La Stampa 8.4.18
Tecnologia e una grande classe media indeboliranno il potere di Putin e Xi
Con l’autoritarismo Russia e Cina coprono la loro instabilità. Gli Usa devono prepararsi alla sfida
di Robert D. Kaplan
Siamo
passati dal mondo delle lotte ideologiche del 20° secolo al mondo delle
lotte geopolitiche del 21° secolo - così almeno crediamo. Ma la
tecnologia si sta sviluppando a una tale velocità che questo mondo di
conflitti geopolitici probabilmente evolverà verso un altro stadio del
confronto.
L’Eurasia sarebbe a rischio, nel momento in cui le autocrazie destabilizzanti di Mosca e Pechino diventassero instabili.
Nel
dicembre 1997 scrissi la storia di copertina dell’Atlantic,
s’intitolava «Was democracy just a moment?». Tra le élite politiche
regnava un ottimismo sfrenato sul futuro trionfo della democrazia in
tutto il mondo.
Al contrario, io sostenevo che un tale trionfo
avrebbe avuto vita breve e che sarebbero sorte nuove forme di
autoritarismo. Le mie argomentazioni si basavano sull’esperienza sul
campo come corrispondente estero in decine di Paesi dove le elezioni si
erano tenute in assenza di istituzioni e di una classe media. Oggi la
mia esperienza di lettore e di corrispondente estero mi suggerisce
un’altra lezione: la tendenza autoritaria che ho predetto oltre 20 anni
fa potrebbe anche non essere sostenibile.
L’arricchimento della
classe media e il progresso tecnologico, fenomeni frequenti nei regimi
autoritari o semiautoritari stanno mettendo sotto pressione i governi
spingendoli a prestare maggior attenzione alle necessità dei loro
cittadini. La Russia e la China ne sono un tipico esempio. E si trovano
ad affrontare quella che io definisco la trappola di Samuel Huntington.
Huntington,
morto nel 2008, è stato probabilmente il più visionario politologo
statunitense. Il docente di Harvard diventato noto per la sua tesi sullo
scontro di civiltà, anticipò nel 1993 la natura del recente conflitto
tra l’Occidente e l’Islam militante. Ma pubblicò il suo capolavoro
«Ordine politico nelle società in cambiamento», nel 1968. Uno dei temi
centrali è: la creazione di una grande classe media può rivelarsi
politicamente destabilizzante, se i governi e le istituzioni non
diventano contemporaneamente più efficienti e capaci di fornire
risposte.
Il presidente russo Vladimir Putin intimidisce
l’Occidente con le sue politiche di riarmo e di aggressione. Ma regna
piuttosto che governare. La Russia non ha vere istituzioni, quanto
piuttosto una camarilla di oligarchi raccolta attorno al leader. I
russi, tra molti alti e bassi, si sono avviati verso una certa
normalizzazione economica dopo il caotico regno di Boris Eltsin negli
Anni 90. Ma mentre la qualità della vita e in particolare la sicurezza
personale sono migliorate, le istituzioni non si sono evolute, se non in
minima parte. E man mano che Putin invecchia, la stabilità della Russia
non può più essere data per scontata. Nelle periferie dell’impero si
possono creare le condizioni per una versione a bassa intensità dell’ex
Jugoslavia. Sarebbe la fortuna della Russia avere gli stessi problemi
dell’America.
Fino a tempi recenti, la Cina si stava evolvendo
verso un autoritarismo illuminato. Lo stile di governo collegiale dei
tecnocrati incoraggiava l’instaurarsi di istituzioni stabili, e
agevolava le cose il fatto che il mandato dei leader avesse limiti
temporali. Ma la consacrazione di Xi Jinping a presidente a vita
rovescia queste dinamiche. Avere un solo uomo al comando implica il
culto della personalità, ovvero la distruzione del sistema collegiale su
cui poggiava l’esistenza stessa delle istituzioni. E tutto questo
accade in un momento di espansione della classe media cinese, mentre lo
stato sta cominciando a usare mezzi tecnologici come il riconoscimento
facciale e il monitoraggio dei motori di ricerca, per spiare il
comportamento online e offline dei cittadini.
La società cinese
sta entrando in una fase in cui la gente, che nell’ insieme sta
arricchendosi, chiede di più al governo. Questa è la base del
ragionamento che fa Huntington in «Ordine politico nelle società in
cambiamento». Il disordine politico non cessa mai con l’evolversi della
società; semplicemente raggiunge nuovi e più complessi livelli di
instabilità. Ecco perché la storia ha un andamento tanto tumultuoso.
Le
élite americane intimorite dalle dittature in Russia e in Cina, danno
per scontato che il mondo abbia raggiunto una condizione immutabile. Non
è così. Il condizionamento mentale che il regime cinese sta cercando di
imporre alla popolazione al momento funzionerà. Ma alla fine provocherà
un aumento della psicosi, della repressione e dell’ansia a livello
individuale. Da questo nasceranno nuovi sommovimenti sociali.
La
tecnologia sta scompaginando tutti i tipi di società. Anche gli Stati
Uniti. Senza sondaggi d’opinione ed estremizzazioni costruire ad arte in
rete, il mondo avrebbe un clima politico più sereno. Un mondo di stanze
fumose al posto delle primarie avrebbe scelto un candidato repubblicano
più convenzionale per le elezioni presidenziali del 2016. Ma la nuova
situazione di instabilità politica dell’America - con tutti i pericoli
che comporta - è in grado di autoemendarsi. Negli Stati Uniti ci sono
elezioni a livello locale, statale e nazionale, che permettono ai
cittadini e alle loro élite di rispondere e adattarsi a circostanze in
continua evoluzione.
La Russia e la Cina si trovano in una
situazione diversa. La Russia è una costruzione traballante che a un
certo punto potrebbe crollare. La Cina è più solida; nondimeno potrebbe
lentamente trasformarsi in una polveriera sociale pronta a esplodere,
senza uno sfogo per le frustrazioni che l’attraversano. È possibile, in
teoria che Xi, in quanto presidente a vita, possa varare un programma di
drastiche riforme economiche. Ma questo darebbe via libera al bisogno e
all’aspirazione a una maggior libertà personale, proprio il genere di
richiesta che il regime sta cercando di eliminare con il suo tentativo
di controllare il pensiero attraverso la tecnologia.
Finché la
Russia e la Cina si rafforzano militarmente, mantenendo e anzi
intensificando la repressione interna, continueranno nel breve termine a
scontrarsi con l’Occidente. Ma, come all’inizio della Guerra fredda, i
politici devono saper guardare al futuro e alle difficoltà che i loro
avversari incontreranno nel tempo per tenere in piedi i loro sistemi. E
se questi crollano nel prossimo decennio o in quello successivo,
l’Eurasia - di cui Russia e Cina rappresentano i principi organizzativi
geografici - ne sarà estremamente destabilizzata. Gli Stati Uniti devono
prepararsi a questa battaglia, anche se con un certo ottimismo. Sulla
lunga distanza la democrazia vince sempre.
Traduzione di Carla Reschia