La Stampa 12.4.18
Il Papa fa autocritica sui preti pedofili in Cile
Francesco: ero stato male informato. E convoca i vescovi
di Andrea Tornielli
Il
Papa convoca a Roma i vescovi del Cile e chiede perdono per i «gravi
sbagli di valutazione» sui casi di pedofilia, dovuti a «mancanza di
informazione veritiera ed equilibrata», che evidentemente non gli è
stata mai fornita. Parla delle «vite crocifisse» delle vittime degli
abusi e annuncia che riceverà in Vaticano alcuni di loro. Quelle vittime
che mai prima d’ora si erano sentite accolte e ascoltate dai vertici
della Chiesa cilena. È dirompente la lettera che il Papa ha indirizzato
ai vescovi del Paese al termine dell’inchiesta condotta dal suo inviato,
l’arcivescovo maltese Charles Scicluna. Quest’ultimo ha consegnato tre
settimane fa nelle mani del Pontefice un report con 64 testimonianze,
per un totale di 2.300 pagine. E la realtà che esce da quelle pagine
provoca in Francesco «vergogna e dolore».
Come si ricorderà, gli
insabbiamenti degli abusi commessi dal potente monsignore Fernando
Karadima, parroco trascinatore di giovani e “formatore” di preti e di
vescovi, hanno fatto discutere per mesi in Cile e nel mondo sulle
responsabilità della Chiesa. Anche per il caso collegato del vescovo
Juan Barros, uno dei pupilli di Karadima. Barros ha sempre negato di
essere stato a conoscenza degli abusi commessi dal suo mentore, ma
alcune vittime sostengono il contrario. Durante il viaggio dello scorso
gennaio in Cile il Papa era sembrato dar poco credito alle accuse delle
vittime, ma si era detto disposto a prendere in considerazione nuove
evidenze. Evidentemente coloro i quali gliele dovevano fornire -
l’anziano cardinale Francisco Errázuriz, membro del consiglio del C9, il
suo successore cardinale Ricardo Ezzati e la nunziatura apostolica -
non l’hanno fatto o l’hanno fatto soltanto parzialmente.
«Per
quanto mi riguarda - scrive Francesco - riconosco che sono incorso in
gravi sbagli di valutazione e di percezione della situazione,
specialmente per mancanza di informazione veritiera ed equilibrata. E
fin d’ora chiedo perdono a tutti coloro che ho offeso e spero di poterlo
fare personalmente, nelle prossime settimane, negli incontri che terrò
con i rappresentanti delle persone che hanno testimoniato».
Il
Papa ricorda di aver inviato in missione speciale monsignor Scicluna e
il suo collaboratore monsignor Jordi Bertomeu Farnós per «ascoltare con
il cuore e umiltà» i racconti delle vittime e dei testimoni, alcuni dei
quali mai prima d’ora ascoltati. «Quando mi hanno consegnato la
documentazione, e in particolare la loro valutazione giuridica e
pastorale sulle informazioni raccolte - continua Bergoglio - hanno
riconosciuto davanti a me di essersi sentiti sopraffatti dal dolore di
tante vittime di gravi abusi di coscienza e di potere e, in particolare,
degli abusi sessuali commessi da diversi consacrati del vostro Paese
contro minori» ai quali «è stata rubata l’innocenza».
Francesco
ringrazia i mezzi di comunicazione anche tutti i protagonisti per aver
evitato di trasformare l’inchiesta di Scicluna in un «circo mediatico». E
aggiunge: «Ora, dopo una lettura meditata degli atti di questa
“missione speciale”, credo di poter affermare che tutte le testimonianze
raccolte parlano in modo scarno e senza edulcorazioni di molte vite
crocifisse e vi confesso che questo mi causa dolore e vergogna».
Per
questo, pur senza annunciare per il momento sanzioni o dimissioni,
Francesco sollecita «umilmente» la collaborazione dei vescovi cileni
«nel discernimento delle misure che a breve, medio e lungo termine
dovranno essere adottate per ristabilire la comunione ecclesiale in
Cile, con l’obiettivo di riparare per quanto possibile allo scandalo».
L’invito a tutti i vescovi è a venire a Roma per dialogare «sulle
conclusioni dell’inchiesta e sulle mie conclusioni». E fin da subito il
Papa chiede alla Chiesa cilena di mettersi in preghiera.