domenica 29 aprile 2018

Repubblica Robinson 29.4.18
Nell’ex roccaforte russa
Noi fedeli alla linea
di Rosalba Castelletti da Mosca


Vladimir Isakov è troppo giovane per ricordare la vita sotto l’Urss. Quando il primo Stato socialista al mondo collassò nel 1991, aveva solo quattro anni. Eppure è certo che il sistema teorizzato da Karl Marx sia «l’unica via di sviluppo possibile per la Russia». Non è il solo. Sotto la spinta della crisi economica e della rabbia per la corruzione, nel Paese sempre più giovani si avvicinano all’opera del barbuto filosofo tedesco e al Partito erede del rivoluzionario Vladimir Lenin. «Impossibile scindere l’uno dall’altro. Marx enunciò la teoria, Lenin la tradusse nella pratica».
Laureato in Storia a Tula, biondo, faccia pulita, Isakov è uno dei volti nuovi del Partito comunista russo. A soli 31 anni ha scalato diversi gradini fino a sedere nel Segretariato generale e al vertice del Komsomol, l’Unione comunista della gioventù. In completo scuro e spilla d’ordinanza del partito appuntata sulla giacca, ci accoglie nell’ufficio della sezione giovanile comunista al nono piano della Duma. Il profilo allungato di Lenin campeggia ovunque, anche sulla tazza in cui ci offre un tè. Tappa obbligata nella vita dell’homo sovieticus, quest’anno il Komsomol festeggia cent’anni e conta quattordicimila membri tra i quattordici e i trentacinque anni.
Per loro Josif Stalin è un eroe che ha vinto la Seconda guerra mondiale e industrializzato il Paese: « È morto con una divisa militare e 500 rubli di risparmi, ecco perché la gente crede in lui». Depongono fiori alla sua tomba e al mausoleo di Lenin: «Non c’è bisogno di seppellirlo, è già sotto il livello della terra». E credono che non sia stata l’ideologia a fallire nel 1991, ma i dirigenti di allora ad averla tradita. Sono loro il motore dello svecchiamento del Kprf, a lungo considerato il partito delle babushke
e dei pensionati nostalgici delle bandiere rosse.
È per sfatare questo mito che, in vista delle ultime parlamentari, il Comitato centrale aveva lanciato una campagna immagine nazionale rivisitando in veste hipster gli idoli del pantheon comunista: Stalin con il vaporizzatore al posto della pipa, Lenin al portatile, infine Marx in jeans e chiodo che cita la celebre battuta di Terminator:
“I’ll be back”, “Tornerò”. «Il messaggio è chiaro», ci dice da San Pietroburgo Igor Petrygin-Rodionov, l’autore di volantini e manifesti. «Se hai dimenticato Marx, sarà lui a venirti a trovare perché prima o poi il capitalismo porta a cambi di regime e spargimenti di sangue. Il suo messaggio è moderno. Per questo l’ho vestito da figo».
Ci sono anche i suoi poster alla mostra sul bicentenario della nascita di Marx inaugurata a fine aprile alla Duma da Jaroslav Listov. Classe 1982, vicecaposezione del Partito comunista per le politiche giovanili e segretario del Comitato centrale del Komsomol per le attività d’informazione e analisi, Listov ne è convinto: «Marx è tornato a fare tendenza». Per l’occasione sfoggia sul petto una spilla argentata con l’icona dell’economista. L’ha comprata, ça va sans dire, alla stazione della metropolitana Marksistskaja. «Negli atenei si moltiplicano i circoli marxisti: ci si riunisce in un cafè e si legge Il Capitale. E l’Università statale di Mosca terrà un forum su Marx nel XXI secolo. Anche l’elettorato sta cambiando: la roccaforte di Putin sono gli anziani, la base dei comunisti sono i giovani che capiscono che non c’è speranza nel vicolo cieco del capitalismo e vogliono lottare per il loro futuro».
Eppure il Partito comunista non ha fama di combattente. Viene accusato di far parte della cosiddetta “opposizione sistemica” che oppone solo una resistenza di facciata al Cremlino. Anastasja Bajbikova, trentuno anni, segretaria del Comitato centrale del Komsomol e responsabile del Sindacato indipendente degli studenti, nonché deputata di Belgorod, è d’accordo solo parzialmente. «Il Partito si attiene alle dinamiche parlamentari, il Komsomol preferisce la piazza. Soprattutto nelle province. A Belgorod abbiamo fermato l’abbattimento della foresta locale. In molte città ci battiamo perché le strade vengano intitolate ai nostri eroi. E abbiamo creato l’unico sindacato degli studenti, grazie al quale liceali e universitari possono far sentire la loro voce senza temere ripercussioni » . Per Isakov è un ritorno alle origini. « Il partito fu fondato da ventenni che credevano nell’ideale romantico della Rivoluzione». Ma non vuole portare indietro l’orologio. «Non cerchiamo cambiamenti bruschi, ma graduali. Sulle orme di Marx, vorremmo riportare il lavoratore al centro della politica. Forse è la speranza che vince sull’esperienza».