mercoledì 4 aprile 2018

Il Fatto 4.4.18
Netanyahu cancella l’accordo con l’Onu sui migranti africani
Per una parte di Israele i profughi che fuggono da Sudan e Eritrea sono “infiltrati”
Netanyahu cancella l’accordo con l’Onu sui migranti africani
di Roberta Zunini


Benjamin Netanyahu – amico personale di Berlusconi – della freddezza della Germania, di numerosi ministri del proprio esecutivo e buona parte dell’opinione pubblica di Tel Aviv, lo stesso primo ministro ha ieri deciso di cancellare l’accordo bilaterale raggiunto lunedì tra Israele e l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. L’Onu gli ha chiesto di ripensarci. Il primo ministro non ha risposto, ma è tornato su un altro aspetto della vicenda: sul suo profilo Facebook ha scritto che “la principale fonte della pressione europea nei confronti del governo del Ruanda perché si ritirasse dall’accordo per rimuovere gli infiltrati dal Paese, è il New Israel Found”, accusando questa ong americana di aver mandato all’aria l’intesa con il governo di Paul Kagame per accogliere i migranti, e costringendo invece Israele a un’intesa con l’Alto Commissariato dell’Onu (Unhcr), che poi è quella che lui stesso ha annullato. Per Netanyahu, l’ong Usa è “un’organizzazione che riceve fondi da governi stranieri e da figure ostili a Israele, come i fondi di George Soros” e mette in pericolo Israele “come nazione stato del popolo ebraico”. Era stato proprio Bibi ad annunciare che Italia, Germania e Canada avrebbero ricollocato parte dei profughi eritrei e sudanesi che il recente piano anti immigrati israeliano aveva destinato all’espulsione in paesi terzi sicuri, Uganda e Rwanda, in cambio di soldi. L’accordo con l’Unhcr avrebbe dovuto sostituire un piano di espulsione di circa 40.000 migranti, bloccato però dalla Corte suprema israeliana. La bocciatura della Corte suprema aveva così stimolato la conclusione di un accordo con l’Unhcr, in base a cui circa 16.000 migranti sarebbero stati ricollocati in paesi europei. Nel primo anno e mezzo sarebbero partiti circa 6.000 migranti. Uno scenario che ha provocato le proteste del South Tel Aviv Liberation Front: è nella zona sud di Tel Aviv che si concentrano gli “infiltrati”: africani fuggiti dalla dittatura eritrea e dalle guerre in Sudan.