La Stampa 4.4.18
Così Russia, Turchia e Iran si spartiscono la Siria
Ecco come Russia, Turchia e Iran cercano di spartirsi la Siria
Dopo
aver consolidato il potere di Assad, il Cremlino dovrà usare la
diplomazia Oggi il vertice ad Ankara. Damasco dovrà rinunciare a parte
del territorio
di Giordano Stabile
Per Vladimir
Punti il difficile comincia ora. Ha vinto la guerra in Siria, salvato
l’alleato Bashar al-Assad, aperto la strada, con misto di brutalità e
astuzia, alla riconquista di due terzi dei territori da parte
dell’esercito del regime. I principali rivali del raiss sono in
ginocchio: l’Isis respinto in qualche remota area nel deserto, Al-Qaeda
assediata nelle campagne di Idlib, i ribelli moderati cacciati da
Aleppo, Damasco, Homs, deportati e posti sotto l’ombrello turco, dove
possono attaccare sì i curdi ma non hanno più l’autorizzazione a
condurre offensive contro i governativi.
Con la vittoria nella
Ghouta orientale, la banlieue della capitale rimasta per cinque anni in
mano agli insorti, Assad adesso guarda da vicino tre fronti ancora
aperti, tre spicchi di Siria che gli sfuggono. Per consolidare il potere
dell’alleato, lo Zar li deve mettere in sicurezza tutti e tre. Più con
la diplomazia che con la forza. E per farlo deve trovare l’accordo fra
Assad e Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco che ambisce al suo
spicchio e ha un odio viscerale, ricambiato, per il raiss di Damasco.
Lo
spicchio nord-occidentale, quello finito sotto l’influenza turca, è
stato definito la «discarica dei jihadisti». Vi sono confluiti negli
ultimi due anni tutti i gruppi ribelli, moderati e no, cacciati dal
centro del territorio siriano. La parte settentrionale, dove c’è il
cantone di Afrin appena strappato ai curdi con una campagna altrettanto
brutale di quella nella Ghouta, è saldamente in mano a truppe turche e
agli alleati di Jaysh al-Khor, l’Esercito libero siriano. La zona
occidentale, attorno a Idlib, è contesa fra Al-Qaeda e i ribelli
filo-turchi. Qui si gioca anche la partita Assad-Erdogan. Il presidente
siriano vuole recuperare più territori possibile. Erdogan deve
sbarazzarsi di Al-Qaeda ma vuole soprattutto allargare la sua zona verso
Est, a spese dei curdi. I russi sono disposti ad aiutarlo, concedendo
lo spazio aereo ai suoi cacciabombardieri. I dettagli di questa
cooperazione sono stati discussi ieri ad Ankara dal capo di stato
maggiore russo, Valery Gerasimov e il collega turco Hulusi Akar. In
cambio dell’ok di Mosca il leader turco dovrà rinunciare a qualcosa
attorno a Idlib.
Assad comunque non potrà recuperare tutto lo
spicchio nord-occidentale ma dopo potrà concentrare le truppe sugli
altri due fronti. Dove saranno indirizzate dipende dal vertice
Putin-Erdogan-Rohani di oggi, ma anche da quello fra il leader russo e
Donald Trump alla Casa Bianca. A Damasco sentono aria di smobilitazione
da parte degli statunitensi. Lo spicchio nord-orientale, in mano a forze
speciali Usa e guerriglieri curdi dello Ypg, è in bilico. È verso
l’Eufrate, quindi, che si concentrano le manovre iraniane e siriane.
L’intento, anche qui, è quello di recuperare più territori possibile, e
lasciare al massimo in mano a Washington l’estrema punta nordorientale.
Assad ha riallacciato le vecchie alleanze che il padre Hafez aveva
instaurato con alcune tribù beduine della zona: con gli Shaitat, con lo
sceicco dei Baggara, Abdullah Ghadawi, e con i Sabkha. Nelle zone
liberate dai curdi non c’è ancora acqua potabile ed elettricità. La
mancata ricostruzione spinge gli arabi, pur sunniti, nelle braccia del
raiss. Sono nati gruppi di guerriglia che hanno già effettuato attacchi
contro gli alleati degli Usa.
La situazione degli americani quindi
è precaria, sia per le divisioni all’interno dell’Amministrazione Trump
che per la situazione sul terreno. I guerriglieri curdi hanno ritirato
gran parte dei loro uomini dal fronte, per spostarli al confine con la
Turchia, tanto che l’Isis ha rialzato la testa e ripreso alcune
posizioni. La riconquista, parziale, del Nord-Est, è possibile, anche
perché, se gli Usa vanno via, ai curdi, minacciati da Ankara, non
resterà che accordarsi con Damasco. Dove invece Assad non potrà
avvicinarsi più di tanto, pena scontrarsi con un muro di ferro e di
fuoco eretto da Israele, è la frontiera sudoccidentale. Le province di
Dara’a e Quneitra sono ancora in parte in mano ai ribelli, mentre il
premier israeliano Benjamin Netanyahu reclama una zona cuscinetto
attorno al Golan, e ha colpito degli ultimi cinque mesi centinaia di
volte postazioni e convogli di Hezbollah e dei Pasdaran. Assad non potrà
riprendersi lo spicchio sud-occidentale se non con una guerra aperta.
Ed è poco probabile che Putin in questo lo sostenga.