Repubblica 16.4.18
Calenda “È emergenza governo di transizione con Pd, M5S e Lega”
Intervista di Claudio Tito
Il
 Pd non può restare immobile, deve farsi promotore di una proposta per 
uscire dallo stallo. Deve mettere sul banco l’idea di “un governo di 
transizione”, sostenuto Da tutti i partiti. Che possa affrontare la 
“tempesta perfetta” pronta ad abbattersi sul nostro Paese. Che duri 
almeno un paio di anni, affronti la crisi internazionale, dia sostengo 
alle nostre debolezze economiche e disegni un nuovo assetto 
costituzionale.
Carlo Calenda, ministro uscente dello Sviluppo 
economico e da poco iscritto al Partito Democratico, esce dal silenzio 
in cui si era trincerato dopo le elezioni del 4 marzo. E lo fa lanciando
 sul tavolo la via dell’esecutivo di tutti per provare ad uscire dalla 
paralisi politica e dal blocco che si è determinato dopo il voto nel 
sistema dei partiti.
«La crisi Siriana - premette - è destinata ad 
allargarsi anche se si dovessero arrestare temporaneamente i raid. Il 
Medio Oriente sta vivendo la sua guerra dei 30 anni. Sciiti e Sunniti al
 posto di Cattolici e Protestanti ed esattamente come nella guerra dei 
30 anni il conflitto sta risucchiando le grandi potenze esterne al mondo
 mussulmano. Dobbiamo preparaci ad un’instabilità prolungata che 
contagerà il nord Africa con pesanti riflessi sui flussi migratori».
In
 realtà non sembra che quel sta accadendo in Siria stia provocando in 
tutte le forze politiche - a cominciare proprio dalla Lega - sussulti di
 responsabilità.
«Ma bisogna capire che non è una situazione 
ordinaria. L’Italia rischia di essere l’anello fragile di un Occidente 
fragilissimo. Siamo esposti finanziariamente, a causa del debito, e 
geopoliticamente come frontiera sud dell’Europa.
Tutto ciò mentre gli
 stimoli della Bce vanno esaurendosi e una guerra commerciale sembra più
 vicina, con potenziali riflessi pesantissimi sul nostro export. Non 
possiamo affrontare questa tempesta perfetta in una situazione di 
instabilità politica e istituzionale che rischia anche di tagliarci 
fuori dal lavoro che Francia e Germania stanno iniziando per rifondare 
l’Europa».
Quindi?
«Il Pd dovrebbe proporre la costituzione di un 
Governo di transizione sostenuto da tutte le forze politiche e 
parallelamente la formazione di una commissione bicamerale sulle riforme
 istituzionali che risolva tre questioni fondamentali: la possibilità di
 formare esecutivi stabili in un sistema politico tripolare, il rapporto
 tra autonomia delle regioni e interesse nazionale, i tagli ai costi 
della politica e soprattutto la trasparenza nella gestione dei partiti. 
Una Commissione la cui Presidenza possa essere del Movimento 5S che 
rappresenta oggi il primo partito e potrebbe proporre alle altre forze 
la sua idea sulla terza repubblica».
Mi scusi, ma mi pare che lei la 
faccia troppo facile. Il suo partito, il Pd, ha tenuto tutt’altra linea 
fino ad ora. Nessuna alleanza.
«Ma noi non dobbiamo accettare 
alleanze. Se mi parlassero di un accrocchio politico, anche io direi no.
 Ma a questo punto non può dire soltanto “opposizione e basta”. Va 
rovesciata la prospettiva».
Lei dice “a questo punto”. A quale punto si riferisce?
«Si
 è capito che nessuno ha vinto le elezioni e i tentativi di costruire un
 governo politico tra Lega e M5S mostrano tutta la fragilità di questo 
progetto. È viceversa chiaro che il Pd ha perso le elezioni e che non 
può partecipare ad un governo politico con i grillini o la destra senza 
tradire se stesso e i propri elettori. Noi allora non possiamo 
rinchiuderci nel recinto delle nostre infinite polemiche interne su 
Assemblee, primarie e caminetti o nel “tanto peggio tanto meglio” 
arrivando ad auspicare un Governo Salvini-Di Maio».
Renzi, che un peso nel partito ce l’ha ancora, non ne vuol sentire nemmeno parlare.
Preferisce che si certifichi prima l’insuccesso di Lega e M5S.
«Ripeto:
 quel governo sarebbe una iattura. E io non chiedo un governo politico. 
Su questo sono assolutamente d’accordo con Renzi. Dobbiamo però fare una
 proposta. Per uscire da questo vicolo cieco e anche per aprire in modo 
ordinato e sicuro la terza Repubblica».
Scusi, ma sulle riforme costituzionali mi pare che il Pd si sia già scornato. Servirebbe una transizione davvero lunga.
«Lo
 so. Ma possiamo rinunciare? So bene che ci servirebbero almeno due 
anni. Ma solo così si uscirebbe dalla Seconda Repubblica».
Con questo tripolarismo quale legge elettorale può garantire la stabilità?
«Il doppio turno maggioritario con, appunto, una riforma costituzionale».
Lei saprebbe anche a chi affidare la presidenza del consiglio di questo governo?
«No,
 non lo so. In questo momento bisogna in primo luogo verificare se c’è 
la disponibilità a una prospettiva più larga rispetto a quella di cui si
 discute in questi giorni».
Qualcuno dirà che lei si candida alla guida di questo esecutivo.
«Se avessi questa idea, non farei questa intervista. Rimarrei in silenzio».
Lei fa riferimento all’emergenza internazionale. Ma la Lega, sia sulla Siria sia sull’Europa, non ha fornito garanzie piene.
«Prima
 delle elezioni tutti volevano uscire dall’euro, ora non ne parla più 
nessuno. Quando si esce dal voto, le cose cambiano. C’è spazio per fare 
un accordo di programma che parta da alcuni principi: stabilità dei 
conti pubblici e riduzione del debito, rispetto della collocazione 
internazionale dell’Italia, partecipazione attiva al disegno di 
ricostruzione europea nel senso di un’Europa capace di proteggere, 
stimolare gli investimenti e implementare finalmente il migration 
compact proposto dall’Italia, una politica economica orientata alla 
difesa dell’interesse nazionale, agli investimenti e alla protezione a 
partire dal rafforzamento del reddito di inclusione. Una cabina di regia
 formata dai segretari dei partiti che sostengono il Governo vigilerebbe
 sul rispetto del programma».
Ma lei davvero pensa che Lega e M5S che
 si sono dichiarati i vincitori di questa tornata elettorale, sarebbero 
davvero pronti a un passo indietro del genere?
«Converrebbe anche a 
loro. Salvini e Di Maio hanno dimostrato di essere politici capaci ma la
 loro esperienza di Governo è fragile ed è il momento meno indicato per 
compiere salti nel buio. Il rischio di bruciarsi insieme al paese 
sarebbe altissimo anche per loro».
E il Pd è in grado di reggere un 
urto di questo tipo? Non ha un segretario definitivo, lo scontro tra 
renziani e antirenziani è senza fine.
«Martina sta facendo bene il lavoro di reggente. Poi, certo, servirebbe una segreteria larga, costituente.
Con
 dentro gli ex segretari come Renzi e Veltroni, e gli ex premier come 
Gentiloni e Letta. Il Pd va rifondato e serve l’aiuto di tutti. I 
governi di Paolo e Matteo sono stati i migliori degli ultimi anni ma 
siamo stati travolti da un’ondata di riflusso che colpisce i partiti 
progressisti in tutto il mondo. La destra può rifugiarsi nel 
nazionalismo, la sinistra deve trovare la sua nuova strada».
Nel frattempo il governo dimissionario di cui lei fa parte deve affrontare alcuni impegni.
Su Tim , ad esempio, è sceso in campo.
«Cdp
 è intervenuta per supportare un progetto che vuole trasformare Tim in 
una public company e scorporare la rete non per prendere il controllo 
dell’azienda. Vivendi è stato un pessimo azionista e l’Italia ha bisogno
 di una rete unica forte capace di mobilitare investimenti.
Sono 
favorevole agli investimenti esteri, ma questo non vuol dire rimanere 
inerti quando dimostrano di distruggere valore piuttosto che crearlo 
soprattutto quando in ballo c’è un interesse strategico».
Scusi, Cdp sarà un socio transitorio di Tim ma anche della rete societarizzata?
«No,
 lo Stato dovrà avere una presenza ma non necessariamente il controllo. 
La rete telefonica dovrà essere come quella del gas, dell’elettricità o 
dell’acqua. Sarà una garanzie per tutti gli operatori».
Su Alitalia, invece, ha delle preferenze tra le tre offerte?
«I
 Commissari hanno fatto un buon lavoro. Il prestito ponte è 
sostanzialmente intatto ma, andrà comunque restituito dopo la vendita. 
Alitalia rimane fragile e ha bisogno di un partner. C’è la possibilità 
di lavorare sulle offerte e arrivare a una soluzione strutturale che non
 costi più ai cittadini. Ma anche qui c’è bisogno del nuovo Governo 
altrimenti gli investitori non compreranno. Per questo faremo il decreto
 di spostamento dei termini della vendita.
Oggettivamente, però, l’offerta Lufthansa è quella più promettente».
 
