La Stampa 10.4.18
Ungheria, il trionfo di Orban spaventa la Ue
Il vicepresidente della Commissione: vigileremo perché tra gli Stati membri non si torni alla dittatura. Imbarazzo nel Ppe
di Emanuele Bonini
Adesso
l’Ungheria e il suo leader Viktor Orban tengono davvero in scacco
l’Europa. Il leader di Fidesz ottiene il terzo mandato di governo
consecutivo con una maggioranza più ampia di quelle goduta nella
precedente legislatura, che lo rende politicamente più forte in patria e
all’esterno. La Commissione europea a parole sostiene lo Stato di
diritto e i principi comunitari, che «devono essere difesi da tutti gli
Stati membri, senza eccezioni», ma la realtà dice che in questi anni
Budapest ha forzato ripetutamente la mano, in più occasioni, e il
risultato è un bagno di consensi che agita Bruxelles così come gli
alleati del Ppe, che guardano con preoccupazione alle elezioni europee
del prossimo anno.
Il Partito popolare europeo ufficialmente
esulta per «la chiara vittoria» di Fidesz, ma lo strapotere di Orban non
può che diventare una problema, tanto più che all’interno del Ppe la
cancelliera tedesca è invece più debole. Ne è dimostrazione il fuoco
incrociato cui è sottoposta. A Berlino, Merkel deve respingere gli
assalti dell’alleato della Csu (il centrodestra bavarese) Horst
Seehofer, il ministro dell’Interno che vorrebbe una stretta
sull’immigrazione stile Orban: «Ue troppo arrogante con i piccoli
Stati». Merkel è attaccata dai socialdemocratici dell’Spd, che se la
prendono con tutti i popolari per «non aver mai affrontato le derive di
estrema destra di Orban». La Germania non sembra di fatto nella
posizione di gestire le intemperanze del partner che il presidente del
Ppe, Joseph Daul, non ha esitato a definire in passato il «bambino
vivace» della famiglia del centrodestra europeo. La Commissione europea
nei fatti può poco. Può proporre ai governi di prendere provvedimenti in
sede di Consiglio Ue, ma ammesso che ciò avvenga, appare difficile al
momento immaginare quali e quanti Stati membri siano disposti ad
assumersi una simile responsabilità a un anno dalle elezioni europee che
rischiano di produrre un Parlamento euro-scettico. L’Ue ha il «dovere»
di assicurare che non si torni mai alla «dittatura» tra i suoi Stati
membri, spiega il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans.
«Abbiamo visto molta retorica. Ora vedremo cosa farà», aggiunge.
Preoccupa
poi l’asse che Orban ha costruito con la Polonia, altro Paese, assieme
all’Ungheria, nel mirino dell’Ue per le politiche contrarie allo Stato
di diritto. I polacchi, non essendo membri del Ppe, a differenza del
leader ungherese hanno meno pressioni, e questo torna utile al leader
magiaro che può usare gli alleati del blocco di Visegrad come ariete
anti-Ue. Non sorprende, quindi, che a Bruxelles a rammaricarsi delle
vittoria di Orban siano Verdi, socialdemocratici e liberali. Tutti gli
altri si limitano alle dovute congratulazioni. Imbarazzati silenzi che
verranno meno giovedì, quando la commissione Libertà civili discuterà la
bozza di risoluzione per proporre la sospensione dei diritti di voto a
Budapest.