Repubblica Robinson 29.4.18
A duecento anni dalla nascita di quel che resta del padre del comunismo
Un altro spettro si aggira per l’Europa?
Avanti Marx
di Simonetta Fiori
Uno
spettro si aggira per il mondo ed è quello di Karl Marx. A dispetto
della veneranda età — avrebbe compiuto duecento anni il 5 maggio — e a
dispetto delle rivoluzioni fallite, il suo barbone continua a sventolare
nelle librerie e nelle università di tutto il pianeta. Senza disdegnare
i luoghi del capitalismo più avanzato — il gigante Google gli dedica
quasi novantatré milioni di link — e le lusinghe dell’industria
cinematografica che proprio in questi mesi ne proietta la figura
rinverdita. Ed è un segno dei tempi che il regista nero Raoul Peck abbia
osato oggi quel che nel passato in pochi avevano tentato, ossia
tradurre in un film la rivoluzione politico- intellettuale del giovane
Karl. Più facile raccontare vite romanzesche che l’avventura di un
pensiero irrequieto.
Al principio del XXI secolo un sondaggio
della Bbc l’ha incoronato filosofo più influente del precedente
millennio. Prima di Newton e di Einstein. E prima di Tommaso D’Aquino.
Alla sua icona si è inchinato di recente anche il mondo dell’arte,
issando Das Kapital sul palcoscenico della Biennale: come interpretare
le fratture della contemporaneità se non ricorrendo al filosofo di
Treviri? E forse proprio da qui occorre cominciare, dalle contraddizioni
e dalle aporie del mondo circostante, per tentare di capire una
renaissance che supera i confini del Novecento. Un’imprevista fioritura
che attecchisce nel cuore pulsante del capitalismo americano, tra i
ventenni e trentenni di Jacobin, la rivista della sinistra radicale che
non ha paura di evocare parole ritenute imbarazzanti dalla generazione
precedente perché inseparabili dai regimi totalitari. « Quando avevo
vent’anni » , ha dichiarato il caporedattore Seth Ackerman, « dirsi
socialista era davvero eccentrico, mentre oggi è una qualifica che molti
giovani rivendicano». Oggi Seth ha trentacinque anni, e non insegue
certo la rivoluzione. Ma legge Il Capitale per denunciare le
diseguaglianze, e come lui altri millennial che su precarietà e
indebitamento hanno visto infrangersi il sogno americano.
E qui ci
avviciniamo alla data di rinascita di Marx, da collocare tra il 2007 e
il 2008, in coincidenza con il terremoto economico e finanziario.
Perché, come suggerisce Jonathan Wolff nella monografia pubblicata ora
dal Mulino, “anche se non ne condividiamo le soluzioni, è innegabile che
i problemi da lui individuati siano tuttora molto gravi”. In altre
parole, il comunismo è fallito, la sua utopia s’è rivelata un incubo,
“ma l’avversario storico non è innocente e una sua assoluzione parrebbe
fuori luogo”, sostiene il professore di Oxford che scrive sul Guardian.
Ed è proprio Marx a fornirci gli strumenti per analizzarlo. Quali gli
attrezzi spendibili oggi? «Il suo merito principale consiste nell’aver
messo in luce, centocinquanta anni fa, alcune grandi contraddizioni del
sistema di produzione capitalistico che ancora persistono», dice Stefano
Petrucciani, autore di una monografia e curatore per Carocci di Una
storia del marxismo
in tre volumi. «Prendiamo la diagnosi del
capitalismo come crescita e innovazione, con un progressivo risparmio di
lavoro. Oggi questa sua tesi risulta drammaticamente vera: la crescita
non riesce a essere espansiva, ma intensifica il ricorso alle macchine a
danno dell’occupazione». Con conseguenze serie sul terreno della
giustizia sociale che possiamo osservare anche attraverso un’altra lente
fornita dal Capitale, la stessa sulla quale l’economista francese
Thomas Picketty ha costruito la sua fortuna editoriale. «Nella sua
teoria sull’immiserimento progressivo», spiega Petrucciani, «Marx
immaginava che il capitalismo avrebbe peggiorato le condizioni della
classe operaia: in realtà non è stato così. Ma in questi ultimi anni
abbiamo assistito a una sorta di “ immiserimento relativo”: i poveri non
sono diventati più poveri in senso assoluto ma in senso relativo,
essendosi accresciuta di molto la distanza tra le fasce più basse dei
livelli di reddito e quelle più alte » . La terza faglia intravista da
Marx s’incunea tra la necessità di comprimere i salari — per aumentare
il profitto — e il bisogno di vendere le merci ai lavoratori. «L’ultima
grande crisi del capitalismo scaturisce proprio da questa contraddizione
», sostiene Petrucciani. «Per sostenere il consumo delle classi a basso
reddito le si è spinte a indebitarsi con finanziamenti, mutui etc. E da
qui è nata la grande bolla immobiliare poi deflagrata nell’economia
mondiale».
Marx anticipatore del fallimento della Lehman Brothers?
A pensarci bene, sono proprio le mani nei capelli degli operatori
finanziari di Wall Street a chiudere le immagini che scorrono in coda a
Il giovane Karl Marx, in sottofondo le note di Like a Rolling Stone di
Bob Dylan. Anche David Harvey, studioso di geografia politica, è
convinto che le analisi sulla spregiudicatezza e l’irrazionalità del
capitalismo siano più pertinenti oggi di quanto lo fossero all’epoca in
cui sono state scritte. “ Quello che ai suoi tempi era un sistema
economico dominante solo in un angolo della terra ora si estende in
tutto il mondo”, sostiene Harvey in un saggio esplicito fin dal titolo,
Marx e le follie del capitale (Feltrinelli). E qui ci si imbatte in un
altro aspetto del suo pensiero quanto mai vitale: la globalizzazione
della produzione e del mercato. « Marx aveva capito che era nella natura
del capitalismo essere una “forma mondo” capace di rompere i confini
nazionali e continentali», interviene Mario Tronti, antico operaista e
intellettuale con largo seguito a sinistra. Allo studioso piace evocare
l’immagine di un “ Marx profeta” cara a Schumpeter. « Un’altra sua
grande intuizione riguarda una condizione umana mai davvero superata,
quella dell’alienazione. Il giovane Marx dei Manoscritti economico-
filosofici seppe osservare la perdita d’umanità nell’operaio che mette
qualcosa di sé nel prodotto senza riuscire mai a riconquistare
integrità. Oggi, in un mondo per molti aspetti disumano, mi sembrano
sempre più evidenti i segni di questa perdita di sé».
Alienazione,
classe, ideologia, sfruttamento: anche se detestate dalle scienze
sociali mainstream, sono parole che hanno cambiato il modo di guardare
il mondo. Così come oggi sarebbe difficile ignorare la visione marxista
della storia che vede le forze economiche al primo posto. Ma
un’attrezzatura così duttile per l’attualità non rischia di favorire una
lettura troppo schiacciata sul presente? Al contrario. Il Marx che oggi
trionfa nelle aule universitarie e nei circoli colti è il classico
liberato da ogni ipoteca ideologica novecentesca, da leggere
criticamente nelle sue mancanze e contraddizioni. E non è casuale che il
rilancio sia partito dal mondo anglofono, regno della filosofia
analitica, per rimbalzare in Francia dove oggi registra un rinnovato
interesse accademico. Il dogma sembra cedere il passo alla filologia,
con nuove edizioni delle opere nate postume e frammentarie. « Anche se
in Italia si fa più fatica a liberarlo da vecchie incrostazione » ,
annota Petrucciani del quale sta uscendo in Francia Marx critique du
libéralisme (éditions Mimésis). E intanto si potrebbe misurarne la
popolarità dal numero di saggi e riedizioni che invadono gli scaffali,
dall’affilato Marxismo dopo Marx di Giuseppe Bedeschi (Castelvecchi)
agli scritti inediti di Ágnes Heller che ne valorizzano la dimensione
filosofica (sempre Castelvecchi), da Senza comunismo di Antonio A.
Santucci, riedito dagli Editori Riuniti, alla nuova edizione del
Manifesto con i commenti di Balibar e Žižek ( Ponte alle Grazie). Con
un’incursione nel suo privato più doloroso in Karl Marx dal barbiere (
Edt) di Uwe Wittstock, che prende spunto da un episodio poco conosciuto
della sua vita, il viaggio ad Algeri dopo la morte della moglie Jenny.
“
Finora i filosofi hanno interpretato il mondo. Ora è venuto il momento
di cambiarlo”. Potrebbe essere un tweet, invece è l’undicesima tesi su
Feuerbach che ha nutrito la fantasia di molti intellettuali engagé. Ma
il mondo Marx è riuscito davvero a cambiarlo? Seppure con tutti i suoi
scossoni, l’economia capitalistica sembra infischiarsene di rivoluzioni e
profezie. « Senza Marx » , riflette Petrucciani, «non avremmo avuto
fondamentali conquiste sociali. I partiti socialisti moderni nascono dal
suo pensiero politico, anche se non c’è accordo su quale sia la vera
filiazione: quella riformista gradualista o quella radicale
rivoluzionaria». Secondo Tronti la sua grande intuizione è di aver
capito che il capitale è come un Proteo, capace di cambiare forma in
ogni momento. « E la sua lezione è stata compresa più dalla borghesia
che dai suoi avversari, irrigiditi dal dogmatismo». Poco prima di
morire, Eric Hobsbawm raccontò di aver ricevuto una telefonata inattesa.
«Il mio interlocutore voleva sapere che pensassi di Marx, per poi dirmi
in tono grave: “ Quell’uomo riuscì a scoprire sul capitalismo cose di
cui oggi dobbiamo tenere conto”». Era George Soros, uno degli uomini più
ricchi del pianeta.