Corriere 20.5.18
Scuola, che errore: sta per sparire la storia dell’arte
di Vincenzo Trione
«Reintrodurremo la storia dell’arte nella scuola italiana!»: era, questo,
uno
degli slogan degli esponenti del Pd al tempo dell’approvazione della
cosiddetta Buona Scuola. Intenzioni smentite dalle successive decisioni
politiche. Con una nota del 19 aprile, il Miur ha comunicato i nuovi
quadri orari del primo biennio degli istituti professionali con le
relative classi di concorso, nei quali non c’è traccia della storia
dell’arte: neanche in indirizzi dove questa disciplina appare
indispensabile. È l’approdo di un grave e pericoloso «smantellamento»
che aveva trovato uno snodo decisivo nella riforma Gelmini, la quale ha
soppresso o drasticamente tagliato gli insegnamenti di disegno e storia
dell’arte nelle scuole superiori di diverso tipo. Il fine sotteso a
queste scelte: portare avanti un sistematico attacco alle humanities,
prediligendo un realismo tecnocratico, d’impronta tardo-positivista.
Tra
qualche giorno conosceremo il nome del prossimo ministro della Pubblica
istruzione. Ci piacerebbe che egli avesse il coraggio di avviare un
serio ripensamento del ruolo e della funzione nei programmi scolastici
della storia dell’arte. Che va intesa come sapere non «a circuito
interno», di tipo meramente specialistico o tecnico, ma trasversale,
capace di disegnare i confini all’interno dei quali storia, letteratura,
filosofia, cinema, scienze e religione entrano in dialogo. Forma alta
di educazione civica, in grado di rendere le nuove generazioni di
italiani davvero consapevoli dell’identità della nostra nazione, della
nostra cultura, della nostra civiltà, del nostro paesaggio. Dunque, una
presenza insostituibile.
Anche per tali ragioni riteniamo che la
storia dell’arte non possa più essere messa in una posizione marginale o
ancillare nella scuola 2.0, ma reclami quella centralità già
assegnatele da Giovanni Gentile nel 1923. Perché essa, scriveva un
grande studioso come Giuliano Briganti, «ci riguarda direttamente tutti:
uno specchio in cui si riflettono i motivi più vivi e inquieti del
nostro tempo».