Corriere 21.5.18
Addio a Bernard Lewis Annunciò l’avvento del radicalismo islamico
Morto a 101 anni il primo teorico dello scontro di civiltà
di Massimo Gaggi
NEW
YORK Sempre un passo avanti col coraggio di rompere gli schemi di chi
si sentiva forte della sua profonda conoscenza dell’Islam. Nel 1976, tre
anni prima della rivoluzione degli ayatollah, con lo Scià di Persia
Reza Pahlavi che dal trono del Pavone garantiva la stabilità dell’intera
regione del Golfo, Bernard Lewis, scomparso ieri in New Jersey all’età
di 101 anni, pubblicò un saggio su Commentary che ebbe l’effetto di un
fulmine a ciel sereno: annunciò l’imminente espansione del potere dei
movimenti musulmani alimentato da un radicalismo deciso a porre la
religione islamica al centro della politica. Poi, nel 1990, fu il primo a
paventare uno scontro di civiltà tra Occidente e mondo islamico, ben
prima che questa prospettiva fosse resa famosa da un celebre saggio di
Samuel Huntington.
Nato nel 1916, quando il Medio Oriente era
quello di Lawrence d’Arabia, con diplomatici e burocrati inglesi e
francesi intenti a disegnare a tavolino i confini di Paesi come l’Iraq e
la Siria, Bernard Lewis, un ebreo inglese, si innamorò subito di quella
parte del mondo. E, dopo gli studi all’Istituto di studi orientali
della University of London, si tuffò nelle società arabe, turche e
persiane, condividendone le culture, imparandone le lingue (ne parlava o
«masticava» una quindicina). Rimanendo uno studioso appassionato anche
quando, dopo la nascita dello Stato d’Israele, per lui la possibilità di
viaggiare liberamente in Medio Oriente si ridusse di molto.
Storico
ammirato per i giudizi taglienti e sempre documentati, ma anche
contestato da molti per alcune scelte discutibili: dal sostegno alla
guerra in Iraq per rovesciare Saddam Hussein al rifiuto di considerare
la strage degli armeni di 103 anni fa un vero genocidio voluto
dall’Impero Ottomano.
Fiero oppositore delle dittature arabe, non
considerava però la religione musulmana un ostacolo all’evoluzione
politica in senso democratico delle società di quella parte del mondo.
Una fiducia nel dialogo e nel rinnovamento delle classi dirigenti
mediorientali in parte venuta meno dopo l’attacco terroristico lanciato
nel settembre del 2001 da Al Qaeda contro gli Stati Uniti. Bernard Lewis
era stato ancora una volta profeta quando, tre anni prima, dopo aver
letto una dichiarazione di guerra di Osama bin Laden contro gli Usa su
un giornale arabo, aveva scritto un saggio, «Licenza di uccidere», dove
individuava in Osama il maggior pericolo per l’Occidente anche perché le
sue parole stavano diventando i mattoni dell’ideologia jihadista.
Deluso
dall’incapacità di autoriforma del mondo islamico, dopo il 2001 Lewis
sostenne che forzare «i cambi di regime può essere pericoloso ma a volte
è un rischio che vale la pena di correre». Pur non credendo nella
filosofia neocon dell’esportazione della democrazia, divenne così, forse
involontariamente, il pilastro intellettuale e ideologico sul quale
l’amministrazione Bush costruì, soprattutto per volontà del
vicepresidente Dick Cheney, del capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, e
di due amici di Lewis, Paul Wolfowitz e Richard Perle, l’invasione
dell’Iraq.
Molto criticato per questa sua scelta, Lewis era stato
già duramente attaccato in precedenza per il suo impegno a favore di
Israele. Celebre lo scontro con lo studioso palestinese-americano Edward
Said, che dalla metà degli anni Settanta prese ad accusarlo di aver
dato un’immagine distorta del mondo arabo, basata su una mentalità
imperialista ed eurocentrica. Ma molti dei trenta libri dello storico
inglese sono stati tradotti e discussi anche nel mondo arabo dove molti
lo consideravano un critico onesto, anche se condizionato dal suo
retroterra culturale.
Negli ultimi anni lo storico inglese che nel
1974 si trasferì negli Stati Uniti, diventandone cittadino, per
insegnare a Princeton, aveva diradato i suoi interventi. Ma aveva fatto
trapelare il suo pessimismo, soprattutto per quanto riguarda il futuro
dell’Europa che vedeva minacciata sul piano politico e culturale dal
massiccio assorbimento di immigrati islamici.