Repubblica 9.6.18
Le differenze tra destra e sinistra
La democrazia del sorteggio
di Nadia Urbinati
I
movimenti populisti nati in questo decennio di crisi hanno rivendicato
una rappresentanza popolare al di là di destra e sinistra. Lo ha fatto
Podemos e lo fa il M5S. Anche il centrosinistra ha flirtato con questo
paradigma generalista. Ricordiamo la recensione di Matteo Renzi alla
nuova edizione di Destra e sinistra di Norberto Bobbio del 2014, dove
l’appena insediato presidente del Consiglio scrisse che la distinzione
più aderente alla realtà era conservazione/ innovazione, non più destra e
sinistra.
In un’intervista recente a Il Sole24Ore, Davide
Casaleggio è andato ben oltre. Ha dichiarato che le « categorie
novecentesche di destra, sinistra e centro» non fanno più parte del
«vissuto dei cittadini». Ci sono solo «le persone perbene » . La
divisione è morale. In un certo qual modo oggettiva; e quindi annulla la
scelta: non ha senso dire che vado a votare per scegliere un candidato
non perbene. È ovvio che tutti noi pensiamo di scegliere candidati
perbene. Sulle «persone perbene» non vi è scelta. Ci vuole qualche cosa
che le distingua.
La Rete è il luogo e il valore intorno al quale
il parlamentarismo diretto del M5S si dipana. Nella tradizione di
Adriano Olivetti, che già negli anni Cinquanta sognò una democrazia
integrata senza partiti, Davide Casaleggio, fondatore di “Sum”, espone a
Ivrea l’utopia della politica senza ideologia: la Rete è un diritto
perché è uno strumento per condividere conoscenze e dati; la Rete crea
comunità e nello stesso tempo consente un collegamento diretto tra
cittadini e parlamentari. Senza passare per la mediazione dei partiti
organizzati; usando solo un clic. Indubbiamente si tratta di una sfida
radicale e vi è da credere che ci saranno sviluppi futuri nella
democrazia del web. Tuttavia, due osservazioni meritano di essere
considerate.
La prima riguarda il ruolo dell’interazione fisica
nella politica: Jean-Jacques Rousseau, che dà il nome alla piattaforma
del M5S, prevedeva che i cittadini della sua repubblica “ volassero”
all’assemblea per votare sulle leggi. Voto diretto, ma anche convergenza
in un luogo fisico. Si potrebbe obiettare che la vicinanza fisica era
in effetti un orpello, visto che ciascun cittadino doveva ragionare in
silenzio, senza interagire con gli altri. Ma la presenza fisica era un
fattore imprescindibile; diversamente, Rousseau avrebbe optato per
l’elezione di rappresentanti. Del resto, anche il M5S si è servito di
presenza fisica diretta in campagna elettorale, poiché è irrealistico
pensare che in tutti gli angoli del Paese vecchi e giovani usino
Internet. La seconda osservazione riguarda il ruolo delle elezioni.
Forse
destra e sinistra non esistono più nelle forme che avevamo conosciuto,
ma è fuori di dubbio che differenze ci siano: la destra corrisponde oggi
a un’idea identitaria di Paese e di Europa, nazionalista e xenofoba; la
sinistra a un’idea di società più aperta, con politiche di integrazione
e con un esplicito impegno di giustizia sociale. Un elettore non può
evitare il giudizio politico o figurarsi visioni diverse del vivere
democratico; la sua scelta non è fra dati che mostrano il candidato
“perbene” e quello “ non perbene”. Le opzioni politiche sono costruzioni
discorsive che danno senso alla scelta elettorale. Se davvero non ci
fossero divisioni tra narrative, perché scegliere Di Maio invece di
Salvini? Siamo logici: se le distinzioni sono decadute, perché votare?
Non sarebbe meglio lanciare in aria una monetina e fare “ testa” o
“croce”? In una democrazia in Rete che cancella non solo i partiti, ma
anche le distinzioni di narrativa, le elezioni hanno poco senso; meglio
usare il sorteggio.