Repubblica Robinson 29.4.18
Nella città natale
Nemo Propheta in Treviri
di Tonia Mastrobuoni da Treviri
Bandierine
della Germania, portachiavi fucsia, racchettoni da spiaggia: “ tutto a 1
euro!” strillano i cartellini rossi del negozio di paccottiglie. Un
gruppetto di turisti si accalca attorno alle ceste per accaparrarsi un
cappellino o un paio di occhiali da sole. A Treviri fanno trenta gradi. E
la canicola fuori stagione ha riempito le viuzze pedonali del centro di
stranieri boccheggianti. Ma molti hanno l’aria di non sapere chi abitò
in questa casa a due piani che ospita il negozio trash. Lo chiediamo a
un ragazzo alto come un semaforo di nome Sven. « Non ne ho idea » ,
risponde, stringendosi nelle spalle. Gli mostriamo una piccola insegna
scura al primo piano: “Karl Marx visse in questa casa dal 1819 al 1835”.
Altra scrollata di spalle, poi Sven torna a concentrarsi su uno stick
da selfie. Sembra indeciso tra il verde e il blu.
Per secoli, i
turisti sono venuti nella più antica città tedesca per la tradizione
romana, per visitare il trono di Costantino o il gigantesco monumento
che anche Marx vedeva dalle sue finestre, la Porta Nigra. A pochi passi
dalla casa dove il padre del comunismo visse la sua infanzia e
adolescenza, la piazza antistante alla Porta è infestata da attori
dilettanti travestiti da centurioni che si offrono come guide strillando
“ ave!” o “ sequinimi!”. Duemila anni fa, quando i romani fondarono
Augusta Treverorum, il loro avamposto fondamentale in Gallia, la Porta
teneva lontani i nemici. Mille anni dopo, il monaco bizantino Simeone
decise di farsi murare in una torre per morirvi da eremita. I cristiani
lo fecero santo e trasformarono la Porta in una chiesa, risparmiandole
qualche saccheggio medievale.
Ma nell’ufficio del turismo che
affaccia sulla Porta Nigra, assediato dai finti centurioni con le spade
di plastica, « fino agli anni Ottanta non volevano neanche esporre un
mini busto di Marx » ci rivela Richard Leuckefeld. Consigliere comunale e
proprietario di una libreria nel centro storico, Leuckefeld lavora non
lontano dalla casa del « Grande Rimosso », come lo chiama. Sugli
scaffali troneggiano mini busti di Marx e un’ampia bibliografia sul
teorico del plusvalore. «Marx», racconta, « a Treviri è stato sempre
tabù. Ovviamente durante la Guerra fredda, anche a causa del muro e
della Germania comunista. Ma in realtà, da sempre». Nel 1968, per il
centocinquantesimo anniversario, venne il grande cancelliere
socialdemocratico Willy Brandt. « Un miracolo», commenta Leuckefeld,
ironico.
Ignorata dall’Occidente, Treviri è sempre stata, invece,
la Mecca dei comunisti di tutto il mondo, la tappa tedesca da fare, per i
figli delle rivoluzioni bolsceviche e proletarie. Per i dirigenti
cinesi, tanto per dirne una, fermarsi per un inchino alla casa di Marx (
non quella in cui ora c’è il negozio “ tutto a 1 euro”, ma la casa dove
nacque), ha sempre significato garantirsi un avanzamento di carriera. «
Da quando hanno tolto quella regola, qualche anno fa, i cinesi vengono
meno » , ridacchia Norbert Kaethler, direttore di Trier Tourismus.
Attualmente ne arrivano tra cinquanta e centomila l’anno, aggiunge,
«cioè l’1 o il 2 per cento dei cinque milioni di turisti che visitano la
città». Ma in Cina, su alcune cartine sono segnate ancora soltanto due
città tedesche: Berlino e Treviri. E quando, due anni fa, Pechino decise
di regalare un’enorme statua di Marx alla sua città natale, scoppiò il
finimondo.
Tanti cittadini scrissero imbufaliti al Comune,
contrari a un omaggio così vistoso da parte di un regime autoritario che
calpesta i diritti umani — questa l’obiezione più frequente. Il
Consiglio discusse a lungo la questione e la notizia fece il giro del
mondo, ma alla fine deliberò di accettare l’ingombrante regalo, il
“Mega-Marx” come lo hanno ribattezzato con un filo di disprezzo i
giornali tedeschi. La statua è già lì, verrà scoperta in concomitanza
con i solenni festeggiamenti per il bicentenario, il 5 maggio, che
finalmente consentiranno un’ampia discussione pubblica sul suo genio.
Persino la chiesa cattolica parteciperà alle celebrazioni — senza citare
il padre del comunismo per nome, ma omaggiandolo con un seminario sul
lavoro.
Il problema, in realtà, non è il “ Mega- Marx” di Pechino.
«I cinesi hanno semplicemente riempito un vuoto » , ragiona Kaethler.
Che ricorda una battuta del consigliere Leuckefeld, pronunciata nelle
concitate riunioni comunali: « Chi dimentica Marx, sarà punito con una
statua » . Una frase che riecheggia la famosa citazione di Gorbaciov
dell’autunno dell’89, poco prima della caduta del Muro. Allora il padre
della perestrojka
disse a Honecker che “chi arriva tardi sarà
punito dalla Storia”, riferendosi alla spinta verso la libertà che stava
travolgendo i regimi comunisti.
Il lungo oblìo di Marx a Treviri,
poi, non sembra in sintonia con il sentimento nel resto del Paese.
Secondo un sondaggio recente i tedeschi considerano l’ideologo della
rivoluzione proletaria, insieme a Martin Lutero e al cancelliere Konrad
Adenauer, uno dei tre connazionali più importanti di tutti i tempi.
Invece, iper- cattolica e conservatrice com’è sempre stata, la sua città
natale ha scelto di puntare sui classici due pilastri del suo turismo, “
sulle due R” come dicono le guide, cioè i “romani” e il “Riesling”, il
vino bianco che attirava qui gli inglesi fin dal Settecento. Il futuro
presidente americano Thomas Jefferson amava in particolare il
Brauneberger, raccontano le cronache, “il primo in qualità, senza
paragoni”, come scrisse nel 1778.
Peraltro, fu il vino a
trasformare Marx in un comunista. Non perché bevesse molto, come
raccontano i suoi biografi. Ma perché le sue prime riflessioni contro
gli oppressori scaturirono dalla miseria delle sue terre, causata dai
dazi olandesi e dalla legge prussiana che alla fine degli anni Venti
dell’Ottocento equiparò dal punto di vista fiscale le uve del nord con
quelle renane, facendo crollare i prezzi. Negli anni Quaranta tre quarti
degli abitanti della valle della Mosella erano ridotti in povertà,
costretti a vendere terre, vigneti, bestiame. E sulla Rheinische Zeitung
un giovane Marx cominciò a scagliarsi contro i “ vampiri della
Mosella”, gli esattori fiscali, gli avvocati e i giudici che
approfittarono del trentennio nero del vino. Più tardi, nella prefazione
a Per la Critica dell’economia politica, scrisse che quelle
corrispondenze dalla Mosella erano state “ le prime opportunità per
occuparmi di questioni economiche”.
Jens Baumeister ci tiene
molto, invece, a raccontare aneddoti del figlio scomodo di Treviri,
traghettando i turisti da una casa all’altra di Marx. Una è quella del
negozio “tutto a 1 euro”, ma l’altra è la sua casa natale, che è appena
stata restaurata. La guida turistica ha collezionato miriadi di episodi
esilaranti, nei suoi anni di pazienti pellegrinaggi per la città. Un
americano gli chiese per esempio, dopo aver visitato le due case di
Marx, dove avesse scritto Mein Kampf. Quando Baumeister, un tantino
scandalizzato, gli fece notare che quella era l’autobiografia-pamphlet
di Adolf Hitler, l’americano non fece un plissé: “tanto erano farabutti
tutt’e due”, borbottò. Un altro turista, un texano, gli chiese se poteva
dormire nel letto di Marx e promise “qualsiasi cifra” per una notte sul
letto del nemico giurato del capitalismo. Quel letto, per fortuna, non
esiste più.