì. Lo stesso Gentiloni potrebbe
restarne alla guida, in proroga. O potrebbe farlo un’altra personalità
che risultasse largamente condivisa. Si vedrà. «Purché tutti escano allo
scoperto e dimostrino un’autentica volontà di collaborare», riflettono
sul Colle. Sottinteso: smettendo di «annacarsi», fingendo di affrettarsi
mentre in realtà tergiversano.