Corriere 12.4.18
Sarà guerra?
L’operazione punizione in fase avanzata
Le due linee del governo americano
di Guido Olimpio
Tanta
 attività attorno alla Siria.Trump ha anticipato: «Russia attenta, i 
missili sono arrivo» mentre il segretario alla Difesa Mattis, giunto 
alla Casa Bianca per un incontro non programmato, si è attenuto al 
consueto rigore: «Abbiamo offerto delle opzioni». Le notizie su un 
attacco imminente si sono incrociate con quelle su consultazioni in 
corso. Incertezze legate a tatticismi ma anche a discussioni interne.
I movimenti
L’operazione
 punizione è comunque andata avanti. La premier britannica May ha 
convocato una riunione d’emergenza per oggi e ha messo in allerta alcune
 unità. Numerosi aerei cisterna Usa, incaricati di rifornire bombardieri
 strategici e caccia, sono apparsi nel Mediterraneo. Almeno 5. A nord e 
lungo la costa siriana sono tornati quelli per la guerra elettronica e 
la sorveglianza. I Poseidon P8 decollati da Sigonella, altri partiti da 
Konia (Turchia) e Creta. Magari, non visto, c’è anche Dragon Lady, il 
vecchio e affidabile U2. In mare sono pronte almeno tre unità — due 
americane e una francese — con missili da crociera, sotto di loro un 
paio di sommergibili, in grado di lanciare ordigni dello stesso tipo. 
Altri velivoli attendono un ordine nelle basi regionali Usa, da non 
escludere l’arrivo di B52.
La potenza
Negli Usa sono emerse 
due linee. La prima in favore di un’azione limitata. La seconda per un 
colpo di maglio che ammonisca sul serio Assad e con lui l’Iran. In mezzo
 tanti esperti che predicano cautela, convinti che nulla possa essere 
risolutivo a meno di non infilarsi in un conflitto ad alto rischio. Un 
dilemma accentuato dalla triplice anima di Trump: dimostrare che 
l’America è tornata, sganciarsi dal dossier Siria, recuperare il 
rapporto con Putin. Su questo c’è un aspetto militare. Attualmente il 
Pentagono non ha portaerei in Mediterraneo, la Truman è appena salpata e
 non sarà in zona prima di 10-12 giorni. Di solito quando Washington 
lancia missioni di ampia portata schiera non una ma almeno due 
portaerei. Strumenti chiave per avere una superiorità. Tanto più che 
davanti hanno anche la Russia con il suo dispositivo.
Gli obiettivi
Come
 ha spiegato Mattis gli ufficiali stanno esaminando, con gli alleati, le
 informazioni dell’intelligence per valutare cosa sia avvenuto a Douma 
mentre altri hanno preparato da tempo le liste di obiettivi. Già un mese
 fa era pronto un blitz, ma proprio il segretario alla Difesa aveva dato
 parere negativo e il presidente non si era pronunciato. Tra i possibili
 bersagli alcune basi (T4, Doumayr), siti coinvolti nel programma 
chimico (centro di Jomaryah), nonché bersagli governativi. Mosca non sta
 a guardare. Assad è stato trasferito in luogo sicuro, molti mezzi 
sarebbero stati spostati e lo scudo di difesa (formato da missili, 
caccia, navi) è mobilitato. Le unità da guerra hanno lasciato il porto 
di Tartous per unirsi alle altre già operative al largo, intenso il 
«traffico» dei loro aerei per la sorveglianza. La Russia, pur attraverso
 voci minori, ha affermato che abbatterà i cruise Usa e potrà attaccare 
le «piattaforme» da cui è partita la minaccia. Se vogliono, hanno 
numerosi obiettivi su cui scaricare una rappresaglia: gli avamposti 
americani nella zona curda o quello ad al Tanf. Per questo il Pentagono 
deve stare attento a non coinvolgere personale russo. Dunque 
equilibrismo politico, tattico e diplomatico. Più tagliente Gerusalemme,
 secondo segmento della crisi: «Se l’Iran agisce dalla Siria contro 
Israele, Assad e il suo regime pagheranno il prezzo… Scompariranno dalla
 mappa». Frasi accompagnate da indiscrezioni sulla presenza degli 
iraniani. E non a caso, ieri sera Putin ha chiamato Netanyahu chiedendo 
di evitare azioni destabilizzanti. Lo Stato ebraico vuole che il 
Cremlino metta un freno a Teheran.
La comunicazione
Trump e i
 russi si sono scambiati colpi in pubblico, usando Twitter. Sarà pure un
 modo «trasparente» di comunicare, ma non adeguato a un momento dove si 
rischiano vite. Per la cronaca l’attuale presidente, in campagna 
elettorale, aveva deriso Obama e i generali perché annunciavano gli 
attacchi contro l’Isis. Se ne è dimenticato.
 
