Repubblica 1.4.18
La scrittrice palestinese Suad Amiry
“La nostra rivolta viene dal basso e riguarda tutti”
di An. Gu.
«Questa
è una protesta potentissima perché non violenta. Perciò gli israeliani
sono spaventati. Non abbiamo un leader come Gandhi, ma la nostra rivolta
si ispira a lui». Suad Amiry è forse la più grande scrittrice
palestinese vivente. Ha abitato per tanti anni a Ramallah, in
Cisgiordania, e sulla tragica questione che da molti decenni affligge il
suo popolo e quello israeliano ha pubblicato opere come Sharon e mia
suocera, Murad Murad e Niente sesso in città (Feltrinelli), in cui ha
sempre rivendicato diritti e libertà per i palestinesi. Stavolta, però,
qualcosa è cambiato.
Amiry, che cosa ne pensa delle ultime proteste di Gaza al confine con Israele?
Provocazione o disperazione?
«Userei
un altro termine: occupazione. Noi palestinesi dobbiamo ottenere la
nostra libertà, la nostra indipendenza, la terra dalla quale siamo stati
cacciati, inclusa la mia famiglia da Jaffa. E forse ora abbiamo trovato
un modo efficace per rivendicare i nostri diritti. Questa è una
protesta non violenta, che non è manipolata da Hamas.
Nella prima
intifada c’erano solo uomini a combattere, adesso ci sono le donne in
strada, insieme a vecchi e bambini. Se siamo presenti noi donne, può
stare sicuro che questa è una protesta pacifica».
Qual è la ragione di questo cambio di strategia?
«Dopo
l’annuncio degli Stati Uniti su Gerusalemme capitale abbiamo cominciato
a pensare a metodi alternativi contro l’occupazione degli israeliani,
che ora sono molto preoccupati. I loro militari sanno fronteggiare la
guerra, ma non le persone pacifiche e questo è dimostrato dalla reazione
spropositata di venerdì contro molta gente inerme, cittadini che da
dieci anni sono sotto assedio, senza il diritto a movimento, acqua,
elettricità».
Lei non crede che le proteste siano state dirette soprattutto da Hamas per scopi politici?
«No. Questo è un movimento che viene dal basso, dal popolo: donne, bambini, giovani, sono tutti in strada».
Con quale scopo adesso?
«Far sì che la comunità internazionale si accorga di noi.
Se
massacreranno centinaia di palestinesi inermi, voglio vedere come
reagiranno Stati Uniti ed Europa, la quale fa tanto, giustamente, per i
rifugiati di tutto il mondo, ma se si tratta dei palestinesi, tace».
La
stragrande maggioranza delle proteste però c’è stata a Gaza. La
reazione dei palestinesi in Cisgiordania e Gerusalemme Est è stata
decisamente minore.
«Sbagliato. Questo sarà un movimento generale e pacifico che si espanderà presto. E le donne saranno fondamentali.
Personalmente,
per la prima volta dopo tanti anni, ho sentito il bisogno e la voglia
di tornare in strada a manifestare. Non abbiamo un Gandhi, ma ora noi
palestinesi stiamo manifestando proprio come lui».
Manca però un leader ai palestinesi, già divisi, e il presidente Abu Mazen appare sempre meno influente.
«Abu
Mazen sta perdendo ogni autorità perché i suoi sforzi sinora non hanno
prodotto niente. È destinato alla sconfitta perché Israele e Stati Uniti
lo hanno praticamente sfruttato e delegittimato, visto che non vogliono
veramente negoziare con i palestinesi, ma comprimerci in terre sempre
più anguste. Però anche Hamas ormai non ha più molta influenza. I
palestinesi hanno capito che il futuro è nelle loro mani, non nei
politici come Fatah, il partito di Abu Mazen, o Hamas».