venerdì 18 maggio 2018

Corriere 18.5.18
Il mosaico che unisce le religioni
Premio al Centro di conservazione archeologica di Roma per il recupero dell’opera nel Monastero ai piedi del Sinai «Salvato grazie alla tolleranza»
di Paolo Conti


«La tolleranza tra le diverse culture per una volta ha permesso di salvare in tempo un grande capolavoro non solo della religione cristiana ma dell’umanità intera. E non di perderlo per sempre».
L’archeologo Roberto Nardi dirige il Centro di conservazione archeologica di Roma, società privata che opera su commissione pubblica con esperti formati nell’Istituto Superiore per la conservazione e il restauro. Il centro ha vinto il premio 2018 di «Europa Nostra» — federazione paneuropea di organizzazioni che difendono il Patrimonio culturale — per il restauro dello sfolgorante mosaico absidale della Trasfigurazione nella Basilica del Monastero di Santa Caterina nel Sinai del VI secolo. La giuria ha spiegato che «documentazione e qualità del lavoro sono eccezionali». Il premio sarà consegnato il 22 giugno a Berlino. Il Centro di Conservazione Archeologica, negli anni, ha operato per esempio nella città romana di Zeugma e anche a Roma per l’Arco di Settimio Severo nel Foro.
Nel 1995 la Basilica del Monastero, voluto dall’imperatore Giustiniano, venne danneggiata da un terremoto. Nel 2000 la Getty Foundation decise di finanziare l’ispezione dei danni e poi il restauro con 250.000 dollari, suggerendo il centro diretto da Nardi all’ufficio tecnico del Monastero greco-ortodosso che ha sede ad Atene. Dopo si sono aggiunti altri 500.000 dollari dell’allora emiro del Qatar, Sceicco Hamad bin Khalifa al Thani. Quindi la lunga vicenda del restauro. I tecnici hanno dapprima consolidato la struttura: la parte centrale con la raffigurazione del Cristo rischiava infatti di crollare. Conclusa nel 2011 la messa in sicurezza delle murature e del tetto dell’abside, c’è stato l’intervento di pulizia e di ripristino delle circa 500.000 tessere esistenti con l’aggiunta di altre 20.000 per integrare quelle mancanti: sono di pasta vitrea, colorate o in foglia d’oro e in foglia d’argento, e di marmo. Un lavoro minuzioso che ha richiesto tempo e conoscenza scientifica. Ciascun pezzo nuovo è stato documentato in scala 1:1, cioè in dimensioni reali, per poter essere individuato in futuro. L’inaugurazione del restauro è del 2017.
Molti i simboli di questa storia: la triangolazione Italia-Grecia-Egitto per la salvaguardia di un bene unico al mondo, un Monastero sacro per la cristianità realizzato ai piedi del Sinai, infatti il Pozzo di Mosè è di fronte alla Basilica, quindi il legame con l’ebraismo. E la convivenza con il mondo musulmano, in particolare con la comunità di beduini, discendenti delle legioni inviate da Giustiniano, che vivono anche dell’economia legata al Monastero. Infine la stretta collaborazione con le autorità egiziane. Grazie anche all’Italia, il dialogo e la cultura hanno vinto, sconfiggendo ostilità e divisioni.