mercoledì 11 aprile 2018

La Stampa 11.4.18
Antisemitismo e Mosca, le spine dei laburisti
di Bill Emmott


In tutta Europa i partiti di sinistra e di area socialdemocratica sono allo sbando, incapaci di trovare una risposta coerente alla crisi finanziaria globale e all’elevato debito pubblico - in Francia, in Germania, in Spagna, in Italia. L’anno scorso c’è stata un’eccezione, il partito laburista britannico si è affermato alle elezioni del giugno 2017 e sembrava destinato a portare presto al numero 10 di Downing Street Jeremy Corbyn, il primo ministro più antiamericano e a sinistra della storia. E tuttavia anche i laburisti appaiono in difficoltà.
E la principale ragione è sorprendente: l’antisemitismo.
Da mesi i laburisti sono al centro di una serie di polemiche e scandali: si discute se nel partito ci siano gruppi ostili agli ebrei in generale o specificamente a Israele e al sionismo e anche se singoli rappresentanti o membri del Parlamento abbiano pregiudizi antisemiti. Questo ha avuto il suo peso, in termini di gestione del partito, ma fino a oggi non sembrava potesse seriamente minacciare le prospettive di un ritorno al governo dei laburisti.
Ma le cose sono cambiate perché adesso gli scandali e le polemiche riguardano direttamente il leader del partito, Corbyn. Se fin qui sembrava semplicemente incapace di gestire le pulsioni antisemite interne, ora ha mostrato di essere legato a queste correnti in modo tale da danneggiare la sua credibilità come potenziale primo ministro. È la stessa mancanza di credibilità in un momento di difficoltà economica e timori per la sicurezza che ha già tanto danneggiato il partito socialista francese, il Spd tedesco, i socialisti spagnoli del Psoe e naturalmente il Partito Democratico.
Questa serie di accuse di antisemitismo ha coinciso con la battaglia della Gran Bretagna contro la Russia per il tentato omicidio di un’ex spia russa in una città della provincia inglese usando un agente nervino, il Novichok, di cui, secondo i servizi segreti britannici disponeva solo l’Unione Sovietica. In una circostanza che ha permesso al primo ministro, Theresa May, di mostrarsi forte e patriottica nel confronto con Vladimir Putin, Corbyn è apparso al contrario debole e poco patriottico quando ha scelto di dichiarare che non riteneva corretto accusare la Russia senza precise prove della colpevolezza degli agenti russi.
Quali che siano i meriti o i demeriti di una tale presa di posizione, essa ha dato ai britannici l’impressione che Corbyn non sarebbe la persona adatta a governare il Paese in un momento in cui si rischiano attacchi chimici nelle strade. Dopotutto, May non ha dichiarato guerra alla Russia, ha solo espulso qualche spia russa sotto copertura diplomatica. A quanto pare Corbyn non avrebbe fatto nulla. E in tempi di tensioni e diffuso senso di insicurezza questa non è una mossa vincente.
Non sappiamo come andrà a finire la storia del gas nervino russo; Corbyn alla fine potrebbe uscirne meglio di come appare al momento. Contemporaneamente, però, sono riaffiorate le accuse interne di antisemitismo , con la prova che tre anni prima di diventare leader del partito, Corbyn aveva difeso un murale dipinto in una strada di Londra che raffigurava capitalisti ebrei con il naso adunco in uno stile che ricordava molto da vicino le vignette del regime nazista.
Corbyn è riuscito così a sembrare allo stesso tempo debole, ignorante della storia e dei suoi simboli, e in qualche modo incapace di comprendere perché l’antisemitismo possa offendere molti e non soltanto gli ebrei.
Non è una novità che sia critico nei confronti di Israele. Corbyn nei suoi 35 anni di attività parlamentare non ha mai fatto mistero dei suoi sentimenti filopalestinesi, criticando l’operato di molti governi israeliani. Quindi anche se non è mai stato reputato antisemita, è chiaramente e apertamente critico verso la concezione sionista di Israele come Stato ebraico piuttosto che come Paese condiviso da cittadini arabi ed ebrei con pari diritti. Questo ne ha fatto un naturale polo di attrazione per altri con visioni più radicalmente ostili e ha finito per incoraggiare a uscire allo scoperto un piccolo numero di dichiarati negazionisti dell’Olocausto all’interno del partito.
Il tema non è importante per quanto attiene allo stesso Israele o per il peso del voto ebraico nelle elezioni, come potrebbe avvenire ad esempio negli Stati Uniti. In Gran Bretagna solo circa 270 mila persone si definiscono ufficialmente come ebrei allo stato civile contro oltre tre milioni di musulmani. E molti tra questi ultimi vivono in città delle antiche aree industriali delle Midland e nel Nord dell’Inghilterra. Un elettorato ambito dai laburisti e un buon motivo per essere meno sensibili che in passato alle problematiche ebraiche.
Piuttosto, c’è un triplice potenziale problema. Innanzitutto, il partito laburista ne esce imbruttito dai pregiudizi, rinnegando la precedente immagine coltivata con cura da Corbyn di una generosa e quasi nonnesca predisposizione alla generosità e alla grandezza d’animo. Inoltre, ne viene enfatizzata la maggiore debolezza del partito guidato da Corbyn e dall’ala più radicalmente a sinistra della compagine, quella di essere non semplicemente critica verso il mondo degli affari e della finanza ma rabbiosamente e irragionevolmente anticapitalista.
Nell’attuale contingenza un messaggio anti austerità è popolare, ma non è saggio apparire violentemente ostili a ciò che dà lavoro alla maggioranza degli elettori, ovvero l’impresa privata. Sulla Brexit la posizione dei laburisti è stata quella di rivendicare che qualunque fosse il nuovo accordo con l’Unione europea preservasse il più possibile i posti di lavoro. Spingersi fino all’idea marxista di un’economia centrale pianificata significa contraddire quella presa di posizione.
Infine, si rischia anche di costringere gli elettori a chiedersi se pensano davvero che i laburisti rappresentino un’alternativa di governo credibile ai conservatori. Quasi sempre, dall’elezione di Corbyn alla guida del partito nel 2015, la risposta dell’elettorato è stata negativa, tranne per un breve periodo di pochi mesi attorno al voto del giugno 2017 quando il leader laburista ha beneficiato del calo di consensi per Theresa May. Ora, grazie all’antisemitismo e alla debolezza mostrata nei confronti della Russia, è probabile che la risposta torni a essere negativa.
Traduzione di Carla Reschia