venerdì 27 aprile 2018

La Stampa 27.4.18
Tito, l’Olp e gli incontri a Beirut
I segreti della trattativa per Moro
Il libro di Francesco Grignetti ricostruisce i contatti con le Brigate Rosse per la liberazione. Così si sfiorò un clamoroso scambio di prigionieri
di Francesco Grignetti


Il colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi a Beirut, uomo di fiducia di Moro, alla notizia di via Fani rimane traumatizzato, ma non del tutto sorpreso. Esattamente un mese prima della strage ha inviato alla Centrale una segnalazione che avrebbe dovuto mettere gli apparati dello Stato in allarme. Dalle sue fonti palestinesi ha saputo che in Italia si sta preparando un attacco. La soffiata gli arriva da ambienti dell’Fplp, il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, un gruppo di ispirazione marxista che è considerato intimamente legato al Kgb.
Il maresciallo Giuseppe Agricola, che è stato il braccio destro del colonnello a Beirut per cinque anni, ricorda nitidamente che cosa le lettere significarono in quelle stanze dove lui e Giovannone condividevano le giornate: «Le lettere erano un messaggio. Ci dicevano: andate a bussare alla porta dei palestinesi». Il colonnello Giovannone, infatti, è ben consapevole che i vertici dell’Fplp sanno molto sul terrorismo italiano e che avrebbero potuto aiutarlo ad intavolare una trattativa con i misteriosi capi delle Brigate rosse. A sua volta, il prigioniero Aldo Moro - che viene informato regolarmente dal colonnello di quel che si agita nel Medio Oriente, e che probabilmente è anche al corrente delle soffiate di febbraio - giunge alle stesse conclusioni di Giovannone. Indica le modalità, uno scambio di prigionieri; la scacchiera, quella del Medio Oriente; il mediatore, Stefano Giovannone.
Si apre la trattativa
Il comunicato brigatista n. 8, quello che comprende un elenco di 13 terroristi detenuti da liberare in cambio della vita dell’ostaggio, risale al 24 aprile, una giornata di svolta nel caso Moro, ed è il contraccolpo di quella operazione ambigua del falso comunicato della Duchessa. A suo modo, questo comunicato n. 8 è una sorpresa: le Br, che finora hanno sempre sostenuto di non voler intavolare trattative, stanno contraddicendo sé stesse. E se pure lo scambio è prospettato in maniera provocatoria, come di chi voglia farsi dire di no a tutti i costi, qualcosa cambia nelle loro strategie. Dacché sostenevano di non volere trattare con lo Stato, ora la trattativa è aperta nei fatti.
La data chiave
Devono essere stati febbrili i colloqui di quei giorni in un’altalena di speranze e delusioni. Il 24 aprile, data che ci appare sempre più cruciale, l’Olp comunica agli italiani di avere notizie molto interessanti. Sappiamo da un ennesimo cablo di Giovannone: «Concordata positiva immediata azione vertici Olp che habent già raccolto qualche utile elemento per stabilire contatti noti interlocutori».
Lo Stato
Commenta la commissione d’inchiesta, presieduta dall’onorevole Fioroni: «Tra la fine di aprile e l’inizio di maggio le speranze di salvare Moro diventano più forti. Mentre precedentemente si faceva riferimento soprattutto all’acquisizione di informazioni, eventualmente funzionale a azioni di polizia, quella che si tentò di realizzare dalla fine di aprile, con piena consapevolezza istituzionale, è una vera e propria trattativa, che aveva come intermediari i palestinesi. Nello stesso tempo le indagini tendevano a stagnare, quasi che ormai ci si attendesse una soluzione sul piano politico e non su quello investigativo-giudiziario» .
Sì, Cossiga sapeva
Nel 2008, l’ex presidente della Repubblica scrive una lunga lettera al «Corriere della Sera». «La polizia e i carabinieri mi riferirono che avevano sentore che si sviluppassero azioni parallele e vere e proprie trattative, via terrorismo internazionale di sinistra sostenuto dall’Est-servizi segreti della Jugoslavia e della Ddr-resistenza palestinese, con l’ausilio di strutture militari italiane, azioni aventi come scopo la liberazione di Moro attraverso scambi di prigionieri a livello internazionale».
Il contatto italiano
Oreste Scalzone (all’epoca direttore di una rivista dell’ultrasinistra, ndr) riceve un messaggio che origina da Beirut. «Avevano cercato me, i miei compagni dei Comitati comunisti rivoluzionari e della rivista Metropoli così come altri, immagino, spinti dallo scrupolo di non lasciar cadere nulla senza quanto meno “passar parola” e far pervenire un messaggio alle Br». Il messaggio per Scalzone, da girare ai suoi amici brigatisti, gli arriva dai compagni tedeschi.
La missione dello 007
L’ex capo dei servizi segreti, Fulvio Martini, all’epoca vicedirettore operativo del Sismi, ha raccontato così il suo 9 maggio: «Il mio compito, quel giorno, era andare a prelevare i tre della Raf che erano in mano a Tito, due uomini e una donna. Uomini della Raf che dissero di aver avuto rapporti con le Br a Milano. Mi portarono a Portorose e cominciammo a discutere» .
L’accenno di Andreotti
Il 10 maggio, si profila una tempestosa riunione in Parlamento. Andreotti nel corso della riunione del Consiglio dei ministri invita tutti a mantenere i nervi freddi. Intanto racconta che lui e Cossiga, nonostante le apparenze, hanno esplorato diverse strade «non ortodosse». In questo contesto escono i nomi di Gheddafi e di Arafat. Ma di queste trattative «non ortodosse» non deve restare traccia.