domenica 13 maggio 2018

Corriere 13.5.18
Memoria. Roberto Gobbi ricostruisce le vicende del maggio parigino (Neri Pozza). Protagonisti della sommossa il contestatore Cohn Bendit e il prefetto Grimaud
La Francia si annoiava, poi d’un tratto scoppiò il Sessantotto
di Massimo Rebotti


Tutto in un mese. Il maggio del 1968 in Francia è un lampo, un susseguirsi di avvenimenti tanto rapido e significativo da diventare storia. Il libro di Roberto Gobbi Maggio ’68 (Neri Pozza) restituisce il senso di una corsa: pagine serrate che ci riportano dentro all’Università di Nanterre, poi alla Sorbona, alla prefettura di Parigi o nel gabinetto del presidente de Gaulle, e, infine, nelle strade di Parigi, la «quinta» di ogni avvenimento.
Pur sapendo, in linea di massima, che cosa successe in quell’unico mese di 50 anni fa — la rivolta studentesca, gli scontri con la polizia, i grandi scioperi e le trattative con il governo — nella lettura ci si sorprende spesso, per il gusto dell’autore di seguire anche tracce apparentemente secondarie e che invece diventano cruciali per «vedere» la scena. Per esempio: racconta Gobbi che una settimana prima dell’occupazione di Nanterre, primo fuoco del Maggio, su «Le Monde» esce un articolo: «La Francia si annoia». La vita politica, i dati economici, il tran tran dei cittadini, tutto concorre a definire l’immagine di un Paese placido, senza tensioni né passioni. Nessuno prevede, nemmeno lontanamente, quello che di lì a poco succederà.
Sulla scena irrompe Daniel Cohn Bendit, «ironico, disinvolto, imprevedibile», uno dei più grandi oratori del Sessantotto francese, «lui, che fino a due anni prima, soffriva di una leggera balbuzie». Nel libro si affacciano molte figure, ma Cohn Bendit sarà una sorta di filo conduttore.
Il suo alter ego, volendo vedere, è il prefetto di Parigi Maurice Grimaud. A lui spetta il compito di mantenere l’ordine. «Uno strano prefetto», racconta Gobbi, «gran conversatore, ironico, più incline al dialogo che alle maniere forti, riuscì a evitare che la contestazione finisse in un bagno di sangue».
In mezzo, tra il leader e il prefetto, si agitano gli altri: i gruppi dell’estrema sinistra, gli studenti idealisti e i sindacati pragmatici, i comunisti diffidenti verso i giovani, gli artisti impegnati e i poliziotti a migliaia, i ministri del governo — chi per la mano dura, chi per la trattativa — e de Gaulle, che prima sottovaluta, poi si preoccupa e cerca la mossa del cavallo per chiudere la partita. In ultimo i parigini, che in larga parte solidarizzano con i contestatori nonostante la città in fiamme. Con i risultati ottenuti dagli scioperi — a un certo punto incroceranno le braccia perfino i meteorologi e i becchini — e con le elezioni che rimettono in sella i gollisti, «alle soglie dell’autunno, il Maggio è già storia».
Gobbi cita un rapporto Unesco che, per spiegare la contestazione, «suggerisce un curioso esperimento»: «Prendete migliaia di studenti di Sociologia e fategli seguire corsi in aule previste per cento persone... Raccomandategli di pensare a come si dovrebbe cambiare la società. Non appena dimostreranno qualche interesse per l’argomento, mandategli contro la polizia. Poi manifestate il vostro stupore».