La Stampa 4.4.18
Gaza, Israele avverte Hamas: “Useremo proiettili veri”
di Giordano Stabile
Israele
avverte Hamas e dice che sparerà ancora sui manifestanti che
cercheranno di forzare la frontiera fra Gaza e lo Stato ebraico. Le
dichiarazioni, sia di politici che di militari, arrivano mentre si
prepara una nuova marcia di protesta che rischia di trasformarsi in un
altro venerdì di scontri con Hamas. Il governo israeliano non intende
fare la minima marcia indietro, nonostante le critiche internazionali e
interne per «l’eccessivo uso della forza» contro i dimostranti. «Abbiamo
fissato regole chiare e non intendiamo cambiarle – puntualizza il
ministro della Difesa Avigdor Lieberman -. Chi si avvicina alle
recinzioni della frontiera, rischia la vita». Lieberman ha respinto
l’accusa di aver colpito manifestanti. «La maggior parte erano
terroristi, dell’ala militare di Hamas e della Jihad islamica», ha
ribadito: «È stata una provocazione organizzata ad arte da Hamas».
Anche
fonti militari hanno lasciato trapelare ai media israeliani che
l’atteggiamento non cambierà: «Continueremo ad agire contro i
manifestanti come abbiamo agito lo scorso venerdì». L’uso di mezzi
anti-sommossa, come lacrimogeni, cannoni ad acqua, proiettili di gomma,
sarà limitato. L’esercito sparerà proiettili veri, anche se è
consapevole che potrebbero esserci vittime: «È il prezzo che siamo
preparati a pagare per evitare lo sfondamento del confine». Intanto il
bilancio da venerdì scorso continua a salire, ora è di 18 vittime, e ci
sono ancora 40 persone in gravi condizioni. Ieri un altro palestinese è
stato ucciso dal fuoco israeliano a Bureij, nel centro della Striscia,
mentre la Lega araba ha chiesto all’Onu di aprire un’inchiesta.
Con
la tensione a Gaza che sale di nuovo, è passata in secondo piano la
questione dei migranti africani. Il piano per ricollocarli in Europa, e
in Italia, attraverso la mediazione dell’Unhcr, è defunto. Lunedì sera
il premier lo ha congelato. Ieri Netanyahu ha incontrato una delegazione
di abitanti nei quartieri meridionali di Tel Aviv, dove si concentra
gran parte dei migranti africani, in condizioni precarie, e dove è
aumentata la micro-criminalità. Dopo aver ascoltato le lamentele di
quella che costituisce una sua base elettorale, il premier ha dichiarato
che l’intesa con l’Onu era «annullata».
Netanyahu aveva trattato
con l’Onu senza consultare i Paesi europei, infastiditi da questa fuga
in avanti, ma neppure gli alleati del governo e i suoi collaboratori, a
parte il ministro dell’Interno Arieh Deri. La destra del Likud è
insorta, come pure i partiti conservatori. Anche perché l’accordo
prevedeva che per ogni migrante ricollocato, uno ottenesse un permesso
temporaneo di lavoro in Israele. Il leader del partito Bayit Yehudi,
Naftali Bennet, ha messo l’epitaffio sull’intesa: «Se diamo asilo a 16
mila clandestini Israele diventerà il Paradiso degli immigrati
illegali».