sabato 7 aprile 2018

Repubblica 7.4.18
Mengele, l’angelo della morte che visse due volte
di Susanna Nirenstein


Il romanzo di Olivier Guez sulla fuga del medico nazista
Per tre anni Olivier Guez , ebreo, giornalista, sceneggiatore nato a Strasburgo nel 1974, esperto di Germania nel dopoguerra, si è svegliato ogni mattina pensando a Josef Mengele; ha vissuto, rivendica, con questo criminale nazista di una mediocrità abissale, lottando contro lui e gridando il suo nome nella notte. Quel che voleva fare era rintracciare, in fondo alla sua fuga infinita, la psicologia del medico tedesco che per due anni, dal maggio ’43 al 17 gennaio ’45, ha incarnato il processo delle selezioni sulla banchina ferroviaria di Auschwitz, scegliendo chi mandare a morte nelle camere a gas e chi spedire ai lavori forzati, vagliando i convogli in entrata per scoprire eventuali gemelli con l’ordine Zwillinge heraus! (gemelli un passo avanti), la sua ossessione, visto che voleva scoprirne, quale medico primario di Birkenau, il segreto genetico per aumentare la prolificità della pura razza germanica. Bambini e adulti su cui sperimentò tutto, compreso il cambio dei colore degli occhi e l’unione dei corpi con organi in comune formando dei siamesi artificiali, o monitorando la morte per fame di neonati, uccidendoli alla fine dei suoi test con una iniezione di fenolo nel cuore, cercando anche individui con anomalie fisiche che potessero essere utilizzati per ricerche: questi ultimi dopo esser stati visitati venivano uccisi a colpi di arma da fuoco, i loro corpi dissezionati, le ossa inviate a Otmar von Verschuer, direttore dell’Istituto per la ricerca biologico-razziale che a fine guerra tornò in cattedra. Il loro scopo era dimostrare che la superiorità dei nordici era dovuta a fattori di ereditarietà. Mengele non è finito mai nelle mani dei cacciatori di nazisti e da questo libro capiamo tappa per tappa come ha fatto. Le connivenze, la famiglia alle spalle. Il governo tedesco nel 1956 gli ridette addirittura il suo documento di identità. La sua inafferrabilità divenne un mito ammantato di una definizione epica, l’Angelo della morte. Per Guez occorreva destrutturare la leggenda e calarsi nella sua miseria. È di pochi mesi fa il bel libro di Bettina Stangneth La verità del male. Eichmann prima di Gerusalemme, una ricostruzione fattuale dei delitti commessi dell’ingegnere della deportazione e dello sterminio degli ebrei; ora Guez sceglie un metodo opposto, una storia documentata ma romanzata – sulle orme di A sangue freddo di Capote – che si svolge all’indomani della fuga di Mengele, dal rilascio del falso documento di identità a Termeno in Alto Adige e soprattutto dal suo viaggio sulla North King, la nave che, sotto il nome Helmut Gregor, meccanico italiano di lingua tedesca, lo porta da Genova a Buenos Aires. Gli ex camerati gli hanno promesso un arrivo facilitato in quella comunità di ex nazisti che in Argentina apre bar, giornali, locali Nuova Bavaria. Un universo protetto da Juan e Evita Perón, privilegiato e nostalgico, privo di rimorsi, che l’accoglierà, gli farà riprendere incredibilmente le sue vere generalità e lo proteggerà a lungo.
Se può essere di consolazione, la sua esistenza non sarà sempre dorata. Dalla cattura di Eichmann in poi, la fuga si farà sempre più affannata, disperata, solitaria, malata, in Paraguay prima, in Brasile poi, dove lo seguiamo passo passo. La mente malefica di Mengele è messa a nudo. Il risultato è compatto, disturbante.
Non c’è, come non ci poteva essere, redenzione.