Repubblica Robinson 29.4.18
Il filosofo/1
Marxisti nel tempo
Che
cosa rispondere a chi ti chiede, oggi: “Sei marxista?”. E se insistono:
“Sei comunista”? Due suggerimenti. E qualche altra piccola domanda
di Pier Aldo Rovatti
Se
mi chiedono “Sei marxista?”, dopo una breve esitazione rispondo “Sì”.
Marx mi ha insegnato come funziona il capitalismo nella sua dinamica
essenziale. La lettura del Capitale è stata decisiva per la mia
formazione intellettuale e per la mia vita di cittadino responsabile.
Purtroppo oggi i giovani quasi mai passano attraverso questa esperienza e
sono tantissimi quelli meno giovani che credono di aver letto Marx
senza averlo fatto. Mi domando come si possa possedere un po’ di spirito
critico senza avere letto almeno il primo volume del Capitale, senza
avere un’idea non del tutto vaga di cosa sia una “merce”, il “valore di
scambio”, la “forza lavoro”, lo “sfruttamento”, il “plusvalore”. E come
sia possibile orientarsi nel mondo attuale della finanza planetaria, o
magari solo ascoltare un bollettino sull’andamento delle borse, senza
avere chiaro il fatto che Marx, lungi dal darci lezioni di economia
politica, ci spiega che il nostro compito, culturale e politico, è
quello di riuscire a esercitare una “critica dell’economia politica”
(sottotitolo fondamentale per capire cosa troviamo nelle pagine del
Capitale e, direi, in tutto ciò che Marx ha scritto).
Marx
“inattuale”? Ci sono due sensi della parola inattualità. Quello ovvio
che caratterizza che qualcosa è ormai invecchiato e non è più rilevante
per i problemi del nostro tempo, e quello meno ovvio che indica l’esatto
contrario, cioè qualcosa che abbiamo rimosso mentre ha a che fare non
solo con la società in cui siamo ma soprattutto con quella società in
cui vorremmo poter vivere e che ci sembra attualmente sbarrata. Basta
pensare alla condizione culturale in cui ci troviamo, completamente
dominata dall’idea di individualismo.
Marx mi ha insegnato che
l’individualismo è il principale nemico e che tra l’idea di individuo e
l’idea di soggetto c’è uno scarto drammatico. La chiusura
nell’individualismo è la morte del soggetto perché c’è soggettività solo
dove si realizza comunità e socializzazione. Ecco l’insegnamento
“politico” che Marx ci trasmette, quanto di più inattuale immaginabile
se solo pensiamo che oggi tutti noi viviamo dentro una bolla (possiamo
chiamarla neoliberale ma non è il nome che conta) in cui ciascuno viene
spinto a diventare imprenditore di sé stesso. Gli altri sono spariti o,
se ci sono, diventano ostacoli sul cammino della pura e semplice
realizzazione individuale. Marx va proprio nella direzione opposta e non
stupisce che oggi risulti culturalmente rimosso.
Quanto alla mia
vicenda personale, vorrei solo ricordare che ho combattuto la mia
piccola battaglia contro coloro che sostenevano che la “vera” lettura di
Marx, quella cosiddetta scientifica, consisteva nel buttar via ogni
ciarpame filosofico relativo alla soggettività. Al contrario, io volevo
evidenziare quel Marx che mi aiutava a capire come il “bisogno” sfondi
ogni rigida concettualizzazione perché possiede una radicalità non
negoziabile che fa tutt’uno con la politicità dei soggetti sociali.
Un
Marx “rivoluzionario” per il suo stesso modo di pensare e che non può
mai essere avulso dal rapporto con la storia. Non possiamo farlo
diventare una figura di pensatore distaccato, un modello semplicemente
intellettuale, il che ha reso sempre più difficile collocarlo negli
apparati che disciplinano la nostra formazione scolastica. Con una
battuta, direi che oggi Marx farebbe fatica ad avere successo in un
concorso universitario. Devo comunque giustificare la mia inziale
esitazione. Non è facile, perché vi si coagulano diversi elementi che
agiscono da freno. La domanda “Sei marxista?” già di per sé contiene una
provocazione. “Sei ancora marxista?”, ecco la provocazione sottesa, che
sarebbe come dire che oggi è strano, improprio e perfino inopportuno
dichiararsi tale. Come negarlo? Marxisti si dichiarano, di solito,
quelli che impettiti vogliono qualificarsi come irriducibili. Quasi
fossero dei reduci impegnati a salvare le loro memorie di lotta,
incuranti e magari masochisticamente desiderosi di vedere la loro
rappresentanza politica ridotta al minimo. Ma c’è qualcosa di più. Esito
(per poi dire di “sì”) perché considero da estinguere tutti gli “ismi”,
compreso quello che risuona nella parola “marxismo”. È una parola che
veicola tante vicende discutibili che corrispondono ad altrettanti
tentativi di realizzazione, a partire da quella enorme vicenda che è
stata la nascita dell’Unione Sovietica. Se rispondessi “No, sono rimasto
marxiano”, farei sorridere anche me stesso, però è questo che dovrei
dire e che ho cercato di tirar fuori in queste righe. Già, e se la
domanda fosse “Sei comunista?”. È curioso, ma forse sarei meno
imbarazzato nel dare una risposta affermativa. Se il comunismo, a quanto
risulta, è qualcosa di impossibile e di ancora più inattuale, proprio
per questo ne avverto nitidamente la sfida e l’urgenza.