La Stampa 7.4.18
“È ora che il parlamento italiano riconosca il genocidio armeno”
Il presidente della Repubblica Sargsyan in visita istituzionale a Roma
“So che Mattarella vuole rendere omaggio alle vittime a Erevan ”
di Francesco Semprini
«I
negoziati sul Nagorno Karabakh oggi non vanno avanti perché le
aspettative dell’Azerbaijan non sono realistiche». È perentorio il
presidente della Repubblica di Armenia, Serzh Sargsyan, dopo la sua
visita istituzionale tra Vaticano e Roma.
Presidente, in occasione
dei suoi incontri istituzionali quale messaggio ha portato e quali
indicazioni ha avuto sulle principali tematiche del suo Paese, a oltre
un quarto di secolo dall’indipendenza?
«Giovedì assieme al Papa
abbiamo partecipato all’inaugurazione della statua di San Gregorio di
Narek in Vaticano, proclamato dottore della Chiesa universale, un
riconoscimento per la conservazione del patrimonio cristiano svolto dal
popolo armeno. Dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ho
appreso con piacere che sta programmando una visita in Armenia. Con i
rappresentanti delle due Camere abbiamo sottolineato l’importanza dello
sviluppo dei rapporti interparlamentari, soprattutto perché nell’ambito
della nostra transizione a repubblica parlamentare ci siamo ispirati
anche al modello italiano».
Ha incontrato anche leader delle formazioni politiche?
«Certamente,
abbiamo avuto modo di parlare con le alte rappresentanze dei partiti.
Sono molto contento nel constatare che anche loro, nel prossimo futuro,
visiteranno l’Armenia. Siamo incoraggiati vista la posizione di queste
personalità nei confronti del Paese».
Il presidente dell’Artsakh,
Bako Sahakyan, ha chiesto all’Italia, in quanto presidente di turno
dell’Osce, di fare quello che i predecessori non hanno mai fatto, ovvero
recarsi in Nagorno Karabakh, lei cosa ne pensa?
«Il Nagorno
Karabakh è una questione imprescindibile. Devo sottolineare che sia il
presidente Mattarella sia la Presidente del Senato, Casellati,
sostengono il formato dei copresidenti del gruppo di Minsk dell’Osce.
C’è poi l’Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l’Ue e
l’Armenia che contiene per l’Artsakh le stesse definizioni utilizzate
dai co-presidenti del gruppo di Minsk sul rispetto di tre principi base
per la soluzione del conflitto. Non ricorso alla minaccia o all’uso
della forza, uguaglianza dei diritti ed autodeterminazione, integrità
territoriale degli stati. Intesa che, dopo la ratifica, diventerà legge
per tutti i Paesi Ue. I negoziati oggi non vanno avanti perché le
aspettative dell’Azerbaijan non sono realistiche. L’Ue deve convincere
Baku a rinunciare alle illusioni, in quel caso il gruppo di Minsk sarà
efficiente. In questo senso ho chiesto al presidente Mattarella di
sollecitare Bruxelles».
Potrebbe essere l’inizio di un processo per il riconoscimento dell’Artsakh?
«Certamente,
il riconoscimento presuppone la sicurezza, quando questa sussisterà
saremo i primi a riconoscere l’indipendenza dell’Artsakh. Farlo ora
significherebbe interrompere i negoziati, la cosa importante è il
riconoscimento da parte di Baku».
Aliyev però non appare collaborativo, anzi.....
«Non
è la prima volta che Aliyev ricorre a toni aggressivi e non è il primo
presidente azero a farlo. I suoi predecessori usavano spesso dire “tra
una settimana andremo a prendere il tè a Stepanakert”. Per fortuna non è
andata così. Un politico non dovrebbe mai porsi traguardi complicati da
raggiungere, perché si fa male da solo. Quando Aliyev infine dichiara
che il territorio storico dell’Armenia è in realtà un territorio
dell’Azerbaijan, deve sempre ricordare che lo Stato dell’Azerbaijan è
apparso per la prima volta sulla mappa politica cento anni fa, invece
noi il prossimo autunno celebreremo i 2800 anni dalla fondazione della
capitale Erevan».
Riguardo al genocidio, nel Parco del Memoriale
del Genocidio “Tsitsernakaberd” i leader del mondo piantano alberi in
omaggio alle vittime. Lo hanno fatto, tra gli altri, Giovanni Paolo II,
Jacques Chirac, Vladimir Putin, ma non c’è nessun nome di presidenti
italiani. Come mai?
«Perché in questi 25 anni nessun presidente
italiano ha fatto visita all’Armenia. Io spero che con l’arrivo del
Presidente Mattarella si aggiunga un altro albero. Questo sarebbe un
importante messaggio politico, ma la decisone del riconoscimento del
genocidio armeno deve essere presa dal Parlamento. Gli italiani hanno
dato un grande contributo allo sviluppo dell’umanità, mentre il
genocidio ne è la sua negazione».